Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50419 del 17/11/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 50419 Anno 2015
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
HADIR MOHAMMED N. IL 01/06/1980
avverso la sentenza n. 1829/2010 CORTE APPELLO di ANCONA, del
11/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 3b ,a9e.c
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Data Udienza: 17/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Ancona, pronunciando nei confronti dell’odierno
ricorrente, HADIR MOHAMMED, con sentenza dell’11/4/2013, confermava la sentenza del Tribunale di Fermo, emessa in data 21/1/2010, con condanna al pagamento delle ulteriori spese di giudizio.
Il G.M. del Tribunale di Fermo, in primo grado, aveva giudicato Hadir Mohammed per il reato previsto dall’art. 73 co. 1 bis lett. a) DPR 309/90 per avere
detenuto un quantitativo di cocaina per complessivi gr.4,475 suddivisi in tre dosi

propria abitazione (in largo Saragat 5 di Lido Tre Archu di Fermo) all’arrivo della
polizia che – avuto riguardo al peso, al confezionamento frazionato ed altre modalità dell’azione – appariva destinato ad un uso non strettamente personale, in
Fermo il 30/8/2007.
L’imputato era stato condannato, ritenuta l’ipotesi di cui all’art. 73 co. 5 DPR
309/90, alla pena di anni 1 di reclusione ed € 4.000,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia in carcere, con confisca e distruzione
della sostanza stupefacente e confisca della somma di danaro sequestrata.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo
del proprio difensore di fiducia, Hadir Mohammed, deducendo, dopo aver ricostruito i fatti di causa, i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod.
proc. pen.:
a. Inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 171 e 178 lett. c cod.
proc. pen. per nullità derivante da violazione di norme, relativa all’assistenza e
rappresentanza dell’imputato per il grado di appello in relazione all’art. 179 cod.
proc. pen. per nullità assoluta derivante dall’omessa citazione dell’imputato.
La ricorrente deduce che: 1) dopo la sentenza di primo grado, avverso la
stessa veniva proposto rituale impugnazione (perché il fatto non sussiste e per
assenza della prova di destinazione allo spaccio della sostanza rinvenuta che era
per uso esclusivamente personale, omessa concessione delle attenuanti generiche. Eccessività della pena e mancata concessione della pena sospesa) a mezzo
del difensore d’ufficio nominato ex art. 97 co. 4 c.p.p.; 2) in data 11.3.2010, al
termine del giudizio di primo grado, quando ancora il fascicolo pendeva dinanzi
al Tribunale di Fermo, veniva depositata in cancelleria nomina a difensore di fiducia della ricorrente Avv. Vittoria Lupi con revoca di ogni altro difensore di fiducia; 3) successivamente veniva celebrato il giudizio di appello senza che il difensore di fiducia venisse notiziato dell’avviso di fissazione dì udienza in grado di
appello; 4) la Corte D’Appello di Ancona, in data 11.04.2013, rigettava l’appello
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in involucri di cellophane termosaldato che stava confezionando all’interno della

con sentenza n. 1340/2013 con estratto contumaciale notificato a mezzo fax in
data 19.03.2013 ex art. 161 co. 4 cod. proc. pen. al difensore d’ufficio (avv. Anna Luisa Russo) ex art. 97 co. IV c.p.p. nominato in primo grado in sostituzione
di altro difensore di fiducia (avv. A.Brandoni) assente, condannando l’imputato al
pagamento delle spese del grado, anziché presso il difensore di fiducia avv. Vittoria Lupi del Foro di Fermo nominato dopo il giudizio di primo grado; 5) la sentenza della Corte n.1340/13 diveniva definitiva in data 5.12.2013; 6) in data
19.09.2014 veniva presentato a mezzo del ricoprente difensore dinanzi al giudice

ta in via principale la non esecutività del titolo per invalidità della notificazione
ex art. 670 c.p.p. e che venisse restituito il termine per l’impugnazione ex art,
175 e 670 co.3 c.p.p. Ciò in base all’assunto che solo in data 12.09.2014, allorquando il suo difensore di fiducia si recava presso la Corte territoriale per prendere visione degli atti del procedimento (dopo che l’imputato aveva ricevuto in
data 30.08.2014 la notifica dalla Procura di Fermo dell’ordine di esecuzione n.
186/2014 per la carcerazione e decreto di sospensione del medesimo relativo in
conseguenza della esecutività della sentenza n. 1340/13 della Corte) il condannato Hadir Mohammed aveva avuto effettiva conoscenza del procedimento al
termine del quale era stata emessa la sentenza n. 1340/13. In precedenza, infatti, non c’era stato alcun tipo di contatto tra l’imputato ed il difensore d’ufficio
nominato ex art. 97 co. 4 c.p.p. in primo grado e pure in secondo grado , malgrado nel frattempo fosse subentrata la nomina all’avv. Lupi. 7) il Giudice dell’esecuzione di Fermo in data 09.02.2015 (notificata all’imputato a mezzo pec presso lo studio del suo difensore di fiducia in data 10.02.2015) in accoglimento
dell’istanza presentata, dichiarava non eseguibile la sentenza n. 1340/13 della
Corte d’Appello di Ancona
Il motivo di doglianza si fonda, dunque, sul fatto che, nonostante dopo la
celebrazione del giudizio di primo grado vi fosse stata la nomina di un nuovo difensore di fiducia con revoca di ogni altro difensore di fiducia, il decreto di fissazione del giudizio di appello sia stato notificato al difensore revocato piuttosto
che al nuovo difensore nominato e quindi l’imputato non veniva validamente assistito dal suo difensore fiduciario e non gli veniva consentito di partecipare al
giudizio, con conseguente nullità del giudizio di appello e della sentenza impugnata.

