Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50456 del 24/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50456 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI TERLIZZI ROCCO N. IL 14/09/1976
avverso la sentenza n. 969/2011 CORTE APPELLO di BARI, del
08/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 24/10/2013

R. G. 8434 /2013

Con la sentenza suindicata la Corte di Appello di Bari ha confermato in punto di
responsabilità la sentenza resa dal Tribunale di Trani sezione di Ruvo di Puglia, che ha
dichiarato Rocco Di Terlizzi colpevole del reato di evasione dal regime cautelare degli
arresti domiciliari, essendosi arbitrariamente allontanato dalla sede della comunità
presso cui era sottoposto a custodia cautelare domestica. Condotta illecita per la quale il
Di Terlizzi, cui la Corte di Appello ha riconosciuto le attenuanti generiche negate dal
primo giudice, è stato condannato alla pena di quattro mesi di reclusione.
Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso sia l’imputato di persona
(lamentando generica violazione dell’art. 129 c.p.p. in relazione all’art. 444 c.p.p.), sia in
modo più pertinente il difensore dello stesso. Con tale seconda impugnazione si deduce
l’illogicità e contraddittorietà della decisione di appello, nella parte in cui avrebbe
misconosciuto l’assenza di dolo nel comportamento dell’imputato, che ha agito senza
aver avuto alcuna intenzione di sottrarsi alla misura cautelare, tant’è che lo stesso è stato
arrestato nell’atto di entrare nella stazione Carabinieri di Terlizzi per consegnarsi alla p.g.
Il ricorso è inammissibile per indeducibilità e manifesta infondatezza dei motivi di
censura, con i quali si prospetta una rivisitazione fattuale delle fonti di prova, per altro
aspecifica perché riproduttiva di doglianze valutate dalla Corte territoriale e confutate già
dal giudice di primo grado. I giudici di appello hanno linearmente evidenziato come
l’elusione della misura cautelare domestica debba ritenersi conclamata a fronte
dell’accertamento compiuto dai carabinieri operanti in totale difetto di situazioni
escludenti il dolo generico del reato, integrato dalla consapevolezza di non potersi
allontanare -in rapporto all’esigenza di garantire la continuità della vigilanza sul rispetto
della misura cautelare inframurale- dalla sede esecutiva della misura domiciliare.
La genetica inammissibilità del ricorso, impedendo l’instaurarsi di un valido
rapporto impugnatorio, preclude la possibilità di far valere o di rilevare di ufficio
l’estinzione del reato per prescrizione eventualmente maturata dopo la pronuncia della
sentenza impugnata (Cass. S.U., 22.11.2000 n. 32, De Luca, rv. 217266; Cass. S.U.,
22.3.2005 n. 23428, Bracale, rv. 231164; Cass. Sez. 3, 8.10.2009 n. 42839, Imperato, rv.
244999). All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione
delle spese processuali e al versamento dell’equa somma di euro 1.000,00 in favore della
cassa delle ammende.
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 24 ottobre 2013

Fatto e diritto

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