Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50421 del 17/11/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 50421 Anno 2015
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MOUKAFIE ISMAIL N. IL 08/10/1986
avverso la sentenza n. 4529/2007 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 02/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Zo,..n.C?;22. 5
che ha concluso per

i o, per la parte civile, l’Avv
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UditAdifensor Avv.

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Peiet920-0

Data Udienza: 17/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Reggio Calabria, pronunciando nei confronti
dell’odierno ricorrente, MOUKAFIE ISMAIL, con sentenza del 2/10/2014, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Reggio Calabria, emessa in data
7/10/2009, previa esclusione delle aggravanti contestate di cui agli artt. 80 DPR
309/90 e 112 c. 4 0 cod. pen., applicata la diminuente per il rito, rideterminava la
pena inflitta in anni 2 di reclusione ed C 3.000,00 di multa, confermava nel resto.
Il GUP del Tribunale di Reggio Calabria, all’esito di giudizio abbreviato,

112 e. 4 c.p. ed art. 73 c. 1 e 1 bis DPR 309/90 perché, in concorso con il minore Santoro Davide (per il quale aveva proceduto diverso Ufficio) acquistava, trasportava, ed illecitamente deteneva alfine di cederla terzi, sostanza stupefacente
e precisamente: gr. 595,79 di sostanza dei tipo hashish, contenente mg.
39255,0 di principio attivo THC puro. Fatto aggravato dall’essersi avvalso per la
commissione del reato di persona minore degli anni diciotto. In Villa San Giovanni 1’11.04.2007. L’imputato veniva condannato, riconosciute le attenuanti generiche da considerarsi equivalenti all’aggravante contestata, alla pena di anni 5 e
mesi 4 di reclusione ed C 18.000,00 di multa, oltre al pagamento delle spese
processuali, con confisca e distruzione della sostanza stupefacente in sequestro.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo
del proprio difensore di fiducia, Moukafie Ismail, deducendo, dopo aver ricostruito i fatti di causa, i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari
per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc.
pen.:
a. Violazione dell’art. 606 lett. e cod. proc. pen. per mancanza, illogicità e
contraddittorietà della motivazione.
Il ricorrente deduce che la corte di appello avrebbe rigettato il motivo di doglianza basato sulla richiesta di esame di Santoro Davide, chiamante in correità,
con motivazione scarna e di stile, senza tener conto delle specifiche ragioni poste
a fondamento della richiesta.
Sostiene che la richiesta sarebbe stata effettuata anche al fine di effettuare
un riconoscimento dell’imputato alla luce delle contraddizioni e incertezze
nell’esatta individuazione della persona fisica del correo, come si evincerebbe
dalla documentazione agli atti processuali.
Il ricorrente ricostruisce le dichiarazioni del chiamante in correità, evidenziando che la richiesta era finalizzata all’acquisizione di materiale probatorio
nuovo, sia dichiarativo che cognitivo, in quanto tenuto conto dell’oggettiva incertezza del riconoscimento nella persona del ricorrente e della lacuna investigativa,

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aveva dichiarato Moukafie Ismail responsabile del reato previsto dagli artt. 110,

relativa al possesso dei biglietti del treno, trovati indosso al Santoro, l’audizione
dello stesso avrebbe potuto integrare elementi di prova nuovi e decisivi.
b. Violazione dell’art. 606 lett. e cod. proc. pen. per mancanza, illogicità e
contraddittorietà della motivazione.
I giudici di merito avrebbero riservato scarsa attenzione ai motivi di appello
sostenendo che l’appellante non avrebbe contrastato la ricostruzione accusatoria.
Il ricorrente avrebbe fornito una ricostruzione alternativa, nemmeno vagliata
dai giudici di appello.

