Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50467 del 25/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 50467 Anno 2015
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: DE MASI ORONZO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da

EL ABDAIMI NOUR EDDINE, nato in Marocco l’ 1 gennaio 1967

avverso la ordinanza del Tribunale di Bologna – Sezione Distrettuale del Riesame, in
data 7 aprile 2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere °ronzo De Masi;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Paola Filippi,
che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Data Udienza: 25/11/2015

RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del Riesame di Bologna, con ordinanza del 7/4/2015, decidendo sulla richiesta di
riesame presentata ex art. 309 c.p.p. nell’interesse di EL ABDAIMI NOUR EDDINE, di nazionalità
marocchina, avverso l’ordinanza di applicazione della custodia cautelare in carcere emessa dal
G.I.P. del Tribunale di Ravenna il 20/3/2015, confermava la misura disposta per il fatto di
detenzione illecita della sostanza stupefacente, complessivamente 25,584 chilogrammi di
hashish, occultata nei pressi della sua abitazione (sub a) reato di cui agli artt. 73 e 80 D.P.R.

reato non costituente però titolo della cautela, e condannava l’indagato al pagamento delle
spese della procedura.
EL ABDAIMI NOUR EDDINE

ricorre per la cassazione dell’ordinanza, denunciando, con unico

motivo, carenza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione ed insussistenza delle
esigenze cautelari, quanto alla sussistenza del quadro indiziario legittimante l’adozione della
custodia in carcere, l’insufficienza ed inidoneità delle argomentazioni svolte dal Tribunale del
Riesame a neutralizzare la valenza della tesi difensiva, quanto alle esigenze cautelari di cui
alla lett. c) dell’art. 274 c.p.p., avuto riguardo al quantitativo di sostanza stupefacente, alle
modalità dell’azione ed alla personalità dell’indagato, non idonei a suffragare l’ipotizzato
pericolo di reiterazione di reati, dovendosi adeguatamente valorizzare l’incensuratezza
dell’indagato, difettando, ad avviso della difesa, il requisito dell’attualità delle esigenze
cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Sono palesemente insussistenti i vizi di motivazione denunciati, perché il Tribunale del
Riesame ha compiutamente esaminato le doglianze difensive ed ha dato conto del proprio
convincimento, sulla base dì tutti gli elementi a sua disposizione, argomentando circa
l’insussistenza della dedotta debolezza del costrutto indiziario, avuto riguardo al ritrovamento
dell’ingente quantità di stupefacente (hashish), abilmente occultato nel terreno circostante
l’abitazione nella quale vivevano l’indagato e la moglie, fin quasi al confine con la vicina linea
ferroviaria, luogo agevolmente vigilabile dall’indagato, perché assai poco distante dalla
predetta abitazione, nella quale peraltro è stato rinvenuto materiale di confezionamento del
tutto simile a quello utilizzato per confezionare gli involucri contenenti la droga, nonché una
zappa e stivali sporchi di terra.
Con riguardo alla gravità indiziarla, deve rilevarsi che in tema di misure cautelari personali, la
valutazione del peso probatorio degli indizi è compito riservato al giudice di merito e, in sede di
legittimità, tale valutazione può essere contestata unicamente sotto il profilo della sussistenza,
adeguatezza, completezza e logicità della motivazione, mentre sono inammissibili le censure,
che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una
diversa valutazione delle circostanze già esaminate da detto decidente spettando alla corte di
legittimità il solo compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto
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n. 390/1990, unitamente alla detenzione di un arma, carabina ad aria compressa (sub b),

delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico
dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli
elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi del diritto che governano
l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Il controllo dì logicità, peraltro, deve rimanere “all’interno” del provvedimento impugnato, non
essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un
diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate.
In altre parole, l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione

né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso
l’apprezzamento delle esigenze cautelar’ e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di
apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta
l’applicazione della misura, nonché al Tribunale del riesame.
Il controllo di legittimità è circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di
verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro
negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) l’esposizione delle
ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti,
risultanti cioè prima facie dal testo del provvedimento impugnato, ossia la congruità delle
argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 2, n. 44528 del
14/10/2015, non massimata).
Come poi è stato chiarito nella giurisprudenza di questa Corte, la nozione di gravi indizi di
colpevolezza non è omologa a quella che serve a qualificare il quadro indiziario idoneo a
fondare il giudizio di colpevolezza finale sicché per l’adozione della misura è sufficiente
l’emersione di qualunque elemento probatorio idoneo a fondare “un giudizio di qualificata
probabilità sulla responsabilità dell’indagato” in ordine ai reati addebitati.
Pertanto, i detti indizi non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il
giudizio di merito, dall’art. 192, comma 2, c. p. p. e per questa ragione l’art. 273, comma bis,
c. p. p. richiama i commi 3 e 4 dell’art. 192, c. p. p., ma non il comma 2 del medesimo
articolo, il quale oltre alla gravità, richiede la precisione e concordanza degli indizi ( Sez. 4, n.
37878 del 6/7/2007, Rv. 237475; Sez. 5, n. 36079 del 5/6/2012, Rv. 253511).
Nel caso in esame, le censure del ricorrente appaiono assolutamente generiche e si riducono
alla mera enunciazione di argomenti già esaminati dal giudice a quo, di ipotesi congetturali
riproposte in modo disancorato dalla motivazione del provvedimento impugnato (Sez. 6, n.
22445 del 8/5/2009, Rv. 244181).
Palesemente infondate sono anche le deduzioni dal ricorrente svolte in ordine alle esigenze
cautelari di cui all’art. 274, lett, c), c.p.p., in quanto il giudizio prognostico formulato dal
Giudice del riesame riposa sulla logica valutazione del materiale indiziario, la cui idoneità a
dimostrare l’attualità del pericolo di reiterazione dei reati è congruamente motivata
nell’ordinanza, che prende in considerazione il dato ponderale dello stupefacente sequestrato
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degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi,

(complessivamente 25,584 chilogrammi di hashish), che di per sé desta allarme sociale, le
modalità della condotta, e segnatamente la tecnica di occultamento della droga, lo stato di
disoccupazione che fa ragionevolmente presumere che l’indagato tragga dall’attività criminale i
mezzi per vivere.
Alla declaratoria dì inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la
condanna al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favorzdella Cassa

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 25 novembre 2015.

delle Ammende.

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