Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50419 del 24/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50419 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CONTE PIETRO N. IL 03/09/1970
avverso la sentenza n. 1376/2012 CORTE APPELLO di LECCE, del
12/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 24/10/2013

R. G. 7475 / 2013

Con l’indicata sentenza la Corte di Appello di Lecce ha confermato la sentenza
del Tribunale di Brindisi che, all’esito di giudizio abbreviato, ha riconosciuto Pietro
Conte colpevole del reato di evasione dal regime esecutivo penale della detenzione
domiciliare, non essendo stato reperito durante un normale controllo di p.g. nella sua
abitazione, dove non faceva rientro entro il termine orario in cui era autorizzato ad
assentarsi per curare la manutenzione di un suo separato immobile. Condotta criminosa
per la quale, concesse le attenuanti generiche e tenuto conto della contestata recidiva, il
Conte è stato condannato alla pena di otto mesi di reclusione.
L’imputato impugna per cassazione la sentenza di appello, deducendo erronea
applicazione dell’art. 385 co. 3 c.p. in rel. art. 47 ter co. 8 O.P. e illogicità e
contraddittorietà della motivazione, poiché: i giudici di merito hanno ritenuto provato il
dolo del rato pur in difetto di idonei elementi atti ad escludere la sua buona fede (stante
il suo “basso tasso scolare e di alfabetizzazione”); in subordine non sono state concesse le
attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla recidiva, nonostante la modesta
offensività della condotta illecita.
Il ricorso è inammissibile per indeducibilità e manifesta infondatezza dei motivi
di censura, con i quali si opera una rivisitazione fattuale delle fonti di prova, valutate
con logico giudizio dalle due conformi sentenze di merito, e -nel contempo- si
interpretano distonicamente, replicando i motivi di gravame avverso la prima decisione,
le disposizioni incriminatrici dell’evasione dalla custodia esecutiva domestica,
censurando il trattamento sanzionatorio, benché reso oggetto di ampia e coerente
motivazione da parte dei giudici di secondo grado.
All’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna della ricorrente alla
rifusione delle spese processuali e al versamento di una somma alla cassa delle
ammende, che si ritiene conforme a giustizia determinare in euro 1.000,00 (mille).
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 24 ottobre 2013
(

Motivi della decisione

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