esterno al di fuori dell’esame dei tabulati telefonici che dimostrerebbero soltanto
che la persona avente il numero telefonico indicato nei tabulati, era sul treno
contemporaneamente al Santoro. Nessuna indagine sarebbe stata svolta per accertava chi avesse in uso quel telefono, intestato al fratello dell’odierno ricorrente.
Pertanto la motivazione della sentenza sarebbe meramente apparente, laddove a fronte di evidenti incertezze, pone a fondamento della condanna la sola
chiamata in correità priva di riscontri estrinseci, sul solo presupposto che il Santoro non avesse alcun interesse specifico a dichiarare il falso.
c. Violazione dell’art. 163 comma 3 cod. pen. per immotivato diniego della
sospensione condizionale della pena nei confronti dell’imputato infraventunenne.
Il diniego della sospensione condizionale della pena sarebbe stato motivato
solo apparentemente, in quanto l’affermazione sulla prognosi infausta sulla concessione del beneficio non terrebbe in alcuna considerazione la produzione documentale della difesa tendente a dimostrare l’assenza di frequentazioni con
soggetti pregiudicati, la dedizione al lavoro, e l’esito negativo delle perquisizioni
personali effettuate.
Alla luce di tali elementi il giudizio prognostico avrebbe dovuto essere favorevole, tenuto conto che il ricorrente non ha più avuto alcun pregiudizio penale e
gli unici precedenti erano modestissimi.

Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata con ogni conseguenza di legge.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il proposto ricorso è inammissibile.

2. Il ricorrente, non senza evocare in larga misura censure in fatto non proponibili in questa sede, si è nella sostanza limitato a riprodurre le stesse questioni già devolute in appello e da quei giudici puntualmente esaminate e disattese

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La chiamata in correità non sarebbe accompagnata da nessun riscontro

con motivazione del tutto coerente e adeguata che il ricorrente non ha in alcun
modo sottoposto ad autonoma e argomentata confutazione.
E’ ormai pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte
come debba essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su
motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal
giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza
di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione

to dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a
norma dell’art. 591 comma 1, lett. c) cod. proc. pen., alla inammissibilità della
impugnazione (in tal senso sez. 2, n. 29108 del 15.7.2011, Cannavacciuolo non
mass.; conf. sez. 5, n. 28011 del 15.2.2013, Sammarco, rv. 255568; sez. 4, n.
18826 del 9.2.2012, Pezzo, rv. 253849; sez. 2, n. 19951 del 15.5.2008, Lo Piccolo, rv. 240109; sez. 4, n. 34270 del 3.7.2007, Scicchitano, rv. 236945; sez.
1, n. 39598 del 30.9.2004, Burzotta, rv. 230634; sez. 4, n. 15497 del
22.2.2002, Palma, rv. 221693).
Ancora di recente, questa Corte di legittimità ha ribadito come sia inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello e
motivatamente respinti in secondo grado, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle
doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (sez. 3, n. 44882 del 18.7.2014, Cariolo e altri, rv.
260608).

3. La sentenza impugnata è congruamente e logicamente motivata su tutti i
motivi di ricorso che avevano formato oggetto di gravame in appello.
Il ricorrente, come si anticipava, propone una riconsiderazione del materiale
probatorio che in questa sede non è consentita.
Sul punto va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della
motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la
oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le
varie, cfr. vedasi questa sez. 3, n. 12110 del 19.3.2009 n. 12110 e n. 23528 del
6.6.2006).
Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l’illogicità della motivazione
per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di
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tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamen-

spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità
al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti
le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che,
anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni
del convincimento (sez. 3, n. 35397 del 20.6.2007; Sez. Unite n. 24 del
24.11.1999, Spina, rv. 214794).
Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall’art.

tiene né alla ricostruzione dei fatti né all’apprezzamento del giudice di merito,
ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente
significative che lo hanno determinato; b) l’assenza di difetto o contraddittorietà
della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (sez. 2, n. 21644 del
13.2.2013, Badagliacca e altri, rv. 255542)
Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto.
Non c’è, in altri termini, come richiesto nel presente ricorso, la possibilità
di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali.
E ciò anche alla luce del vigente testo dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc.
pen. come modificato dalla I. 20.2.2006 n. 46.
Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione
dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
Il ricorrente non può, come nel caso che ci occupa limitarsi a fornire una
versione alternativa del fatto, senza indicare specificamente quale sia il punto
della motivazione che appare viziato dalla supposta manifesta illogicità e, in concreto, da cosa tale illogicità vada desunta.
Com’è stato rilevato nella citata sentenza 21644/13 di questa Corte la
sentenza deve essere logica “rispetto a sé stessa”, cioè rispetto agli atti processuali citati. In tal senso la novellata previsione secondo cui il vizio della motivazione può risultare, oltre che dal testo del provvedimento impugnato, anche da
“altri atti del processo”, purché specificamente indicati nei motivi di gravame,
non ha infatti trasformato il ruolo e i compiti di questa Corte, che rimane giudice
della motivazione, senza essersi trasformato in un ennesimo giudice del fatto.

