Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50606 del 05/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 50606 Anno 2013
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MANCA KATIA N. IL 12/05/1972
avverso la sentenza n. 13/2011 TRIBUNALE di ORISTANO, del
03/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA SAVINO
Udito il Procuratore Geg.erale in persona del Dott. 1-040.200- W,
che ha concluso per
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Z- ‘0
Ue-D24

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

pii Cita-

Data Udienza: 05/04/2013

Considerato in fatto
Con sentenza in data 28.1.08 il Giudice di Pace di Seneghe dichiarava Manca Katia e
Manunza Marco responsabili per concorso colposo, in qualità di genitori del minore
Mattia Manunza, nel reato di lesioni colpose ai danni del minore Mattia Manunza (art.
40 co 2, 113 e 590 c.p). e, riconosciute ad entrambi le attenuanti generiche, li condannava
alla pena di euro 1.200 di multa ciascuno e al risarcimento dei danni nei confronti della
Come risulta dalla ricostruzione dei fatti effettuata dai giudici di merito, Spanu Stefano
aveva lasciato i figli minori Cristian e Simone, nel cortile di pertinenza dell’abitazione dei
vicini di casa, coniugi Manca Katia e Manunza Marco, a giocare insieme al figlio dei
predetti, Manunza Mattia, di anni cinque e ad altri bambini, rassicurato dalla presenza,
sulle scale della propria abitazione, in posizione che le consentiva la visibilità e il controllo
dell’area antistante, della Manca, la quale non si era opposta alla presenza dei figlioletti
dello Spanu, per cui quest’ultimo riteneva che ella avesse implicitamente assunto la
sorveglianza sui minori. I bambini stavano giocando con una spugna bagnata alla quale,
dietro suggerimento del piccolo Andrea Nalli, era stato dato fuoco con un accendino che
Manunza Mattia, figlio degli imputati, era andato a prendere nella propria abitazione.
Questa spugna aveva colpito Simone Spanu causandogli ustioni di terzo grado agli arti
inferiori giudicate guaribili in più di 40 giorni.
Il giudice di prime cure aveva ritenuto responsabili dell’incidente occorso al minore
entrambi i coniugi Manunza, ritenendo che su di essi gravasse un dovere di controllo
sull’operato del figlioletto, avvezzo ad usare fiammiferi, accendini e altri oggetti incendiari,
come era risultato dall’istruttoria dibattimentale, affinchè non ne facesse uso durante il
gioco con i coetanei.
Proposto appello dagli imputati, il giudice monocratico di Oristano, con sentenza in data
3.2.012, aveva assolto il Manunza non rawisando profili di colpa a suo carico, mentre
aveva confermato la sentenza di primo grado quanto al riconoscimento di responsabilità
della Manca.
Deduce con il presente ricorso la difesa della Manca :
1-violazione degli art. 521, 522 c.p.p. in relazione al principio di correlazione fra l’accusa e
la sentenza.
Secondo il giudice gravato la responsabilità della Manca sarebbe consistita, non
nell’omessa vigilanza del figlio minore Mattia Manunza, bensì nella violazione dell’obbligo
di protezione che avrebbe assunto nei confronti del minore Spanu Simone, nel momento in
cui costui le era stato affidato dal padre.
Tale costruzione della responsabilità dell’imputata si pone, ad avviso della difesa, in
contrasto con l’imputazione in cui si contesta alla Manca l’omessa vigilanza sul proprio
i

parte civile, da liquidarsi in separato giudizio, con prowisionale di euro 5.000,00.

