Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50613 del 06/12/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 50613 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: VILLONI ORLANDO

SENTENZA
KALBOUSSI Mabrouk Ben Mohamed, n. Tunisi (Tun) 21.5.1980
avverso la sentenza n. 4598/08 Corte di Appello di Milano dell’11/04/2012
esaminati gli atti e letti il ricorso ed il provvedimento decisorio impugnato;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere dott. Orlando Villoni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto P.G. dott. G. Pratola che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
i. La Corte di Appello di Milano ha dichiarato la parziale inammissibilità dell’appello proposto
nell’interesse di Mabrouk Ben Mohamed Kalboussi avverso la sentenza del Tribunale di Monza,
in composizione monocratica, che lo aveva condannato per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. del 9
ottobre 1990, n. 309, ritenuta l’ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma 5, stesso d.P.R. in relazione all’illecita detenzione di gr. 5 di hashish.

Data Udienza: 06/12/2013

Ha osservato la Corte territoriale che i motivi d’impugnazione inerenti il merito del giudizio risultavano privi nel necessario carattere della specificità ai sensi del combinato disposto degli
artt. 581, comma 1, lett. c) e 591, comma 1, lett. c) cod. proc. peri., non avendo gli stessi individuato il “punto” devoluto alta cognizione del giudice di appello, né avendolo enucleato con
puntuale riferimento alla motivazione della sentenza impugnata, mediante specificazione tanto
dei motivi di dissenso da detta decisione quanto dell’oggetto di quella di diverso segno richiesta al giudice di secondo grado.
Ha precisato la Corte, citando precedenti giurisprudenziali di legittimità in argomento (Cass.
sez. 6, n. 13261 del 06/02/03, Rv. 227195; sez. 6, n. 21873 del 03/03/11, Rv. 250246; sez.
6, n. 27068 del 23/06/11, Rv. 250449), che debbono ritenersi aspecifici motivi consistenti nella generica indicazione dell’articolo di legge asseritamente violato, senza chiara esplicitazione
della censura mossa ed illustrazione delle ragioni dell’asserita erronea valutazione delle prove,
nonché nella mera prospettazione di possibili, plurime ed astratte spiegazioni dei comportalimenti ascritti ai soggetti coinvolti dall’accertamento penale. Tali criteri debbono trovare app&

cazione anche nel caso di specie, avendo la difesa, nell’atto d’impugnazione, trascurato gli argomenti usati dal primo giudice a sostegno della propria decisione e ribadito le richieste già sostenute nel corso del primo giudizio, proponendo alternative meramente ipotetiche, apodittiche e non coerenti con le risultanze probatorie in atti, in particolare quanto alla tesi della destinazione della sostanza stupefacente ad uso personale.

Il ricorrente evidenzia, in primo luogo, il carattere inconferente della giurisprudenza di legittimità citata dalla Corte territoriale e comunque la sua erronea applicazione, mediante indebita
trasposizione al caso di specie del tema inerente l’inammissibilità dei motivi del ricorso per cassazione quando consistenti nella mera riproduzione di quelli d’appello; in secondo luogo, ribadisce il carattere specifico dei motivi d’impugnazione in relazione ai temi della valutazione
della testimonianza degli agenti operanti, della contestuale presenza sul luogo del fatto di altri
soggetti che avrebbero potuto essere gli effettivi detentori della sostanza stupefacente, dell’intervenuta ammissione da parte dell’imputato di essere assuntore di sostanze stupefacenti, del
sequestro in suo danno di una modesta somma di denaro ed infine dell’assenza di dichiarazioni
accusatorie a suo carico da parte di potenziali acquirenti, come tali consistenti in argomentazioni che contestavano nel merito la sentenza di primo grado, prendendo puntualmente in esame gli elementi probatori sui quali la stessa si era basata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito esposte.
I principi a cui deve farsi riferimento nella valutazione del requisito della specificità dei motivi
d’appello sono consolidati. Può sul punto farsi richiamo a quanto statuito da questa Corte regolatrice (v. sez. 6, sent. n. 13261 del 6/2/2003, Valle e altri, Rv. 227195) secondo cui “pér l’appello, come per ogni altro gravame, il combinato disposto degli artt. 581 comma 1, lett. c) e
591, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. comporta l’inammissibilità dell’impugnazione in caso di
genericità dei relativi motivi. Per escludere tale patologia, è necessario che l’atto individui il
‘punto’ che intende devolvere alla cognizione del giudice di appello, enucleandolo con puntuale
riferimento alla motivazione della sentenza impugnata, e specificando tanto i motivi di dissenso
dalla decisione appellata che l’oggetto della diversa deliberazione sollecitata presso il giudice
del gravame”. Nello stesso senso si è espressa ad es. Cass. sez. 4, n. 40243 del 30/9/2008,
Falcioni ed altri, Rv. 241477, per la quale “l’ammissibilità dell’atto di impugnazione dipende dal
tasso di determinatezza dei motivi che la sostengono, la cui valutazione deve essere volta ad
accertare la chiarezza e specificità dei medesimi in rapporto ai principi della domanda, della
devoluzione e del diritto di difesa dei contro interessati”.
Vero è, però, che permane nella giurisprudenza di questa Corte contrasto circa l’individuazione
di detti criteri in rapporto alla specificità dell’impugnazione dimerito di secondo grado, alcune
decisioni (anche di questa Sezione, v. in fra) ritenendo che i motivi debbano essere specifici allo
stesso modo di quanto richiesto per il ricorso in cassazione, dovendo, quindi, pur nella libertà
della loro formulazione indicare con chiarezza le ragioni di fatto e di diritto su cui si fondano le
censure, al fine di delimitare con precisione l’oggetto del gravame ed evitare, di conseguenza,
impugnazioni generiche o meramente dilatorie (v. anche Cass. 18/12/2012, Lombardo, Rv.
254204 e sez. 6, n. 27068 del 23/6/2011, Spinelli, Rv. 250449; sez.6 n. 21873 del 3/3/2011,
Puddu, Rv. 250246), mentre altre pronunzie hanno affermato che la genericità dell’appello o
del ricorso per cassazione, per difetto del requisito di specificità, va valutata in base a parametri diversi, alla luce del principio del favor impugnationis, in virtù del quale, in sede di appello, l’esigenza di specificità del motivo di gravame ben può essere intesa e valutata con minore rigore rispetto al giudizio di legittimità (Cass. n. 13553 del 14/3/2013 Vathie; Cass.
20/11/2012, Labzaoui, Rv. 254259; Cass. 2/10/2012, Lomio, Rv. 254150; Cass. 27/6/2012,
Livrieri, Rv. 253893, conformi a Cass. sez. 4 del 7/12/2011, El Katib e altro, Rv. 251934)