4. Se questa, dunque, è la prospettiva ermeneutica cui è tenuta questa
Suprema Corte, le censure che il ricorrente rivolge al provvedimento impugnato
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606 c.p.p., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non at-

si palesano manifestamente infondate, non apprezzandosi nella motivazione della sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria alcuna illogicità che ne vulneri la tenuta complessiva.
I giudici del gravame di merito con motivazione specifica, coerent ;e logica hanno, infatti, dato conto, quanto alla richiesta di eesà-s
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Davide, che il Santoro è stato interrogato per ben due volte con documentazione
integrale delle sue dichiarazioni.
La Corte territoriale ritiene non necessaria l’audizione di Santoro ai fini della

“senza approfondire la necessaria distinzione tra decisività della prova nel suo
complesso e decisività dell’assunzione da rinnovarsi”.
Non va trascurato -va qui aggiunto- che si è proceduto a giudizio con rito
abbreviato.
In ordine alla responsabilità dell’odierno ricorrente, ritiene la Corte territoriale che, avuto riguardo all’impianto argomentativo della sentenza impugnata, il
giudice di primo grado abbia ben esposto le ragioni per le quali Moukafie Ismail
debba ritenersi responsabile dell’acquisto, detenzione e trasporto di stupefacente
a fine di cessione a terzi in concorso con Santoro Davide nel punto in cui ha valorizzato, sia innanzi al Pubblico Ministero presso il Tribunale dei Minorenni (interrogatorio del 13.4.2007) sia innanzi al GIP per l’udienza di convalida, che la sostanza stupefacente (del valore di 1900,00 euro da cui potevano ricavarsi 1570,2
dosi attive) era stata acquistata a Napoli unitamente ad “Achille”, un ragazzo
marocchino ventenne.
A conferma del dato dichiarativo la Corte territoriale conferma la valutazione
del giudice di primo grado che aveva valorizzato gli esiti dell’analisi dei tabulati
telefonici che indicano che tra le ore 11.35.36 del 9.4.2007 e le ore 19.11.40 di
quello stesso giorno vi erano stati numerosi contatti tra l’utenza 320/8218144
(in uso al Santoro) e l’utenza n. 389/4366329 (in uso a Moukafie Ismail ma intestata al fratello Jouad).
Dalle celle agganciate dai due telefoni – evidenziano i giudici del merito nelle
loro sentenze- risultava che i rispettivi utilizzatori avevano fatto lo stesso viaggio
di andata e ritorno a Napoli e che durante lo stazionamento a Napoli entrambi i
telefoni si erano più volte agganciati alla stessa cella di Piazza Garibaldi.
Ciò consentiva di inficiare la tesi difensiva dell’appellante (ovvero che Santoro Davide aveva approfittato del viaggio compiuto da Ismail a Napoli per motivi
del tutto leciti arrivando ad acquistare due biglietti del treno per precostituirsi
una esimente) ed avvalorava in modo significativo la circostanza che i due giovani si fossero recati a Napoli proprio per acquistare lo stupefacente.