figlio e determina, quindi, un’immutazione dell’originaria accusa, con conseguente lesione
del diritto di difesa, posto che al profilo di colpa contestato nel capo di imputazione se ne
sostituisce uno del tutto diverso nella sentenza. In definitiva, mentre secondo l’accusa la
colpa della Manca sarebbe consistita nella violazione del dovere di vigilare sul figlio
minore, connaturato alla funzione genitoriale, nella sentenza impugnata la stessa viene
ritenuta responsabile di aver omesso la vigilanza sul minore Spanu Simone dopo averne
assunto volontariamente la custodia.
dichiarazione testimoniali di Spanu Stefano.
Premesso che la ritenuta responsabilità della Manca si fonda esclusivamente sulla
deposizione di Spanu Stefano, che riferisce i fatti narratigli dal figlio Cristian, tali
dichiarazioni sono inutilizzabili in quanto il predetto avrebbe dovuto essere sentito con le
garanzie previste dall’art. 63 comma 1 c.p.p.. dovendo egli essere indagato per lo stesso
reato per cui si è proceduto nei confronti dei coniugi Manca- Manunza. . Difatti l’aver
lasciato i figli minori a giocare con coetanei che egli sapeva essere adusi all’uso di oggetti
incendiari integra un profilo di responsabilità a suo carico a titolo di colpa omissiva ex art.
40 co 2 c.p. per violazione dell’obbligo di protezione derivante dalla sua posizione di
garanzia verso i figli. Né tale profilo di colpa poteva ritenersi neutralizzato dall’affidamento
in custodia dei minori alla Manca che, secondo le stesse prospettazioni contenute nella
querela sporta dallo Spanu, non solo non impediva ma addirittura favoriva l’utilizzo di
giochi pericolosi da parte del figlio Manunza Mattia.
Quindi, secondo la difesa, le dichiarazioni dello Spanu non potevano essere utilizzate nei
confronti dell’imputata in quanto assunte in violazione dell’art. 63 co 2 c.p.p., essendo
palese la natura autoindiziaria delle sue dichiarazioni in ordine al medesimo reato
contestato alla Manca.
3-contraddittorietà e manifesta illogicità della sentenza in ordine alla ritenuta
responsabilità per colpa dell’imputata.
Osserva la difesa della ricorrente che il giudice gravato ha ritenuto la responsabilità della
Manca sul presupposto di una posizione di garanzia nei confronti del minore Spanu,
conseguente all’assunzione della sua custodia, affidatale tacitamente dal padre.
Secondo il giudice di merito la Manca avrebbe assunto spontaneamente l’onere di vigilare
sul piccolo Spanu Simone, ciò desumendo dal fatto che non avrebbe espresso alcun
dissenso allorchè il padre aveva lasciato i figli a giocare nel cortile di pertinenza della sua
abitazione, con ciò affidandoglieli tacitamente, custodia alla quale non si sarebbe opposta.
La difesa della ricorrente censura tale ricostruzione assumendo che il rimanere inermi di
fronte all’altrui iniziativa non assume il significato di accettazione della custodia, attribuito
dalla sentenza. Anche se tale comportamento non equivale a rifiuto o riprovazione,

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2- illogicità, contraddizione della motivazione in ordine alla ritenuta inutilizzabilità delle

tuttavia non ha il significato dell’accettazione, rimanendo un comportamento neutro cui
non può ricollegarsi l’assunzione di un dovere di custodia..
Lamenta la difesa che sentenza impugnata non indica sulla base di quali elementi si è
ritenuto che la Manca avesse spontaneamente assunto la posizione di garanzia verso il
minore Simone Spanu.

Il primo motivo, concernente la violazione della legga processuale con riguardo
correlazione fra accusa e sentenza, è infondato.
In relazione alla censura della difesa, secondo cui, mentre nel capo di imputazione si
contesta alla Manca l’inosservanza del dovere di vigilanza sul proprio figlio, nella sentenza
la stessa viene ritenuta responsabile della omessa custodia e vigilanza del minore Spanu
Simone, osserva questo collegio che non sussiste divergenza fra accusa e sentenza
lamentata. Difatti il giudice di merito ha ritenuto fondato l’originario addebito mosso
all’imputata, solo che, in aggiunta ad esso, ha ritenuto sussistente un ulteriore dovere
incombente sulla Manca, quello della custodia e vigilanza, non solo sul figlio, ma anche sul
piccolo Spanu Simone in ragione dell’affidamento fattole dal padre che lo aveva lasciato a
giocare col di lei figlioletto e con altri coetanei nel cortile di pertinenza della sua
abitazione.
La diversa ricostruzione dei fatti contenuta nell’imputazione rispetto a quella risultata nella
motivazione della sentenza, nei termini sopra precisati, non è idonea a minare il diritto di
difesa a presidio del quale è posto il principio della correlazione fra accusa e sentenza.
Si rammenta a tale proposito che in tema di correlazione tra imputazione contestata e
sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi
elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta
prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da
cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta
ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero

Considerato in diritto

confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vedendosi in materia
di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso
l'”iter” del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi
inordineall’oggettodell’imputazione.

Sez. U, Sentenza n. 36551 de115/07/2010 Ud. (dep. 13/10/2010)
Sez. 6, Sentenza n. 6346 del 09/11/2012 Ud. (dep. 08/02/2013) Rv. 254888

Rv. 248051

Quindi, alla stregua di tali principi, vi è una lesione reale del diritto di difesa solo ove
l’imputato non sia stato posto nelle condizioni di difendersi.

