Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50462 del 11/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 50462 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Carolei Stefano, nato a Cosenza il 08/06/1989
avverso l’ordinanza del 25/06/2015
del Tribunale di Catanzaro
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano;
udito il P.M., in persona del Sost.Proc.Gen. Marilia Di Nardo,
che ha concluso, chiedendo dichiararsi la inammissibilità del
ricorso;
udito il difensore,avv.Francesco Ventura in sostavv.Maurizio
Nucci, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

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Data Udienza: 11/11/2015

1. Il Tribunale di Catanzaro, con ordinanza del 25/06/2015, rigettava la richiesta di riesame,
proposta nell’interesse di Carolei Stefano, avverso l’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di
Catanzaro, emessa in data 28/05/2015, con la quale era stata applicata la misura della
custodia cautelare in carcere nei confronti del Carolei in ordine al reato di cui all’art.74 DPR
309/90.
Premetteva il Tribunale che l’ordinanza impugnata si muoveva nel solco e ad integrazione
dell’ordinanza emessa dal G.i.p. in data 19/11/2014, essendo emerso nel corso delle ulteriori
indagini, il coinvolgimento di soggetti che, in collegamento con i vertici del sodalizio,
coordinavano l’attività di spaccio o affidavano ad altri tale attività.
Alcuni dei destinatari della precedente ordinanza, tra cui Adolfo Foggetti ed Ernesto Foggetti
avevano, invero, deciso di collaborare con gli inquirenti; era stato inoltre acquisito il contenuto
dell’attività di captazione ambientale, disposta all’interno della Casa circondariale di Cosenza.
Mentre gli altri collaboranti avevano fornito ulteriori elementi in relazione alla sussistenza
dell’associazione, Adolfo Foggettì aveva dato indicazioni nominative degli associati ed
effettuato il riconoscimento fotografico dei soggetti, tra i quali il Carolei, che avevano il
compito di effettuare, per conto dell’associazione, lo spaccio di sostanze stupefacenti.
La chiamata in correità trovava riscontro nell’attività captativa di colloqui in carcere tra il
detenuto Domenico Mignolo ed i familiari, nel corso dei quali si faceva riferimento al
coinvolgimento del Carolei nell’attività di spaccio.
Secondo il Tribunale la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato non era certo
inficiata dai rilievi difensivi
Il Tribunale riteneva, poi, sussistente il pericolo di condotte recidivanti, tenuto conto del
ruolo ricoperto dal Carolei nella distribuzione della droga, dei contatti anche con altri soggetti
operanti nel traffico di stupefacenti (aveva in precedenza canali autonomi di rifornimento).
Sussisteva, altresì, il concreto pericolo di fuga, in considerazione del fatto che l’indagato si
era reso irreperibile, sottraendosi al decreto di fermo.
2.Ricorre per cassazione Stefano Carolei, a mezzo del difensore, denunciando la
inosservanza ed erronea applicazione degli artt.192, 273, 125, 292, 546 in relazione all’art.74
DPR 309/90, non risultando dimostrata la gravità del quadro indiziario in ordine alla
partecipazione dell’indagato al reato associativo, sia per il radicale contrasto tra le fonti
probatorie, che per l’assenza di riscontri individualizzanti e per la sussistenza di prove a
discarico.
Avendo il Tribunale fatto riferimento alla precedente ordinanza, il ricorrente evidenzia che in
quelle indagini (in particolare attraverso le dichiarazioni del collaboratore Silvio Gioia), era
emerso che vi era stata una scissione nel gruppo degli zingari, dediti all’attività di spaccio di
sostanze stupefacenti; si era così formato un gruppo denominato di via Reggio Calabria a
seguito dell’uscita dal carcere di Tonino Abbruzzese (soprannominato “struscia tappine”).
Mentre i capi dell’originario gruppo si trovavano in carcere, Stefano Carolei ed il suocero non
avevano rispettato il sistema di fornitura, approvvigionandosi, in via autonoma, a Potenza,
tanto che, una volta usciti dal carcere i maggiorenti, era stato loro chiesto un indennizzo di
cinquantamila euro. Non avendo rispettato tale intimazione, il Carolei ed il suocero avevano
subito rappresaglie (incendio della porta della sala giochi da essi gestita, e di un’auto BMW).
Era stata allora decisa la costituzione di un gruppo autonomo in contrapposizione a quello
capeggiato da Rango Maurizio.
Emergeva, quindi, la contrapposizione del Carolei al gruppo denominato “Rango-Zingari”;
secondo il Tribunale, invece, l’indagato sarebbe intraneo a tale gruppo.
Il Tribunale non tiene, quindi / conto che le dichiarazioni dei collaboranti si pongono in
insanabile contrasto tra 16ro e non indica neppure quali siano i riscontri individualizzanti alle
dichiarazioni del Foggetti.
Quest’ultimo indica come motivo che comportò l’adesione del Carolei all’associazione
l’intimidazione subita attraverso l’incendio della BMW; il Tribunale non considera, però, che il
collaborante non indica i nomi degli esecutori materiali; né spiega come un gesto intimidatorio
possa essere stato ritenuto attribuibile ad un corto circuito; né spiega perché, pur essendo

