Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5054 del 17/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 5054 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FIODO MAURO N. IL 10/03/1975
avverso l’ordinanza n. 20/2011 CORTE APPELLO di GENOVA, del
21/09/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

dott. Francesco Salzano, che ha chiesto l’annullamento con rinvio

Udit i difejsr Avv.;

Data Udienza: 17/01/2014

RITENUTO IN FATTO
1. In data 21/09/2012 la Corte di Appello di Genova ha respinto la domanda
di riparazione per ingiusta detenzione proposta da Fiodo Mauro, sottoposto alla
misura cautelare della custodia in carcere dal 24/04/2003 al 23/03/2005 in
relazione ad un procedimento in cui risultava indagato per i reati di omicidio
volontario aggravato e rapina, conclusosi con sentenza di proscioglimento
emessa dalla Corte di Assise di La Spezia il 23/03/2005.
2. La Corte territoriale, premesso che i gravi indizi di colpevolezza erano

sulla cedola della pensione custodita in un cassetto del comò dell’abitazione della
vittima e dall’accertata conoscenza tra l’indagato e una giovane
tossicodipendente vicina di casa della vittima, ha ravvisato la condotta ostativa
alla riparazione nel non avere il ricorrente reso alcuna dichiarazione all’udienza di
convalida del fermo né in seguito davanti al pubblico ministero sino a quando,
sottopostosi a interrogatorio in data 28/12/2003, dopo aver ricevuto l’avviso di
conclusione delle indagini preliminari, riferì per la prima volta di aver commesso
un furto presso l’abitazione della vittima nel gennaio 2003; l’ordinanza
impugnata ha, poi, precisato che l’assoluzione è dipesa proprio dalla possibilità di
attribuire alla presenza dell’impronta digitale dell’imputato un’interpretazione
alternativa a quella che indicava in lui l’autore dell’omicidio, ritenendo che il
ritardo ingiustificato con cui l’imputato aveva reso le dichiarazioni difensive fosse
stata la causa del mantenimento della misura cautelare fino alla definizione del
processo di primo grado.
3. Ricorre per cassazione Mauro Fiodo, deducendo violazione di legge ed
illogicità della motivazione per avere la Corte ritenuto, contraddittoriamente, che
la mancata giustificazione a discolpa abbia giustificato l’applicazione della misura
e al contempo, che la giustificazione successivamente resa, abbia giustificato il
mantenimento della misura. La circostanza che alcuni mesi prima dell’omicidio il
ricorrente avesse commesso un furto nell’abitazione della vittima ha indotto gli
inquirenti in errore, ma non costituisce condotta allo stesso addebitabile a titolo
di colpa con riferimento all’accusa del diverso fatto omicidario; pur avendo, poi, il
ricorrente indicato elementi di valutazione a discolpa, gli stessi non sono stati
ritenuti sufficienti a far revocare le accuse, con ciò dimostrando che ai fini
cautelari la tardiva collaborazione è stata inutilmente offerta. L’illogicità della
pronuncia si desume dal fatto che l’esito assolutorio è legato alla medesima
prospettazione difensiva svolta in fase di indagini e tuttavia la liberazione è
avvenuta solo con la sentenza, con ciò emergendo che le sorti cautelari non sono
mutate a seguito delle dichiarazioni rese dall’imputato in sede di interrogatorio.

2

costituiti dalla presenza di un’impronta digitale appartenente all’istante rinvenuta

4.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha depositato memoria

difensiva, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, in subordine,
che sia respinto per infondatezza.
5. Il Procuratore Generale, nella persona del dott.Francesco Salzano, ha
concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei limiti di quanto segue.
2. L’ordinanza impugnata risulta aver fornito congrua e logica motivazione,

nell’abitazione della vittima aveva lasciato un’impronta digitale senza fornire
all’udienza di convalida del fermo alcuna dichiarazione a chiarimento di tale
grave indizio, la condotta gravemente colposa in relazione di causa ad effetto
rispetto all’applicazione della misura. La condotta illecita penalmente rilevante,
ancorchè costitutiva di un diverso reato diverso, proprio perché contrastante con
precise norme di legge, di per sè costituisce grave imprudenza e realizza il
concetto di “colpa grave”, nei termini indicati dall’art. 314 cod. proc. pen.,
ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo riparatorio, poiché idonea a
contribuire alla formazione di un quadro indiziario significativo, tale da
determinare l’intervento degli inquirenti.
3. Come condivisibilmente affermato dal Procuratore Generale, l’ordinanza
emessa dalla Corte di Appello di Genova non si sottrae, tuttavia, alle censure
mosse dal ricorrente, mancando nel provvedimento la logica spiegazione circa
l’efficienza causale del comportamento posto in essere dal ricorrente sul
mantenimento della misura cautelare, dal momento che le dichiarazioni rese
dall’imputato nell’ambito della sua strategia difensiva non possono costituire di
per sé sole indice di un comportamento doloso o colposo in grado di avere
incidenza sul mantenimento della misura custodiale.
4.

In particolare, l’ordinanza impugnata risulta contraddittoria làddove

individua la condotta ostativa alla riparazione nel comportamento
endoprocessuale del ricorrente, segnatamente nel silenzio serbato sino alle
dichiarazioni difensive del 28/12/2003, e al contempo attribuisce alla tardività di
tali dichiarazioni il rilievo di condotta gravemente colposa causalmente idonea a
giustificare l’ulteriore mantenimento della misura cautelare. Se, infatti, il silenzio
serbato su una circostanza idonea a fornire una spiegazione alternativa al grave
indizio costituito dalla sua impronta digitale su un documento custodito
nell’abitazione della vittima può giustificare la deduzione dell’esistenza di una
condotta ostativa in relazione causale con il mantenimento della misura
cautelare fino alla data del 28/12/2003, il ragionamento della Corte risulta
illogico laddove giustifica il lungo periodo di detenzione scontato dal ricorrente in
3

laddove ha ravvisato nel comportamento dell’istante, che in occasione di un furto

epoca successiva a tale data interpretando come condotta gravemente colposa la
tardiva rivelazione di tale spiegazione alternativa, indicata dalla stessa Corte
territoriale come elemento dirimente ai fini della pronuncia assolutoria.
5. La fondatezza di tale profilo di censura comporta l’annullamento del
provvedimento impugnato con specifico riferimento alla motivazione offerta in
merito alle ragioni del mantenimento della misura, con conseguente rinvio alla
Corte di Appello di Genova affinchè prenda nuovamente in esame e valuti, ai fini
della decisione, il comportamento endoprocessuale di Fiodo Mauro.

annulla la impugnata ordinanza limitatamente alla statuizione relativa al
mantenimento della misura cautelare e rinvia per nuovo esame sul punto alla
Corte di Appello di Genova.
Così deciso il 17/01/2014

P.Q.M.

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