Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50584 del 07/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 50584 Anno 2013
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SICILIANO FRANCESCO N. IL 10/10/1983
avverso la sentenza n. 66/2011 TRIBUNALE di NAPOLI, del
09/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

WA

Data Udienza: 07/11/2013

- Udito il Procuratore generale della repubblica presso la Corte di Cassazione, dr.
Edlilardo Scardaccione, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della
sentenza impugnata per essere spirato il termine massimo di prescrizione.
– Udito, per la parte civile, l’avv. Gaetano Mastropasqua, che ha chiesto il rigetto
del ricorso.

1. Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 9/7/2012, in parziale riforma di quella
emessa dal locale Giudice di pace, ha condannato Siciliano Francesco a pena di
giustizia per minaccia e lesioni in danno di Picardi Alessandro, oltre al
risarcimento dei danni in favore della parte civile.
Secondo l’accusa, il Siciliano colpì con una testata il Picardi nel corso di una
competizione sportiva, procurandogli lesioni giudicate guaribili in un giorno, e lo
minacciò di morte.

2. Ha presentato personalmente ricorso per Cassazione l’imputato lamentando:
– la violazione degli artt. 521 e 522 cod. proc. pen., in quanto condannato per il
reato ascrittogli, sebbene dall’istruttoria sia emerso che la persona offesa subì
lesioni ben più gravi;
– la mancanza e la contraddittorietà della motivazione resa in punto di
responsabilità, siccome fondata sulle dichiarazioni della persona offesa,
contraddetta da quelle dei testi presenti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Entrambi i motivi di ricorso sono manifestamente infondati, per cui il ricorso
va dichiarato inammissibile.
Nessuna violazione degli artt. 521 e 522 è ipotizzabile nella specie, dal
momento che l’imputato è stato condannato per il reato a lui contestato (lesione
personale giudicata guaribile in un giorno). Il fatto che la durata delle lesioni sia
stata maggiore – come verificato dal giudice di merito e ammesso dall’imputato
– nulla toglie al fatto che una lesione, guarita in un giorno, sia stata inferta. E ciò
a prescindere dall’interesse dell’imputato a dedurre una lesione più grave di
quella contestata.
Il vizio di motivazione, concernente la prova della responsabilità, è
insussistente. I giudici hanno ricostruito l’episodio sulla base delle dichiarazioni
della persona offesa e degli altri calciatori presenti, i quali – come si legge in
sentenza – hanno concordemente riferito che il Picardi fu colpito dal ‘imputato

2

RITENUTO IN FATTO

con una testata e fu da lui pesantemente ingiuriato. Per contro, il ricorrente si
limita a prospettare un diverso contenuto della prova dichiarativa, riportando nel
ricorso scampoli di dichiarazioni avulse dal loro contesto e prive di significato
dirimente. Il ricorso è, pertanto, privo di apprezzabile contenuto argomentativo e
inidoneo a intaccare la tenuta della motivazione esibita dal giudicante.
Infine, non è possibile accedere la tesi della prescrizione del reato,
sostenuta dal Pubblico Ministero d’udienza, dal momento che la sentenza
d’appello è intervenuta prima dello spirare del termine massimo di prescrizione

4/10/2012). Trova quindi applicazione il principio affermato da questa Corte
(Sezioni Unite, sent. n. 32 del 2000, De Luca), secondo cui l’inammissibilità del
ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non
consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto,
la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art.
129 c.p.p.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art.
616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di
una somma a favore della Cassa delle ammende, che si reputa equo quantificare
in C 1.000. Egli va anche condannato alla rifusione delle spese sostenute nel
grado dalla parte civile, che si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000 a favore della Cassa delle ammende,
nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate
in C 1.500, oltre accessori di legge.
Così deciso il 7/11/2013

(che è maturato, tenuto conto dei periodi di sospensione della prescrizione, il

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