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RITENUTO IN FATTO

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è manifestamente infondato.
2.Quanto ai limiti di sindacabilità dei provvedimenti “de libertate”, secondo giurisprudenza
consolidata, la Corte di cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e
fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, nè di rivalutazione delle
condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed alla adeguatezza delle
misure, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusivo del giudice che
ha applicato la misura e del tribunale del riesame.
Il controllo di legittimità è circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per
verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che Io hanno determinato e, dall’altro, l’assenza di
illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del
provvedimento.
L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art.273 cod.proc.pen. e delle esigenze
cautelari di cui all’art.274 stesso codice è, quindi, rilevabile in cassazione soltanto se si traduca
nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della
motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato.
Il controllo di legittimità, in particolare, non riguarda né la ricostruzione dei fatti, né
l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e
concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le censure, che pur investendo
formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di
circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr.ex multis Cass.sez.1 n.1769 del 23/3/1995;
Cass. sez. 3 n. 40873 del 21/10/2010, Rv.248698; Cass.sez.F. n.47748 del 11/08/2014, Rv.
261400).
Sicchè, ove venga denunciato il vizio di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi
indizi di colpevolezza, è demandato al giudice di merito “la valutazione del peso probatorio”
degli stessi, mentre alla Corte di cassazione spetta solo il compito ” …di verificare…, se il
giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad
affermare la gravità del quadro indiziarlo a carico dell’indagato, controllando la congruenza

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parcheggiate sotto l’abitazione altre autovetture di proprietà del Carolei o dei famliari, venga
incendiata l’auto di estranei a tale nucleo.
Il G.i.p. aveva ritenuto indizianti in ordine alla partecipazione del Carolei al sodalizio
criminoso le dichiarazioni rese dal collaborante Ernesto Foggetti ed aveva ritenuto come
riscontro individualizzante la circostanza riferita dal collaborante di avere visto un quantitativo
di droga che sarebbe stato consegnato all’indagato da Emanuele Iannazzo, il quale stava
eseguendo lavori di ristrutturazione della casa.
Il Tribunale ha incomprensibilmente ritenuto h – rilevanti le indagini difensive che escludevano
siffatta circostanza.
Le dichiarazioni di Simona Bevilacqua, che escludevano motivi di contrasto con il Rango,
sono state, in modo approssimativo ed erroneo, liquidate.
Apodittica, poi, è la motivazione in ordine al ruolo di spicco avuto dal Carolei, che
emergerebbe dalle captazioni ambientali; né il Tribunale spiega in base a quali elementi
pervenga alla identificazione, nell’indagato, di “Stefano” citato nei colloqui (a parte il fatto
che costituisce una evidente forzatura attribuire a tale soggetto un ruolo nell’associazione).
Quanto alle esigenze cautelari, il pericolo di reiterazione viene desunto dai colloqui captati e
dalle dichiarazioni dei collaboranti. A parte l’indimostrata identificazione di “Stefano” e la
mancanza di riscontri individualizzanti alle chiamate in correità, peraltro generiche, il Tribunale
non ha tenuto conto che il Carolei è soggetto incensurato e che dalle indagini espletate non è
emerso alcunché di concreto in ordine al coinvolgimento in attività di spaccio di sostanze
stupefacenti.
Infine, in ordine al presunto pericolo di fuga, il Tribunale non tiene conto che il Carolei non
si è sottratto all’esecuzione del decreto di fermo, trovandosi in quel periodo lontano da
Cosenza per ragioni sanitarie e che, appena avuta notizia del provvedimento, si era
immediatamente costituito.

