Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50594 del 27/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 50594 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MONALDI MARCO N. IL 22/12/1961
avverso la sentenza n. 2675/2012 CORTE APPELLO di GENOVA, del
16/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALESSIO SCARCELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 6 A -t& .z–0 1-7-Ache ha concluso per LI A KAO Lug-xe-hì -to copi j2i riJ 0( o LA ri1 ‘TATA ne0 -Ce AULA 002n) E2(:( o ,Dau-n
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 27/11/2013

RITENUTO IN FATTO

1.

MONALDI MARCO ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte

d’Appello di GENOVA in data 16/01/2013, depositata in data 31/01/2013, con cui
è stata confermata la sentenza del Tribunale di GENOVA 24/02/2011, di
condanna alla pena di mesi quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese
processuali, con la concessione dei doppi benefici di legge, perché, nella sua

lavori edili, occultava e/o distruggeva, per l’anno d’imposta 2006, n. 3 fatture
attive di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire ai
verificatori una corretta ricostruzione dei redditi e del volume d’affari conseguiti
dalla ditta stessa (in particolare si trattava delle fatture n. 12, 13 e 14, meglio
descritte nel capo di imputazione, il cui ammontare complessivo risultava pari ad
C 63.700,00; fatto accertato in Genova il 16 settembre 2008: art. 10, d. Igs. 10
marzo 2000, n. 74).

2.

Ricorre avverso la predetta sentenza l’imputato a mezzo del difensore

cassazionista, articolando due motivi di ricorso, di seguito enunciati nei limiti
strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

3. Deduce, con un primo motivo, vizio di mancata e manifesta illogicità della
motivazione (art. 606, lett. B) ed e), cod. proc. pen.), in relazione agli artt. 125,
n. 3 e 546, lett. E), cod. proc. pen.
In sintesi, censura la motivazione della Corte d’appello in quanto apparente,
difettando nella sentenza ogni spiegazione della scelta decisoria e qualunque
apprezzamento fattuale. La Corte, come dedotto in ricorso, si sarebbe limitata a
richiamare “integralmente, per ragioni di economia espositiva, la sentenza
impugnata”, senza valutare ed esaminare gli elementi posti a fondamento della
stessa sentenza.

4. Deduce, con un secondo motivo, violazione di legge (art. 606, lett. b), c.p.p.)
in relazione agli artt. 53 e 58 della legge n. 689/1981 e dell’art. 597 c.p.p.,
nonché mancata e manifesta illogicità della motivazione (art. 606, lett. B) ed e),
in relazione agli artt. 125, n. 3 e 546, lett. E), c.p.p.).
In sintesi, la Corte d’Appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla richiesta di
conversione della pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria, richiesta
formulata in sede di conclusioni all’udienza tenutasi il 16 gennaio 2013.

qualità di amministratore unico della MD COSTRUZIONI s.r.I., specializzata in

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Il ricorso è infondato.

6. Infondato è il primo motivo.
Ed invero, la motivazione del giudice d’appello appare congruamente motivata in
relazione all’unico motivo di appello proposto dalla difesa (contenimento della

esclusivamente per oggetto la misura della pena, applicava correttamente la
procedura camerale prevista dall’art. 599, comma primo, cod. proc. pen., non
essendo stato posto alcun profilo di doglianza in relazione alla sussistenza del
fatto ed alla responsabilità dell’imputato. In relazione, quindi, allo specifico
motivo d’impugnazione, la Corte territoriale, seppure nella sinteticità del suo
apparato motivazionale, mostra di aver tenuto conto delle argomentazioni
difensive di cui al motivo di appello, soffermandosi sull’unica questione dedotta,
ossia sulla richiesta determinazione della pena inflitta dal primo giudice.
Sul punto, i giudici del gravame, richiamando i criteri direttivi di cui all’art. 133
c.p., attribuiscono carattere di decisività, in senso reiettivo dell’istanza, al dato
oggettivo costituito dall’importo, non irrilevante, delle fatture in contestazione,
concludendo per l’adeguatezza della pena irrogata dal primo giudice, sia all’entità
del fatto che alla personalità dell’imputato. Del resto, la richiesta difensiva di
contenimento della pena irrogata, non avrebbe potuto condurre ad un’ulteriore
diminuzione della stessa, posto che, per il reato di occultamento o distruzione di
documenti contabili, la pena minima prevista dall’art. 10 del d. Igs. n. 74/00 è
quella di sei mesi di reclusione, ed il giudice di prime cure aveva già determinato
la pena base nel predetto minimo, riconoscendo le attenuanti generiche, con
conseguente determinazione della pena finale in quella di quattro mesi di
reclusione.