3

O-

Nel caso in esame, rispetto all’originaria accusa contenuta nell’imputazione, l’imputata è
stata ritenuta responsabile, oltre che dell’omessa custodia del proprio figlio, anche di
quella del figlio dei coniugi Spanu cui era dovuta in ragione del tacito affidamento alle sue
cure del piccolo lasciato dal padre a giocare con il coetaneo Spanu Mattia nel cortile
prospiciente l’abitazione della Manca. Di conseguenza, rimanendo immutate le circostanze
di fatto, non vi è quella trasformazione radicale della fattispecie in presenza della quale
deve ritenersi preclusa la possibilità di difesa dell’imputata, tanto più che nel corso
all’affidamento del piccolo Spanu Simone.
Il motivo deve pertanto essere disatteso.
2- Altrettanto infondato è il secondo motivo concernente l’inutilizzabilità delle
dichiarazioni di Spanu Stefano, in quanto rese non nella veste di indagato per lo stesso
titolo di reato contestato alla Manca e al marito, quindi in violazione delle garanzie
previste dall’art. 63 co 1 c.p.p.. A norma dell’art. 63 comma secondo c.p.p., le dichiarazioni
rese da persona nei confronti della quale emergano indizi di reità, senza l’assistenza del
difensore prescritta dal citato articolo, sono inutilizzabili.
Osserva il collegio che non ricorrono le condizioni per l’applicabilità di tale norma. Difatti
nessuna veste di indagato può essere riconosciuta allo Spanu in relazione alle lesioni
riportate dal piccolo Simone, in quanto, come correttamente argomentato nella sentenza
impugnata, il predetto lasciò il bambino a giocare nello spazio antistante l’abitazione della
Manca, affidandolo tacitamente alla sua custodia. Quindi, in virtù della delega tacitamente
conferita alla predetta di vigilare anche sul proprio figlio, nessun profilo di colpa poteva
essere addebitato allo Spanu tale da determinare l’assunzione in suo capo della qualità di
indagato.
3- Infondato è anche il terzo motivo, ai limiti dell’inammissibilità in quanto introduce una
censura di merito finalizzata ad una diversa valutazione delle risultanze istruttorie, non
consentita in sede di legittimità.
Si ricorda in proposito che il controllo sulla motivazione demandato al giudice di
legittimità resta circoscritto, in ragione dell’espressa previsione dell’art. 606 cc 1 lett E
cpp, al solo accertamento della congruità e coerenza dell’apparato argomentativo, con
riferimento a tutti gli elementi acquisiti nel corso del processo, e non può risolversi in una
diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o 4e14e4e nellan
autonoma scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio in ordine alla ricostruzione e
valutazione dei fatti. Ne consegue che, laddove le censure del ricorrente non siano tali da
scalfire la logicità e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato, queste
devono ritenersi inammissibili perché proposte per motivi diversi da quelli consentiti, in
quanto non riconducibili alla categoria di cui al richiamato art. 606 co 1 lett E ((Cass.

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dell’istruttoria si erano delineati i profili di colpa della medesima anche con riguardo