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Kalboussi, per mezzo del difensore avv. Martini,
deducendo violazione di legge e difetto di motivazione in relazione agli artt. 581 e 591 cod.
proc. pen..

La questione si pone, infatti, in termini certamente problematici quando con l’atto d’appello si
ripropongano questioni già prospettate in primo grado e disattese dal primo giudice con più o
meno ampia ed esaustiva motivazione, limitandosi il difensore a chiedere una rivalutazione degli elementi probatori già acquisiti.
E’ evidente, infatti, che se in tali situazioni si dovesse applicare la medesima giurisprudenza
elaborata da questa Corte in tema di aspecificità dei motivi di ricorso per cassazione, quando
consistenti nella mera riproduzione dei motivi d’appello, probabilmente la gran parte dei giudizi
di secondo grado avrebbero più ragione di celebrarsi, venendo colpiti gli atti introduttivi dal
vizio di mancanza di specificità.
Tra le sentenze citate, ha colto bene il punto Cass. sez. 3 n. 1470 del 20/11/2012, Labzaoui
nell’osservare che “il carattere peculiare del giudizio di appello è proprio quello di avere ad
oggetto la riproposizione delle medesime questioni prospettate e respinte in primo grado ed
una nuova valutazione degli elementi probatori acquisiti in primo grado, dal momento che non
si vette in un caso di ricorso di legittimità, bensì di una impugnazione di merito, naturalmente
diretta ad una piena revisio prioris instantiae, ovviamente nei limiti del devoluto. Le parti hanno pertanto la facoltà di rivolgere al giudice di appello le stesse istanze eventualmente svolte e
disattese in primo grado, non essendovi appunto alcuna preclusione ad una piena rivisitazione
nel merito. La riproposizione delle stesse questioni, quindi, non può essere di per sé considerata come genericità dei motivi di appello”.
Ritenendo di aderire all’orientamento interpretativo così espresso, questo collegio osserva che
nel caso in esame con il primo motivo di appello si è censurata l’affermazione di responsabilità
dell’imputato operata dal primo giudice sul punto dell’attribuzione a suo carico del possesso
della sostanza stupefacente, attesa la presenza di altre persone sul posto; con il secondo motivo, si è censurata inoltre la valutazione del giudice di prime cure consistente nello sminuire le
dichiarazioni rese dal Kalboussi di essere assuntore di sostanze stupefacenti, nella mancata
considerazione della modestia sia della somma di denaro trovata in suo possesso sia del quantitativo di hashish rinvenuto (gr. 0,599), inferiore anche rispetto a quello di cui è consentita la
detenzione per uso personale.
Trattasi, come è evidente, di doglianze concernenti punti specifici della decisione impugnata,
ancorché spesi già dinanzi al primo giudice e da questi adeguatamente vagliati, ancorché in
senso negativo rispetto alle prospettazioni difensive.
A fronte di tali doglianze, la Corte territoriale ha ritenuto di rispondere con il richiamo dei ricordati principi in punto d’inammissibilità dei motivi d’appello, incorrendo, tuttavia, a parere di
questo Collegio, proprio nella violazione del combinato disposto degli artt. 581, comma 1, lett.
c) e 591, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.
4.

In forza dei predetti rilievi la sentenza impugnata risulta affetta da vizio di violazione di
legge processuale che ne importa l’annullamento, imponendosi di conseguenza il rinvio ad altra
Sezione della Corte territoriale per nuovo giudizio.

A ben vedere, tuttavia, è sovente la specificità del caso ad avere determinato l’adesione allo
orientamento più rigoroso a discapito di quello più possibilista, com’è ad es. sicuramente avvenuto per Cass. sez. 6 n. 27068 del 23/06/2011 cit. che ha affermato che “In punto di diritto,
ciò implica che la parte impugnante deve esplicitare con sufficiente chiarezza la censura
d’inosservanza o di violazione della legge penale, non potendo ritenersi che la semplice menzione di un articolo del codice possa integrare ‘l’indicazione specifica’ richiesta dall’art. 581 cod.
proc. pen., comma 1, lett. c), soprattutto quando, come nel caso in esame, non è dato cogliere, dalla lettura della sentenza di primo grado, la benché minima inosservanza o violazione di
legge” e che “In punto di fatto, non è sufficiente a integrare il necessario requisito di specificità la reiterata prospettazione di possibili e astratte spiegazioni della condotta dell’imputato,
soprattutto quando esse – come nel caso in esame – sono state esaurientemente esaminate e,
in concreto,escluse dal giudice di primo grado”.

P. Q. M.
annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra Sezione della Corte di Appello di Milano per
nuovo giudizio.
Roma, 06/12/2013

Presidente
dott. dol Di yirginio

Il consigliere stensore
dott.
ni

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA