Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50570 del 11/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 50570 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MENGONI ENRICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Sardo Antonio, nato a Brindisi il 14/12/1962

avverso l’ordinanza pronunciata dal Tribunale di Brindisi in data
13/11/2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 13/11/2015, il Tribunale di Brindisi, in funzione di
Giudice dell’esecuzione, revocava ad Antonio Sardo il beneficio della sospensione
condizionale della pena concessogli con la sentenza dello stesso Ufficio del
13/6/2011, irrevocabile il 13/1/2013; il Tribunale, infatti, ravvisava che il
soggetto non aveva ottemperato all’ordine di demolizione di un manufatto
abusivo, al quale era subordinato il beneficio medesimo.

Data Udienza: 11/11/2015

2. Propone ricorso per cassazione il Sardo, a mezzo del proprio difensore,
deducendo due motivi:
– nullità dell’ordinanza per violazione dell’art. 666 cod. proc. pen.. Il
Tribunale avrebbe celebrato l’udienza camerale senza darne comunicazione al
difensore di fiducia del Sardo, Avv. Livio Di Noi, e provvedendo a nominare un
legale di ufficio; ciò in contrasto con l’art. 666 cod. proc. pen., a mente del quale
il Giudice designa il difensore di ufficio all’interessato che ne sia privo, non anche
a chi lo abbia già nominato in fase di merito;

conterrebbe un generico ordine di demolizione, peraltro privo di termine,
indirizzato sia al ricorrente che all’organo esecutivo; ne conseguirebbe
l’impossibilità, per il Sardo, di procedere alla demolizione medesima.
3. Con requisitoria scritta il Procuratore generale di questa Corte ha chiesto
annullarsi senza rinvio l’ordinanza gravata. Premessa l’infondatezza dei due
motivi citati, osserva però che – in difetto di un termine fissato dal Giudice entro
il quale eseguire la demolizione – questo dovrebbe esser fissato in analogia con
l’art. 163 cod. pen. e, quindi, in due anni dal passaggio in giudicato della
sentenza quanto alle contravvenzioni ed in cinque anni quanto ai delitti.
Varrebbe quindi, nel caso di specie, il primo termine, invero non ancora trascorso
alla data della pronuncia dell’ordinanza in oggetto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Con riguardo al primo motivo, si rileva che l’art. 666, comma 3, cod. proc.
pen., stabilisce che “salvo quanto previsto dal comma 2, il giudice o il presidente
del collegio, designato il difensore d’ufficio all’interessato che ne sia privo, fissa
la data dell’udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso alle parti e ai
difensori”; orbene, proprio in questi termini ha operato il Tribunale di Brindisi
che, con decreto di fissazione a data 27/6-7/7/2014, «preso atto della mancata
nomina del difensore di fiducia, designa di ufficio l’Avv. Rosalba Carrozzo del foro
di Brindisi». Sul punto, però, il ricorrente oppone che, a quella data, risultava in
atti la nomina fiduciaria dell’Avv. Livio Di Noi – eseguita nella fase di merito -,
così invocando la violazione della norma in oggetto; orbene, questa tesi non può
trovare accoglimento.
Osserva la Corte, infatti, che non è stata allegata al ricorso alcuna
documentazione attestante la nomina del citato legale in epoca precedente al
giudizio di esecuzione, ma, anzi, l’unico atto in tal senso – rivolto proprio all’Avv.
Di Noi – reca la data del 12/12/2014 (quindi, successiva all’ordinanza impugnata

– violazione degli artt. 168 cod. pen., 27, Cost.. La sentenza di condanna

in questa sede) e l’indicazione dell’«espressa revoca di ogni altro difensore
precedentemente nominato».
Il motivo, pertanto, risulta del tutto infondato.
4. Negli stessi termini si conclude poi quanto al seguente.
Come ben affermato dal Procuratore generale, infatti, la sentenza del
Tribunale contiene un ordine di demolizione esplicitamente rivolto al solo
ricorrente, tanto che la sospensione condizionale della pena è stata subordinata
proprio all’esecuzione dello stesso; ne consegue che non sussiste – come invece

tantomeno l’invocata impossibilità – in capo al Sardo – di provvedere in
esecuzione.
5. Non può accogliersi, da ultimo, neppure la richiesta formulata dal
Procuratore generale con la propria requisitoria scritta. Ed invero, questo
Collegio aderisce alla tesi – maggioritaria nella Corte di legittimità – in forza della
quale, nel caso in cui il Giudice abbia omesso di provvedere alla sua indicazione,
il termine per adempiere all’obbligo di demolizione del manufatto abusivo cui sia
stato subordinato il beneficio della sospensione condizionale della pena è quello
di novanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza, desumibile dai
parametri della disciplina urbanistica prevista dall’art. 31 del d.P.R. 6 giugno
2001, n. 380 (tra le altre, Sez. 3, n. 7046 del 4/12/2014, Baccari, Rv. 262419;
Sez. 3, n. 10581 del 6/2/2013, Lombardo, Rv. 254757); in particolare, il comma
9 di questa norma afferma che, “per le opere abusive di cui al presente articolo
(interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire ovvero in totale difformità
o con variazioni essenziali, n.d.r.), il giudice, con la sentenza di condanna per il
reato di cui all’art. 44, ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non sia
stata altrimenti eseguita”, così come il precedente comma 3 stabilisce che ingiunta la rimozione o la demolizione dell’abuso da parte del dirigente dell’ufficio
comunale – “se il responsabile non vi provvede entro novanta giorni, il bene e
l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni
urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti
di diritto gratuitamente al patrimonio del comune”. Ed allora, come già affermato
in altra occasione, «è irrazionale equiparare situazioni giuridiche che perseguono
diverse e autonome finalità, stante che il beneficio della sospensione
condizionale della pena mira a dissuadere il condannato dalla reiterazione del
reato onde conseguire il vantaggio della sua estinzione, mentre la condizione
apposta al beneficio tende, come nel caso in esame, a rafforzare l’adempimento
dell’obbligo di demolire opere abusive, avendo come obiettivo la rapida
eliminazione di situazioni antigiuridiche produttive di effetti negativi sull’assetto
territoriale. Per tale ragione non è accettabile che la condizione apposta al

denunciato – alcun “concorso” tra soggetti chiamati a demolire l’abuso, né

suddetto beneficio, volta il conseguimento anticipato del ripristino dell’integrità,
territoriale possa essere adempiuta fino alla scadenza del termine stabilito, sia
pure anche a scopo dissuasivo, per fare conseguire al condannato il vantaggio
dell’estinzione del reato» (cfr. Sez. 3, n. 23840 del 13/5/2009, Neri, Rv.
244078).
Orbene, nel caso di specie la sentenza di condanna è divenuta irrevocabile il
13/1/2013, di tal ché il detto termine di novanta giorni era ampiamente decorso
alla data dell’ordinanza gravata, quale il 13/11/2014.

sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, 1’11 novembre 2015

Il

nsigliere estensore

Il Presidente

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della

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