Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50466 del 25/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 50466 Anno 2015
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: DE MASI ORONZO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da

PIGNATTI Antonio, nato a Brescia il 22 ottobre 1975
PIGNATTI Emilio, nato a San Felice sul Panaro 11 settembre 1946

avverso la ordinanza, in data 29/9/2015, del Tribunale Distrettuale del Riesame di
Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere °ronzo De Masi;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Paola Filippi,
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza d’interesse;

Data Udienza: 25/11/2015

r >.

RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del Riesame di Brescia, con ordinanza del 29/9/2015, decidendo sulla richiesta di
riesame presentata ex art. 309 c.p.p. nell’interesse di PIGNATTI Antonio e PIGNATTI Emilio,
avverso l’ordinanza di applicazione della misura degli arresti dorniciliari, con la prescrizione per
gli indagati di non avere contatti con persone diverse dai loro congiunti e da quelle che con
loro coabitano o che li assistono, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Brescia il 31/8/2015 nei
loro confronti, confermava la misura, nei termini sopra riportati, e condannava i ricorrenti al

I ricorrenti risultano indagati – insieme ad altri – per i reati di associazione a delinquere e
frode fiscale, condotte riferibili al Consorzio Con.ge.a. ed a undici società cooperative, di natura
fittizia, impiegate per la somministrazione di prestazione di lavoro in favore di committenti
esterni, società sulle quali venivano strumentalmente trasferiti tutti i ricavi dell’attività
imprenditoriale, in parte figuranti nelle fatture per operazioni inesistenti emesse da queste
ultime al Consorzio, consentendone l’annotazione in contabilità e l’illecito utilizzo a fini fiscali,
ed in altra parte, risultanti dalle fatture emesse direttamente alle committenti, società
cooperative prive di beni aziendali e di breve durata, le quali o non presentavano le dovute
dichiarazioni o non versavano le imposte dovute, così giovandosi di un indebito risparmio,
complessivamente pari a 34,95 milioni di euro, ovvero ancora private delle acquisite
disponibilità monetarie grazie ad operazioni, per almeno 25 milioni di euro, compiute da
coindagati, in genere soggetti abilitati ad operare sui relativi conti correnti.
Entrambi gli indagati ricorrono per la cassazione dell’ordinanza.
Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, c.1, lett. b) ed e), c.p.p., inosservanza ed
erronea•applicazione della legge penale, mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione, con riferimento agli artt. 273 e 292 c.pdo., per aver il Tribunale dei Riesame
ravvisato, aderendo acriticamente alle ipotesi accusatorie, il reato associativo e quello di
emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, sulla base di un quadro
indiziario ricostruito non senza contraddizioni.
Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, c.1, lett. b) ed e), c.p.p., inosservanza
ed erronea applicazione della legge penale, mancanza di motivazione, con riferimento agli artt.
274 e 292, c. 2, c.p.p., per non aver il Tribunale dei Riesame considerato il tempo trascorso

dalla asserita consumazione dei reati e dalla genericità delle richiamate informative della
Guardia di Finanza circa operazioni bancarie “sospette” da parte degli indagati e di soggetti
gravitanti nell’ambito delle loro relazioni familiari e personali, inidonee a corroborare l’attualità
del pericolo di reiterazione dei reati.

CONDIDERATO IN DIRITTO

2

pagamento delle spese della procedura.

I ricorsi sono inammissibili in quanto entrambi ricorrenti, in data 16/11/2015, hanno fatto
pervenire dichiarazioni di rinuncia all’impugnazione essendo stata nelle more revocata la
misura cautelare.
Si tratta di causa d’inammissibilità sopravvenuta che non implica tecnicamente la soccombenza

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi per sopravvenuta carenza d’interesse.
Così deciso in Roma, il 25 novembre 2015.

e che esenta i ricorrenti dall’onere del pagamento delle spese processuali.

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