2.1.Tanto premesso, il Tribunale ha rilevato, in ordine agli indizi di colpevolezza, che la
partecipazione del Carolei all’associazione finalizzata allo spaccio di stupefacenti emergesse
dalle dichiarazioni del collaborante Adolfo Foggetti, che aveva, con precisione, fornito
indicazioni in ordine alle modalità di svolgimento dell’attività di spaccio da parte
dell’organizzazione, ed indicato, provvedendo anche al riconoscimento fotografico, i soggetti
(tra i quali il Carolei) che avevano il compito di spacciare, per conto del sodalizio, le sostanze
stupefacenti (pag.2 ordinanza).
Tali dichiarazioni, pienamente attendibili intrinsecamente, trovavano precisi riscontri
individualizzanti in elementi esterni ed in particolare nell’attività captativa, all’interno del
carcere, dei colloqui avuti dal detenuto Domenico Mignolo con la moglie, il padre ed il fratello,
nel corso dei quali si faceva riferimento all’attività di spaccio svolta da Stefano Carolei (pag.3
ordinanza).
Il Tribunale ha, poi, esaminato i rilievi difensivi ed ha ritenuto che essi non fossero certo
idonei a scalfire la gravità del quadro indiziario.
Invero, Simona Bevilacqua, compagna dell’indagato, si era limitata a confermare i rapporti di
parentela tra il Carolei e la famiglia Rango e, per altro verso, le sue dichiarazioni risultavano
sconfessate dalle emergenze investigative. Irrilevanti erano le dichiarazioni di Giuseppe
Garofalo, che aveva riferito di aver svolto lavori edili in economia per il Carolei.
Secondo il Foggetti, il Carolei svolgeva in autonomia l’attività di spaccio e per tale motivo
aveva subito un’azione intimidatoria con l’incendio di un’auto a lui in uso (azione rivendicata
dal collaboratore, il quale, unitamente a Daniele Lamanna, Maurizio Rango ed Ettore Sottile,
aveva inviato degli emissari per eseguire l’attentato). Ed a seguito di tale attentato il Carolei
aveva deciso di approvvigionarsi dal gruppo.
Tale racconto non era inficiato dalla produzione del rapporto dei Vigili di Fuoco del gennaio
2013, che individuava come probabile causa dell’incendio un corto circuito.
Secondo il Tribunale, infatti, la causa dell’incendio non era stata individuata con certezza ed
anzi avvalorava la tesi che il corto circuito fosse stato determinato da terzi.
2.2. In tale motivazione non è ravvisabile alcuna manifesta illogicità.
Il ricorrente, attraverso la formale denuncia di vizi di motivazione, richiede sostanzialmente
una rivalutazione del quadro indiziario, prospettando una diversa valutazione delle
dichiarazioni di Simona Bevilcqua, Emanuele Iannazzo, ovvero escludendo che le captazioni
ambientali consentano di identificare nell’indagato il soggetto cui si faceva riferimento nei
colloqui tra il Mignolo ed i familiari.
Oppure richiama, senza neppure allegarle, le dichiarazioni di tale Silvio Gioia, che il
Tribunale non avrebbe esaminato e che fornirebbero una diversa ricostruzione del contesto
criminale dello spaccio di sostanze stupefacenti e del ruolo del Carolei.
2.3.Anche in ordine alle esigenze cautelari la motivazione del Tribunale è immune da
censure, avendo fatto riferimento al concreto ed attuale pericolo di condotte recidivanti,
desumibile dalla fitta rete di collegamenti nell’ambito del narco-traffico, che potrebbe
consentire all’indagato di operare al fine di “soddisfare la domanda in un momento storico in
cui i maggiori esponenti del clan Rango-Zingari sono detenuti in carcere” (pag.5-6 ordinanza).
Il Tribunale ha altresì individuato il pericolo di fuga sulla base della circostanza che
l’indagato si era già, rendendosi irreperibile, sottratto all’esecuzione del decreto di fermo.
Il ricorrente contesta, genericamente ed apoditticamente, siffatte argomentazioni,
limitandosi ad osservare che dalle indagini non era emerso alcun coinvolgimento in attività di
spaccio e negando di essersi sottratto al decreto di fermo.
3. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle
ammende della somma che pare congruo determinare in euro 1.000,00 ai sensi dell’art.616
cod.proc.pen.

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della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della
logica ed ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie”
(Cass.sez.4 n.22500 del 3/5/2007).

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro 1.000,00.
Dispone, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmesso al Direttore
dell’Istituto Penitenziario competente, a norma dell’art.94 comma 1 ter disp.att. cod.proc.pen.
Così deciso in Roma il 11/11/2015
Il Presidente

Il Consig ie e est.

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