S.U.n.12 del 31.5.00, S.U. n.47289 del 24.9.03, sez III n.40542 del 12.10.07, sez IV n.4842
del 2.12.03, sez VI 20.7.011, n. 2878, sez I 14.7.011 n.33028) .
Quindi, una volta accertata la tenuta logica della motivazione, non è possibile una nuova
valutazione delle risultanze processuale da contrapporre a quella effettuata dai giudice di
merito.
Fatta questa premessa sui limiti del controllo della motivazione da parte del giudice di
legittimità, si deve rilevare che la sentenza impugnata, con motivazione congrua ed
Manca fosse titolare di una posizione di garanzia non solo come genitrice nei confronti
del figlio ma anche nei confronti del piccolo Spanu Simone in quanto le era stato affidato,
sia pure tacitamente, dal padre, che lo aveva lasciato a giocare nel cortile di pertinenza
dell’abitazione dell’imputata, e, quindi, non avendo costei espresso alcun dissenso a tale
iniziativa, aveva assunto il compito di controllare il minore, affidato alla sua vigilanza.
Tale posizione imponeva alla Manca il dovere di esercitare un controllo sui minori nella
duplice veste di genitrice di uno di essi e di persona responsabile degli altri bambini che si
intrattenevano col figlio negli spazi esterni della sua abitazione. Tale doveroso controllo
non è stato adeguatamente svolto se i bambini sono riusciti ad acquisire la disponibilità di
un accendino col quale hanno dato fuoco alla spugna che ha attinto il piccolo Spanu
Simone. La Manca avrebbe dovuto impedire l’uso di oggetti incendiari sia che fossero stati
prelevati dal figlio all’interno della sua abitazione, sia che provenissero dall’esterno.
Quanto alla fonte dell’obbligo di vigilanza e di controllo, la giurisprudenza ha elaborato
varie forme di obbligazione, sia su base consensuale, sia derivanti da una iniziativa
unilaterale.
Quanto alla prima fonte, essa è data non solo dai contratti tipici ma anche tutti gli atti
negoziali atipici, nei quali l’assunzione del ruolo di garante si fonda su base consensuale.
Ne discende la possibilità di individuare la fonte legale dell’obbligo di garanzia in molte
situazioni della vita ordinaria. Un consolidata indirizzo giurisprudenziale civilistico ha
individuato obbligazioni di natura contrattuale, non fondate sul contratto, bensì sul
“contatto sociale” fonte di un’obbligazione di garanzia. Secondo tale indirizzo, le
obbligazioni possono sorgere da rapporti contrattuali di fatto, in quei casi in cui taluni
soggetti entrano tra loro in contatto. Benché questo “contatto” non riproduca le note
ipotesi negoziali, pur tuttavia ad esso si ricollegano obblighi di comportamento di varia
natura, diretti a garantire che siano tutelati gli interessi che sono emersi o sono esposti a
pericolo in occasione del contatto stesso. In questi casi non può esservi (solo)
responsabilità aquiliana, ma si rinviene una responsabilità di tipo contrattuale, per non
avere il soggetto fatto ciò a cui era tenuto in forza di un precedente vincolo. Siffatta fonte
della posizione di garanzia è stata individuata con riguardo a tutte quelle professioni
abbiano ad oggetto beni costituzionalmente protetti, come avviene per la professione

articolata, aderente alle risultanze istruttorie, ha condivisibilmente evidenziato come la

medica, che incide sul bene della salute, tutelato dall’art. 32 Cost.. Rispetto all’operatore
professionale la coscienza sociale, prima ancora che l’ordinamento giuridico, non si limita a
chiedere un non facere e cioè il puro rispetto della sfera giuridica di colui che gli si rivolge
fidando nella sua professionalità, ma giustappunto quel facere nel quale si manifesta la
perizia che ne deve contrassegnare l’attività in ogni momento.
Altra fonte dell’obbligo di garanzia è quello dell’assunzione volontaria ed unilaterale dei
compiti di tutela, al di fuori di un preesistente obbligo giuridico, fondato sul presupposto
possibilità di salvezza. Tale ambito ricorre in presenza di un’iniziativa spontanea
nell’assunzione dei compiti di tutela, come nei casi dei vicini di casa che, in assenza dei
genitori, si prendono cura del bambino; dei volontari di pronto soccorso che, awertiti,
soccorrono il ferito in stato d’incoscienza; si tratta di obbligazione giuridica connessa
all’assunzione unilaterale del ruolo di garante. (Cass. Sez IV 22.5.07 n. 25527, Sez. Un. n.
9346 del 27/06/2002, Rv. 555386).
Nel caso in esame la posizione di garanzia della Manca che le imponeva di vigilare sui
bambini affidati discende dal tacito consenso prestato al padre del piccolo Spanu Simone
di lasciare il figlioletto nelle pertinenza esterne della sua abitazione a giocare col di lei figlio
e con altri compagni. In sostanza, acconsentendo a ciò, l’imputata assumeva gli stessi
obblighi di vigilanza e di custodia gravanti sul genitore per tutto il tempo in cui il bambino
rimaneva affidato alle sue cure, a nulla rilevando che la donna non abbia manifestato un
espresso consenso, dovendosi esso desumere da comportamenti concludenti quali
acconsentire che il piccolo si trattenesse negli spazi esterni della sua abitazione,
incompatibile con una volontà contraria.
Quindi, del tutto condivisibilmente e sulla base di un percorso argomentativo coerente ed
articolato, la sentenza impugnata ha ritenuto sussistere la responsabilità dell’odierna
ricorrente.
Deve pertanto concludersi per il rigetto del ricorso.
Segue per legge, ai sensi del’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 5.4.013

dell’ assunzione di fatto dell’onere, della presa in carico del bene che ne accresce le

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