Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50429 del 17/11/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 50429 Anno 2015
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIRINI GIOVANNI N. IL 15/04/1971
avverso la sentenza n. 2921/2011 CORTE APPELLO di ANCONA, del
27/05/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

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Data Udienza: 17/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Ancona, pronunciando nei confronti dell’odierno
ricorrente, GIRINI GIOVANNI, con sentenza del 27/5/2014, confermava la sentenza del Tribunale di Ancona sezione distaccata di Jesi, emessa in data
22/6/2011, con condanna al pagamento delle spese del grado di giudizio.
Il Tribunale di Ancona sezione distaccata di Jesi dichiarava Girini Giovanni
responsabile del reato previsto dagli artt. 624, 625 comma primo n.2 c.p. perché
al fine di trarne ingiusto profitto prelevava dagli scaffali del centro commerciale

sulla sua persona previa rimozione delle placche antitaccheggio ed oltrepassava
le casse senza corrispondere il relativo prezzo, venendo notato dal servizio di vigilanza interno e immediatamente fermato, con l’aggravante della recidiva reiterata; in Jesi il 20/12/2006.
L’imputato veniva condannato, riconosciuta prevalente l’attenuante di cui
all’art. 62 n. 4 cod. pen., alla pena di mesi 10 di reclusione ed € 300,00 di multa,
oltre al pagamento delle spese processuali.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo
del proprio difensore di fiducia, Girini Giovanni, deducendo i motivi di seguito
enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto
dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
a. Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale.

Il ricorrente deduce l’erronea qualificazione giuridica del fatto ascritto all’imputato.
La Corte d’appello nel confermare le determinazioni del giudice di primo
grado avrebbe avallato la configurazione dell’illecito come reato consumato. In
realtà, invece, si deduce che si trattava di condotte furtive attuate all’interno di
un centro commerciale, interrotte dall’intervento della vigilanza subito dopo l’oltrepassamento della linea delle casse, e pertanto che il fatto-reato andava qualificato come furto tentato, con l’applicazione del conseguente trattamento sanzionatorio.
L’azione delittuosa, infatti, si sarebbe interamente svolta sotto il costante
controllo da parte dell’addetto alla vigilanza, il quale, dopo aver monitorato l’intera azione furtiva, vi poneva fine con l’aiuto di altro personale, subito dopo il
superamento delle casse.
Il ricorrente richiama il dictum della sentenza a Sezioni Unite 17 luglio 2014,
Prevete, nella quale si afferma che mera sottrazione di merce dai banchi di un
supermercato, avvenuta in presenza di un controllo costante da parte del personale di vigilanza, non integra l’ipotesi di furto consumato bensì quella di furto

Cityper, alcuni capi di abbigliamento per un valore di circa € 109,00 occultandoli

tentato, quando l’autore sia stato fermato subito dopo il superamento delle casse. In presenza di tali circostanze secondo la Sezioni Unite il bene non può considerarsi effettivamente fuoriuscito dalla sfera di controllo della persona offesa,
che mantiene la possibilità di interrompere l’azione delittuosa in qualsiasi momento (in conformità Cass. pen. Sez. IV, Sent., 09/10/2014, n. 42247.
b. Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

Del tutto illogiche e carenti sarebbero ad avviso del ricorrente le motivazioni poste a fondamento della confermata aggravante di cui all’art.625, co.1 n.2,

La contestazione della suddetta aggravante – si rileva- è stata oggetto di
specifico motivo di appello, e considerato, altresì, che la questione relativa alla
sua sussistenza inerisce non solo al trattamento sanzionatorio ma all’esito stesso
del procedimento, la disamina da parte della Corte territoriale avrebbe dovuto
essere approfondita e sfociare in un adeguato assetto motivazionale.
La Corte d’Appello avrebbe, invece, omesso completamente di ottemperare
all’obbligo di una motivazione logica e non contraddittoria, come emergerebbe
sia dal testo della sentenza, sia dall’incongruenza tra quanto argomentato nel
provvedimento impugnato e gli esiti dell’attività istruttoria svolta in primo grado.

Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata con ogni provvedimento consequenziale

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il motivo sopra illustrato sub a. è fondato e, pertanto, la sentenza impugnata va annullata con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Perugia.

2. Ed invero, le scarne motivazioni sia della Corte territoriale che del giudice
di primo grado appaiono ictu acuti incomplete e presentare ampie lacune.
IL GM di Ancona, nella sua poco leggibile motivazione, vergata a penna,
nemmeno spiega le modalità dell’azione come risultanti dalla compiuta istruttoria
dibattimentale e, in particolare, se l’azione furtiva del Girini, bloccato non appena
aveva oltrepassato le casse, si sia svolta sotto il costante controllo del personale
di sorveglianza del supermercato. E nemmeno il giudice del gravame del merito
aggiunge elementi da cui desumerlo.
Il giudice del rinvio è allora chiamato a motivare in maniera congrua sul
punto, tenendo conto che le Sezioni Unite di questa Corte di legittimità hanno
precisato che in caso di furto in supermercato, il monitoraggio della azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del
movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della

c.p.

persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze
dell’ordine presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo “in continenti”, impediscono la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio del tentativo, non avendo l’agente conseguito, neppure momentaneamente, l’autonoma
ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza
e di controllo del soggetto passivo (così Sez. Un. n. 52117 del 17.7.2014, Prevete, rv. 261186).

La sentenza di appello motiva in maniera congrua sulla sussistenza
dell’aggravante, in quanto riporta le risultanze probatorie dalle quali risulta
l’avvenuta rimozione delle placche antitaccheggio dai capi di abbigliamento.
Di tale circostanza aveva dato atto anche il giudice di prime cure.
In ultimo, va rilevato, ai fini del computo della prescrizione, non solo che risulta contestata ed applicata -seppure ritenuta subvalente rispetto alle concesse
circostanze attenuanti generiche- la recidiva reiterata e che risultano due periodi
di sospensione della prescrizione (in primo grado, dal 4.5.2011 al 22.6.2011 per
rinvio a seguito di legittimo impedimento del difensore e dal 18.2.2014 al
27.5.2014 per l’astensione degli avvocati)

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Perugia.
Così deciso in Roma il 17 novembre 2015
I

sigliere estensore

Il Presidente

3. Il secondo motivo di appello appare, invece, infondato.

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