Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5046 del 07/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 5046 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: BIANCHI LUISA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CALABRIA GIUSEPPE N. IL 17/02/1980
avverso l’ordinanza n. 124/2011 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 02/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUkS,A,BIA,NCi ;
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lette/sentite le conclusioni del PG Dot
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i-A–e/

Uditi difensor Avv.;

e,t

Data Udienza: 07/01/2014

6013/2013

1.Con ordinanza in data 2 novembre 2012 la Corte di appello di Catanzaro
dichiarava inammissibile la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione
depositata da Calabria Giuseppe il 28 ottobre 2011 in relazione alla
custodia cautelare in carcere dal medesimo subita dal 25.10.2007 al
5.5.2009 per il reato di cui all’art. 416 bis cod.pen.; rilevava la predetta
corte che la stessa difesa aveva evidenziato l’allegazione al fascicolo di un
provvedimento reiettivo di pregressa richiesta di riparazione per cui
pendeva ricorso per cassazione e che la nuova domanda era attinente al
medesimo periodo; il nuovo ricorso era dunque inammissibile in quanto
tendente ad ottenere la medesima liquidazione già chiesta in altro
procedimento per cui era pendente il giudizio presso la Suprema Corte.
2. Avverso tale ordinanza ricorre per cassazione l’interessato, per il tramite
del difensore di fiducia; deduce violazione di legge, mancanza e illogicità
della
motivazione;
puntualizza
che l’allegazione al fascicolo di
provvedimento reiettivo di pregressa richiesta di riparazione non era stata
effettuata dalla difesa ed anzi non si comprendeva da chi e come fosse
stata effettuata. Rileva che l’unica causa prevista dalla legge di
inammissibilità della domanda è la mancata presentazione dell’istanza entro
due anni dal giorno in cui diviene irrevocabile la sentenza di proscioglimento
o di assoluzione, ex art. 645 cod.proc.pen.; manca invece una norma che
stabilisca l’inammissibilità della riproposizione della domanda di riparazione,
unica forma di decadenza prevista essendo quella di cui all’art. 646, co. 4,
cod.proc.pen. per il caso in cui l’interessato non formuli le proprie domanda
nel corso dell’udienza camerale. Nella specie non ricorre tale situazione in
quanto nel procedimento definito con ordinanza del 7.10.2011 il difensore
del ricorrente aveva insistito nel chiedere l’accoglimento della domanda e il
rigetto è avvenuto solo per la mancata presentazione di alcuni documenti.
3. Si è costituito in giudizio il ministero dell’Economia che resiste alla
impugnazione rilevando che l’istituto della riparazione ha connotati civilistici
e dunque deve trovare applicazione il principio della litispendenza.
4. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso per il rigetto del
ricorso richiamandosi a sua volta ad una interpretazione sistematica
dell’ordinamento che non consente di riproporre una seconda volta una
istanza identica ad altra precedentemente rigettata e alla necessità di
evitare il contrasto di giudicati.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso non merita accoglimento. Questa stessa sezione della Corte di
Cassazione, con sentenza n.1509 del 2013, ha rigettato il ricorso proposto

RITENUTO IN FATTO

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 500,00 in favore della cassa delle
ammende. Compensa le spese del giudizio di cassazione tra le parti.
Così deciso il 7.1.2013.

dal medesimo odierno ricorrente nei confronti della precedente ordinanza
della Corte di appello di Catanzaro che aveva rigettato la prima domanda di
riparazione. In tale sentenza è stato rilevato che dalla lettura del
provvedimento impugnato risultava che la Corte territoriale, su richiesta
della difesa dell’istante, aveva rinviato il procedimento per consentirgli la
produzione dell’ordinanza di sostituzione della custodia in carcere con gli
arresti domiciliari e del verbale di interrogatorio, documenti non allegati
al’istanza; la parte però non aveva provveduto all’indicato incombente e
non era comparsa all’udienza di rinvio fissata dalla Corte di appello senza
nulla addurre. Tanto precisato, è stato osservato che la corte territoriale,
nel rigettare l’istanza, aveva fatto corretta applicazione del principio di
questa giurisprudenza di legittimità secondo cui, ispirandosi pur sempre la
procedura per la riparazione della ingiusta detenzione alle regole del
processo civile, allorquando l’autorità procedente abbia demandato alla
parte l’acquisizione produzione di documentazione integrativa, questa deve
provvedervi o quanto meno allegare le ragioni dell’impedimento sollecitando
i poteri acquisitivi del giudice, dovendosi in difetto ritenere non provati i
presupposti e rigettare la domanda (sez. IV 13.12.2011, Minardi; sez. IV
20.5.2000 Mannino).
Tale decisione, che ha ritenuto non provati i presupposti dell’istanza, ha
esaurito il potere di iniziativa del ricorrente, non potendosi consentire che,
sia pure nel termine di legge previsto per la presentazione dell’istanza di
riparazione, venga reiterata una istanza già precedentemente rigettata nel
merito. A ciò si aggiunga la assoluta genericità del ricorso che si è limitato a
riferire nei termini sopra indicati la vicenda senza allegare e neppure
indicare con puntualità i provvedimenti già intervenuti e le ragioni degli
stessi e tanto meno contestarne le ragioni, limitandosi ad invocare una
litispendenza che deve invece escludersi dal momento che la decisione
appena richiamato di questa Corte ha esaurito nel merito l’azione di
riparazione di ingiusta detenzione.
Il ricorso deve dunque essere dichiarato
inammissibile e a tale
dichiarazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento di euro 500,00 in favore della cassa delle
ammende. Le spese tra le parti possono essere compensate trattandosi di
questione che attiene a materia procedurale.
P.Q.M.

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