Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50562 del 29/10/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 50562 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

Sul ricorso proposto da : Casaburi Ciro n. a Napoli il 22/08/1989;

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli, in data 26/11/2013;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale P. Filippi, che ha concluso per l’annullamento con rinvio quanto al
trattamento sanzionatorio con rigetto nel resto;

RITENUTO IN FATTO

Casaburi Ciro ha proposto ricorso nei confronti della sentenza della Corte
d’Appello di Napoli in data 26/11/2013 che ha rideterminato la pena irrogata dal
G.u.p del Tribunale di Napoli con sentenza del 04/07/2012 per il reato di cui
all’art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990 in relazione alla detenzione e
vendita di varie quantità di sostanze stupefacenti hashish e marijuana.

Data Udienza: 29/10/2015

2.

Con un primo motivo lamenta la violazione di legge laddove la Corte

territoriale ha escluso la circostanza attenuante di cui al comma 5 quanto meno
equivalente ad aggravante e recidiva e le attenuanti generiche equivalenti alla
recidiva; in particolare lamenta che la sentenza, limitandosi genericamente ad
affermare una pericolosità sociale dell’imputato, ha trascurato la modicità della
sostanza caduta in sequestro anche in relazione al suo non eccessivo principio

improvvisata.

3. Con un secondo motivo lamenta la violazione degli artt. 125 c.p.p. e 133 c.p.
in relazione al trattamento sanzionatorio, non avendo la Corte tenuto conto
dell’ottimo comportamento processuale, dell’ammissione dei fatti contestati ed
altro ai fini di una ulteriore riduzione della pena.

4. In data 1/8/2014 ha poi proposto motivo nuovo volto ad invocare la nullità
della sentenza per avere la stessa applicato una norma successivamente
dichiarata incostituzionale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Va ricordato che, secondo quanto costantemente enunciato da questa Corte, ai
fini della concedibilità o del diniego del fatto di lieve entità di cui all’art. 73,
comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, il giudice è tenuto a valutare
complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati, quindi, sia quelli
concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che
attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze
stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo conseguentemente
escludere il riconoscimento dell’attenuante quando anche uno solo di questi
elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve
entità (tra le tante, Sez. 3, n. 23945 del 29/04/2015, Xhihani, Rv. 263651; Sez.
6, n. 39977 del 19/09/2013, Tayb, Rv. 256610).
La sentenza impugnata, facendo corretta applicazione di tale principio, ha posto
in evidenza, quali elementi ostativi alla configurabilità dell’ipotesi invocata,
l’elevato quantitativo di droga detenuta (consistito in 167 dosi medie giornaliere
di marijuana e in 357 dosi medie giornaliere di hashish), la localizzazione della
condotta criminale in una zona notoriamente destinata allo spaccio e la non
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attivo, e le modalità rudimentali dello spaccio, indicative di una condotta

trascurabile organizzazione approntata dagli imputati con suddivisione dei ruoli e
le specifiche modalità di occultamento dello stupefacente.

5. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato.
La Corte territoriale, nel valutare la totale resipiscenza dimostrata, tra gli altri,
da Casaburi, in tal modo giungendo a rideterminare la pena in diminuzione

considerato gli elementi invocati dal ricorrente, allo stesso tempo, tuttavia,
avendo tenuto conto, necessariamente, dei gravi precedenti penali specifici
dell’imputato.

6. Ciononostante, la sentenza va annullata con rinvio secondo quanto del resto
invocato dallo stesso ricorrente con i motivi aggiunti (pur da considerarsi di per
sé inammissibili secondo quanto prescritto, senza eccezione, dall’art. 585,
comma 4, c.p.p. in ragione della inammissibilità dei motivi originari).
La sentenza impugnata, nel rideterminare, come appena detto, la pena già
irrogata all’imputato, ha mosso da una pena base di anni sei e mesi nove di
reclusione ed euro 30.000 di multa, così individuata sulla base di una cornice
edittale (ovvero quella ricompresa tra sei e venti anni di reclusione e tra euro
26.000 e 260.000 di multa introdotta dal d. I. n. 272 del 2006 convertito in legge
n. 272 del 2005) successivamente venuta meno per effetto della sentenza di
illegittimità costituzionale della Corte costituzionale n. 32 del 2014 che, infatti,
ha comportato la reviviscenza del trattamento sanzionatorio previsto ab origine e
ricompreso tra due e sei anni di reclusione e tra 10.000.000 e 150.000.000 di
lire (oggi tra euro 5.164 ed euro 77.468).
Di qui l’intervenuta condanna ad una pena da considerarsi, a tutti gli effetti,
come pena illegale, come anche affermato di recente da questa Corte a Sezioni
Unite secondo cui, inoltre, l’illegalità della pena conseguente a dichiarazione di
incostituzionalità di norme riguardanti il trattamento sanzionatorio è rilevabile
d’ufficio anche in caso di inammissibilità del ricorso, tranne che nel caso di
ricorso tardivo (Sez. U., n. 33040 del 26/02/2015, Jazouli, Rv. 264207).
La sentenza va pertanto annullata limitatamente alla determinazione della pena
con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli.

P.Q.M.

3

rispetto a quella già irrogatagli in primo grado, appare in realtà avere già

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Casaburi Ciro limitatamente alla
determinazione della pena e rinvia sul punto ad altra sezione della Corte
d’Appello di Napoli. Rigetta nel resto.
Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2015

Il Presidente

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