Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50476 del 24/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50476 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: DI SALVO EMANUELE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CAMPANELLA PATRIZIA N. IL 17/08/1973
avverso la sentenza n. 3012/2007 CORTE APPELLO di CATANIA, del
27/02/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMANUELE DI
SALVO;

Data Udienza: 24/10/2013

Campanella Patrizia ricorre per cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte
d’appello di Catania, in data 27-2-12 , che ha confermato la pronuncia di primo
grado, con la quale l’imputato è stato condannato per il reato di cui all’art 47 ter 1
354/75, commesso in Siracusa il 27-10-2004.
Il ricorrente deduce vizio di motivazione poiché la ricorrente era rientrata nella
propria abitazione in ritardo a causa di un’ imprevista e non segnalata attività sportiva
dei figli ; quantificazione della pena non conforme al parametro di cui all’art 133 n 2
cp ; prescrizione del reato
La prima doglianza è basata su motivi che non rientrano nel numerus clausus delle
censure deducibili in sede di legittimità, investendo profili di valutazione della prova
e di ricostruzione del fatto riservati alla cognizione del giudice di merito ,le cui
determinazioni , al riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da
motivazione congrua , esauriente ed idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico
seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum .Nel caso di specie , la Corte
d’appello ha evidenziato come l’imputata non sia stata trovata in casa alle ore 17,35 ,
ben venti minuti dopo aver preso la figlia dalla scuola, che era distante appena 300
metri dall’abitazione .Dalle cadenze motivazionali della sentenza d’appello è quindi
enucleabile una ricostruzione dei fatti precisa e circostanziata, avendo i giudici di
secondo grado preso in esame tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alla
conferma della sentenza di prime cure attraverso una disamina completa ed
approfondita delle risultanze processuali , in nessun modo censurabile sotto il profilo
della correttezza logica ,e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in
termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa
sede.
Per quanto attiene alla seconda doglianza , occorre osservare come, secondo quanto
si evince dalla sintesi dei motivi d’appello di cui alla sentenza impugnata, la censura
non è stata dedotta in appello. Né il ricorrente ha contestato la completezza della
predetta sintesi , deducendo di avere in realtà devoluto alla cognizione del giudice di
secondo grado la doglianza in disamina. Quest’ultima è pertanto inammissibile , a
norma dell’art 606 co 3 cpp.
In ordine alla terza doglianza, va rilevato come la sentenza d’appello sia stata
emessa il 27-2-12 e quindi prima della scadenza del predetto termine
prescrizionale ( 27-4-12). Né può tenersi conto del periodo successivo, dovendosi
ritenere , conformemente ad un consolidato orientamento giurisprudenziale , che
l’inammissibilità del ricorso , ravvisabile nel caso di specie , precluda ogni
possibilità sia di far valere sia di rilevare di ufficio, ai sensi dell’art 129 cpp ,
l’estinzione del reato per prescrizione ( Sez. Un. 22-3-2005 , Bracale , rv 231164
).
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile , a norma dell’art 606 co 3 cpp ,
con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro mille , determinata secondo equità , in favore della Cassa
delle ammende.

OSSERVA

PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle ammende

Così deciso in Roma, all ‘udienza del 24 10 13 .

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