Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50575 del 25/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 50575 Anno 2013
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI STEFANO FELICE N. IL 16/09/1982
FERRO’ FULVIO N. IL 07/10/1967
avverso la sentenza n. 3942/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
16/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 25/10/2013

- Udito il Procuratore generale della repubblica presso la Corte di Cassazione, dr.
Piéro Gaeta, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 16/10/2012, a conferma di
quella emessa dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Monza,

pena di giustizia per il tentato furto con scasso all’interno del supermercato
IPERDI’.
In questo supermercato si introdussero, la notte del 6/2/2011, dei ladri, giunti
sul posto a bordo di una VW Golf, che tentarono di asportare la cassa continua,
non riuscendo nell’intento per l’attivazione del sistema di allarme. Sul posto
confluirono i carabinieri di Desio e di Paderno Dugnano, quando l’auto (la VW
Golf) si era già allontanata con i suoi occupanti.
I carabinieri di Desio intercettarono, però, all’uscita di una strada sterrata che
immetteva in via Erba (dove si trovava il supermercato), una BMW, a bordo della
quale si trovavano Ferrò, Di Stefano e Maddaluno Vincenzo, trovati in possesso
di strumenti atti allo scasso. In un primo memento i tre furono segnalati per la
violazione dell’art. 707 cod. pen.
Nello stesso contesto giunsero sul posto (in via Erba) i carabinieri di Paderno
Dugnano, i quali intercettarono una Nissan Micra con a bordo tre persone, che,
alla vista dei militari, si diede alla fuga. L’auto fu inseguita fino a Carate Brianza,
nei pressi di via Mentana, dove fece perdere le sue tracce. Poco dopo dal civico
n. 1 della via Mentana (dove abitava Parrella Lucia, suocera del Nifosi) uscì la
VW Golf con a bordo Nifosi Giuseppe, Lombardo Emanuele e Lombardo Antonio,
che furono arrestati.
Essendo risultato che la BMW di Ferrò e la VW Golf di Nifosi erano stati in
contatto quella sera, anche Ferrò, Di Stefano e Maddaluno sono stati imputati del
tentativo di furto.

2. Contro la sentenza suddetta hanno proposto ricorso per Cassazione entrambi
gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori.
2.1. Di Stefano, a mezzo dell’avv. Maurizio Gandolfi, si duole dell’applicazione
della pena per il delitto tentato nella misura massima senza adeguata
motivazione e del fatto che non sia stato concesso all’imputato il beneficio della
non menzione sull’erroneo assunto che fosse recidivo. Evidenzia che il giudice di
primi grado aveva parlato, in motivazione, di “doppi benefici”, senza ripetere la
formula in dispositivo.

2

all’esito di giudizio abbreviato, ha condannato Di Stefano Felice e Ferrò Fulvio a

2.2. Ferrò, a mezzo dell’avv. Antonio Caminiti, si duole, con unico motivo,
dell’erronea applicazione dell’art. 56 cod. penale. Il ricorrente, premessa
l’erronea ricostruzione della vicenda da parte del giudice del merito (la BMW del
Ferrò non si diresse verso la casa di Parrella Lucia, ma fu la VW Golf di Nifosi che
fu intercettata nei pressi dell’abitazione di quest’ultima, in via Mentana di Carate
Brianza), il difensore contesta che l’imputato abbia dato un contributo
giuridicamente rilevante alla perpetrazione del reato.

Entrambi i ricorsi sono infondati.
1. Non merita accoglimento quello di Di Stefano, siccome adeguatamente
motivata la pena a lui irrogata, determinata in considerazione “delle specifiche
connotazioni oggettive dell’azione criminosa”: vale a dire, tenendo conto delle
modalità, particolarmente insidiose, dell’azione criminosa, portata avanti, di
notte, da un numero considerevole di persone nell’ambito di un programma
delinquenziale avente ad oggetto le casse continue di supermercati, aggredite
con professionalità e impiego di mezzi sofisticati. La pena è stata determinata,
quindi, con riferimento ai principali parametri posti dall’art. 133 cod. pen.,
costituiti dalle modalità dell’azione, dalla gravità del pericolo cagionato alla
persona offesa e dalla intensità del dolo, sicché risulta correttamente esercitato il
potere discrezionale attribuito al giudice del merito in materia sanzionatoria.

2. Anche il ricorso di Ferrò Fulvio è infondato. Sebbene corrisponda a verità che
l’auto del Ferrò (una BMW) non si diresse verso Carate Brianza e non fu, in
questo luogo, controllata dai carabinieri, tuttavia non ne rimane inficiato il
ragionamento del giudicante per affermare la partecipazione di Ferrò al delitto.
Questi, infatti, è stato ritenuto coautore del tentativo di furto perché la sua auto
fu intercettata, la notte del delitto, nei pressi di via Erba, dove si trovava il
supermercato avuto di mira, e perché gli occupanti erano in possesso degli
strumenti necessari alla consumazione del reato per cui è processo (due
flessibili, binocolo, ricetrasmittente, passamontagna e guanti). Inoltre, agli
accertamenti successivi gli occupanti della BMW risultarono in contatto con quelli
della VW Golf, coautori del delitto. A comprova della correttezza
dell’accostamento è stato sottolineato che il fatto che il secondo occupante della
sua autovettura (Di Stefano) ha ammesso di aver partecipato al delitto, siccome
d’accordo con quelli dell’altro gruppo (quello di Nifosi), entrato per prima in
azione. E’ stato anche sottolineato che Lombardo Antonio, quando fu arrestato la
sera del furto, esibì un documento di identità contraffatto, intestato proprio a
Ferrò Fulvio. Alla stregua di tanto non merita censura la sentenza impugnata,

3

CONSIDERATO IN DIRITTO

che poggia su concrete emergenze probatorie dal significato univoco, siccome
autonomamente dimostrative della collaborazione del Ferrò al tentativo di furto,
sia nella fase ideativa che in quella esecutiva. A lui è contestato, infatti, di aver
programmato il furto insieme ai complici (il che sarebbe già di per sé sufficiente
ad affermare il suo concorso nel reato) e di aver partecipato alla fase esecutiva,
fornendo copertura e tenendosi pronto ad entrare in azione nella fase successiva
allo scardinamento della cassa continua. Trattasi, quindi, di compartecipazione
piena nel reato, come logica e senso comune portano a ritenere. Per contro, del

dei compiti tra gli autori del furto ed evita di riferire al Ferrò ciò che questi aveva
deliberato e concordato insieme agli altri. Non tiene conto, cioè, del fatto che il
concorso nel reato è caratterizzato dalla riferibilità a tutti i partecipanti della
condotta posta in essere dai membri del gruppo criminale, allorché di detta
condotta il compartecipe sia – com’è stato dimostrato nella specie – pienamente
consapevole.
I ricorsi vanno pertanto rigettati, con conseguente condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 25/10/2013

tutto congetturali sono i dubbi del ricorrente, che non tiene conto della divisione

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