Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50442 del 24/10/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 50442 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
BUONVISO VINCENZO N. IL 24/05/1959
avverso la sentenza n. 420/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
08/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;
Data Udienza: 24/10/2013
R. G. 7941 / 2013
Con la sentenza di cui in epigrafe la Corte di Appello di Firenze ha confermato la
ricostruzione e la valutazione dei fatti sviluppate dalla sentenza di condanna del locale
Tribunale che, all’esito di giudizio ordinario, ha affermato la responsabilità di Vincenzo
Buonviso per il reato di cui agli artt. 56 e 393 c.p. -così giuridicamente definito il fatto
illecito in origine ascrittogli a titolo di tentata estorsione- e, per l’effetto, lo ha
condannato alla pena di quattro mesi di reclusione e al risarcimento del danno in
favore della costituita parte civile Antonio Bottai. Condotta criminosa integrata dal
tentativo del Buonviso di farsi consegnare personalmente, mediante ripetute minacce,
la somma di denaro dovuta dal Bottai all’officina meccanica gestita dal Buonviso con
un socio per riparazioni effettuate alla sua autovettura.
Contro la sentenza di appello confermativa della decisione di primo grado
ricorre il difensore dell’imputato, deducendo carenza e contraddittorietà della
motivazione in punto di ribadita responsabilità penale del prevenuto, fondata
sull’incongrua valorizzazione della testimonianza della persona offesa, non sottoposta a
idonea verifica di attendibilità e parzialmente smentita dalle dichiarazioni di uno degli
ufficiali di p.g. operanti.
Le censure articolate con il ricorso -in sé generiche (replicanti motivi di appello
adeguatamente vagliati nel giudizio di secondo grado)- sono indeducibili in sede di
legittimità e manifestamente infondate, perché incentrate esclusivamente su motivi di
fatto e su una ricostruzione alternativa delle emergenze processuali, che -per controrisultano apprezzate dai giudici di appello con motivazione esauriente e logica, ispirata
a corretta valutazione delle fonti probatorie (al vaglio di credibilità della persona offesa
si coniugano le argomentate ragioni di implausibilità della versione difensiva
dell’imputato).
La genetica inammissibilità del ricorso, impedendo l’instaurarsi di un valido
rapporto impugnatorio, preclude la possibilità di rilevare eventuali cause estintive
prescrizionali del reato sopravvenute alla decisione di appello. All’inammissibilità
segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma
in favore della cassa delle ammende, equamente determinata in euro 1.000,00 (mille).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende
Roma, 24 ottobre 2?13
Motivi della decisione