Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50433 del 24/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50433 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CASCARANO CATALDO MASSIMO N. IL 18/01/1969
avverso la sentenza n. 3669/2006 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 27/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 24/10/2013

R. G. 7809 / 2013

Con la sentenza di cui in epigrafe la Corte di Appello di Bologna ha confermato in
punto di responsabilità la sentenza del Tribunale di Rimini, che all’esito di giudizio
abbreviato ha riconosciuto Cataldo Massimo Cascarano colpevole del reato di resistenza
plurima aggravata (ingiustificate frasi di minaccia e gesti di violenza integrati da calci e
spintoni rivolti agli agenti di polizia che, nell’esercizio delle funzioni, procedevano ad
un suo controllo identificativo). La Corte distrettuale felsinea ha unicamente mitigato il
trattamento sanzionatorio, riducendo la pena inflitta al prevenuto (con attenuanti
generiche stimate equivalenti alle aggravanti) nella misura di quattro mesi di reclusione,
previa declaratoria di intervenuta estinzione per prescrizione della connessa
contravvenzione ex art. 651 c.p. ascritta al prevenuto.
La sentenza di appello è impugnata per cassazione dal difensore dell’imputato,
che deduce violazione di legge e carenza di motivazione in ordine alla confermata
responsabilità del prevenuto, che non avrebbe ostacolato in alcun modo l’operato degli
agenti di p.s., essendosi limitato a chiedere agli stessi conto delle modalità e delle ragioni
invasive dell’intervento di p.g., persuadendosi di essere vittima di un indebito contegno
prevaricatorio degli operanti, tale da elidere il dolo dell’ascritto reato di resistenza.
Il ricorso è inammissibile per genericità e infondatezza delle addotte censure.
Queste, in vero, omettono una reale disamina critica dei passaggi della
motivazione della sentenza di appello eventualmente censurabili, prospettando una
rivalutazione delle fonti probatorie di segno meramente fattuale, non consentita nel
giudizio di legittimità, avuto riguardo -per altro- alla lineare e logica motivazione della
sentenza impugnata.
Il reato ascritto al ricorrente, commesso nel 2002, non è attinto da prescrizione,
perché nel caso di specie è applicabile il previgente regime della causa estintiva
temporale alla stregua dell’art. 10 co. 3 L. 251/2005 (sentenza di primo grado emessa il
23.6.2005). All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione
delle spese processuali e al versamento della somma ritenuta equa di euro 1.000,00
(mille) alla cassa delle ammende.
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 24 ottobre 2013

Motivi della decisione

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