pena nei minimi edittali). La Corte territoriale, infatti, avendo l’appello

Non ha, quindi, spazio il motivo di ricorso proposto che, peraltro, non tiene conto
del fatto che l’obbligo della motivazione della sentenza è soddisfatto in maniera
diversa allorché si tratti di sentenza di primo grado o di sentenza di appello. La
prima, infatti, deve coprire tutta l’area di indagine del giudice sulla responsabilità
dell’imputato; la seconda è, invece, correlata ai motivi di gravame, perché il
giudice di secondo grado è tenuto a motivare sui punti dedotti specificamente
richiamati nei relativi motivi. Deve peraltro aggiungersi che l’uso di espressioni
sintetiche quali “valutati gli elementi tutti di cui all’art. 133 c.p.”, come nel caso
in esame, è giustificato quando viene irrogata una pena molto vicina al minimo
edittale (nel caso in esame, esattamente nel minimo edittale, avendo già
2

im

concesso il primo giudice le attenuanti generiche con riduzione di un terzo della
pena base), non essendo, in tale caso, necessaria una analitica enunciazione dei
criteri (v., ex multis: Sez. 3, n. 11513 del 19/10/1995 – dep. 28/11/1995, Merra,
Rv. 203011).

7. Infondato è, parimenti, il secondo motivo di ricorso.
Ed invero, come risulta in atti, il difensore, in sede di conclusioni davanti alla

conversione della pena detentiva nella pena pecuniaria corrispondente. Dalla
sentenza di primo grado non risulta che analoga richiesta di sostituzione ex art.
53 legge n. 689/81 fosse stata avanzata dalla difesa, limitatasi a chiedere
l’assoluzione dell’imputato per insussistenza del fatto.
Il giudice d’appello non ha peraltro motivato sulla richiesta, avanzata solo in
sede di discussione.
Questo Collegio ritiene, in continuità ad un orientamento giurisprudenziale ormai
consolidato, da cui non intende discostarsi, che il giudice di appello non ha il
potere di applicare d’ufficio le pene sostitutive di quelle detentive brevi in
assenza di motivi di impugnazione in ordine alla mancata applicazione della
sanzione sostitutiva, e ciò pur quando nel giudizio di appello la parte ne abbia
fatto richiesta (v., da ultimo: Sez. 4, n. 12947 del 20/02/2013 – dep.
20/03/2013, Pilia, Rv. 255506; contra, tre isolate decisioni, ormai superate dal
più recente orientamento cui questo Collegio aderisce: Sez. 6, n. 786 del
12/12/2006 – dep. 16/01/2007, Moschino, Rv. 235608; Sez. 4, n. 6892 del
19/06/1996 – dep. 06/07/1996, Falchi, Rv. 205216; Sez. 4, n. 6526 del
05/05/1995 – dep. 03/06/1995, Marchetti, Rv. 201708).
Militano, invero, a favore dell’orientamento maggioritario, almeno due
considerazioni: a) da un lato, la considerazione che l’espressa previsione delle
facoltà attribuite ex officio al giudice di appello sono tassativamente indicate
dall’art. 597, quinto comma, cod. proc. pen., per cui deve ritenersi preclusa
un’applicazione estensiva od analogica della norma in questione ed un
ampliamento per via interpretativa dei poteri discrezionali del giudice di secondo
grado; b) la natura eccezionale della norma in esame, costituente deroga al
principio generale dell’effetto devolutivo dell’appello stabilito dall’art. 597, primo
comma, cod. proc. pen., con conseguente sua inapplicabilità, ai sensi dell’art. 14
delle preleggi, al di fuori dei casi espressamente consentiti.

P.Q.M.

3

Corte territoriale, ebbe a richiedere l’accoglimento del motivo di appello e la

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2013

Il Pre idente

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