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decisione evidenziando che l’appellante rilevava la decisività della prova richiesta

I giudici del merito ricordano, peraltro, come lo stesso Santoro, nel luogo e
nell’immediatezza dei fatti, forniva ai militari della Guardia di Finanza i numeri di
cellulare in uso al suo complice poi associando al nome di Achille la persona di
Moukafie Ismail, ovvero del ragazzo ventenne che si era recato con lui a Napoli
per perfezionare l’acquisto di stupefacente e riconosceva in Moukafie Ismail il
suo complice.
La decisione di condanna, quindi, conclude con motivazione logica la Corte
territoriale, è intervenuta all’esito di un esame complesso e minuzioso di corri-

sesso dei biglietti ferroviari da parte del Santoro; iniziali dichiarazioni sull’età del
complice; riconoscimento fotografico).
In tal senso la circostanza che Santoro Davide avesse dichiarato di avere acquistato lo stupefacente con la complicità di un marocchino, poi identificato in
Achille senza specificare altro, è stata coerentemente ritenuta non gettare ombre
o particolari sospetti sulla chiamata in correità fatta successivamente, chiamata
che, come esplicitato dai giudici del merito, appare confermativa degli elementi
dichiarati in precedenza dallo stesso Santoro tanto che, alla specifica richiesta se
proprio con Achille aveva compiuto il viaggio a Napoli per l’acquisto dello stupefacente, Santoro Davide dichiarava di avvalersi della facoltà di non rispondere.
Rispetto a tale motivata, logica e coerente pronuncia il ricorrente chiede una
rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’adozione di
nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione. Ma per quanto sin qui
detto un siffatto modo di procedere è inammissibile perché trasformerebbe questa Corte di legittimità nell’ennesimo giudice del fatto.

5. Manifestamente infondato è anche il motivo riguardante il diniego della
sospensione condizionale della pena, che appare logicamente motivato laddove
la Corte territoriale valorizza a tal fine, negativamente per l’imputato, l’assenza
di elementi apprezzabili di valutazione a suo favore, a fronte dei precedenti specifici e della prova emersa che egli fosse contiguo ad ambienti criminali legati allo
spaccio di sostanze stupefacenti.
Sul punto, va ricordato che il giudice di merito, nel valutare la concedibilità della sospensione condizionale della pena, non ha l’obbligo di prendere in
esame tutti gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen., ma può limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti prevalenti (così sez. 3, n. 6641 del 17.11.2009 dep. il
18.2.2010, Miranda, rv. 246184, in un caso in cui la Corte ha ritenuto esaustiva
la motivazione della esclusione del beneficio fondata sul riferimento ai precedenti
penali dell’imputato; conf. sez. 2, n. 19298 del 15.4.2015, Di Domenico, rv.
263534).
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spondenza tra il racconto del dichiarante e le risultanze ulteriori (tabulati; pos-

Non va dimenticato, peraltro, che costituisce ius receptum il principio per
cui legittimamente il beneficio della sospensione condizionale della pena è negato
dal giudice in base a prognosi sfavorevole nella quale rientrano, oltre le sentenze
di condanna riportate dall’imputato, anche i precedenti giudiziari di cui all’art.
133 cod. pen. in quanto il giudizio prognostico ex art. 164, comma primo, cod.
pen., per altro, è del tutto indipendente dai limiti relativi alla misura della pena
fissati dall’art. 163 cod. pen. che determinano la concedibilità in astratto del beneficio ma non certo il contenuto favorevole della prognosi (così questa sez. 4, n.

In ultimo, va rilevato che la sentenza impugnata dà conto di avere rivalutato la pena alla luce della intervenuta sentenza della Corte Costituzionale
32/2014.
Né può porsi in questa sede la questione di un’eventuale declaratoria della
prescrizione maturata dopo la sentenza d’appello, in considerazione della manifesta infondatezza del ricorso.
La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha, infatti, più volte ribadito che
l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza
dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a
norma dell’art. 129 cod. proc. pen (Cass. pen., Sez. un., 22 novembre 2000, n.
32, De Luca, rv. 217266: nella specie la prescrizione del reato era maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; conformi, Sez. un., 2 marzo 2005, n. 23428, Bracale, rv. 231164, e Sez. un., 28 febbraio 2008, n. 19601,
Niccoli, rv. 239400; in ultimo Cass. pen. Sez. 2, n. 28848 dell’8.5.2013, rv.
256463).

6. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della
sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 17 novembre 2015
Il

sigliere estensore

Il Presidente

4073 del 23.2.1996, Avena, rv. 205188).

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