b. Nullità della sentenza per inosservanza od erronea applicazione di norme
ai sensi dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen., contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione anche in relazione ad omessa ed erronea valutazione di
prove nonché a travisamento di prove sia con riferimento al testo del provvedimento impugnato che ad atti del procedimento specificamente indicati ai sensi

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dell’esecuzione penale di Fermo incidente di esecuzione perché venisse dichiara-

dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., inosservanza o erronea applicazione degli
artt. 192 e 533 comma 1 cod. proc. pen. ai sensi dell’art. 606 lett. b) cod. proc.
pen.
Secondo la tesi prospettata in ricorso i giudici di merito non avrebbero considerato gli esiti della perizia di ufficio sulla sostanza che avrebbe accertato un
principio attivo corrispondente a 1,53 volte il limite massimo e corrispondente a
7-8 dosi medie singole efficaci. Pertanto non sarebbe stata raggiunta la prova
dell’uso non esclusivamente personale.

porterebbe, un’affermazione di penale responsabilità, ma rappresenterebbe un
elemento di forte valenza indiziaria.
Nel caso di specie, viste le risultanze della perizia, andavano analizzate le
circostanze e modalità dell’azione e la personalità dell’imputato. Tali elementi,
che il ricorrente descrive, non avrebbero caratterizzato una detenzione a fini di
spaccio.
In ultimo ritiene immotivata la mancata concessione delle attenuanti generiche.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata con ogni conseguenza di legge.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Non essendo il motivo di ricorso sopra illustrato sub a. manifestamente
infondati, il Collegio non può che prendere atto dell’intervenuta prescrizione e
pertanto annullare senza rinvio la sentenza impugnata per l’estinzione del reato.
Riscontrata ex actis la mancanza di periodi di sospensione della prescrizione,
all’11.4.2013 risulta infatti decorso il termine prescrizionale massimo di sette
anni e mezzo oggi previsto per il reato di cui all’art. 73 cp. 5 Dpr. 309/90.
Alla luce delle pronunzie di merito nemmeno si configura, inoltre, l’evidenza
della prova che consentirebbe l’adozione di una decisione liberatoria nel merito ai
sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.

2. In particolare, il proposto motivo di ricorso non appare infondato in quanto effettivamente risulta agli atti – cui questa Corte di legittimità ha ritenuto di
accedere in ragione del tipo di doglianza proposta- la nomina del marzo 2010 a
difensore di fiducia dell’avv. Vittoria Lupi, con revoca di ogni altro difensore precedentemente nominato. E la stessa non risulta mai avere avuto notizia del giudizio di appello.
Sul punto va peraltro ricordato che questa Corte di legittimità ha in più occasioni precisato che l’omessa notificazione del decreto di citazione per il giudizio
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Il superamento dei limiti massimi indicati nel DM – si aggiunge- non com-

di appello al difensore di fiducia dell’imputato determina una nullità d’ordine generale insanabile, a nulla rilevando che la notifica sia stata effettuata al difensore
d’ufficio, non potendo l’imputato essere privato del diritto di affidare la propria
difesa alla persona che riscuota la sua fiducia e che abbia avuto la possibilità di
prepararsi adeguatamente nel termine stabilito per la comparizione (sez. 4, n.
7968 del 6.12.2013 dep. il 19.2.2014, Di Mattia, rv. 258615; sez. 1 n. 20449 del
28.3.2014, Zambon, rv. 256914).
In altra più recente pronuncia, stavolta a Sezioni Unite, è stato poi ribadito

minato dall’imputato o dal condannato, integra una nullità assoluta ai sensi degli
artt. 178, comma primo lett. c) e 179, comma primo cod. proc. pen., quando di
esso è obbligatoria la presenza, a nulla rilevando che la notifica sia stata effettuata al difensore d’ufficio e che in udienza sia stato presente un so-stituto nominato ex art. 97, comma quarto, cod. proc. pen. (Sez. Un. n. 24630 del
26.3.2015, Maritan, rv. 263598, nella cui motivazione, è stato, in particola-re,
evidenziato che ove, in presenza di una rituale e tempestiva nomina fidu-ciaria
effettuata dall’interessato, il giudice proceda irritualmente alla designa-zione di
un difensore d’ufficio, viene ad essere leso il diritto dell’imputato “ad avere un
difensore di sua scelta”, riconosciuto dall’art. 6, comma terzo lett. c), della Convenzione europea dei diritti dell’uomo).

3. La pronuncia nel senso sopra indicato s’impone in ragione del più favorevole ius superveníens che ha interessato l’art. 73 co. 5 del Dpr 309/90 dopo la
sentenza di appello, che risale all’11.4.2013.
Nelle more della decisione del presente ricorso, la norma di cui all’art. 73 V
co. Dpr. 309/90 è stata, infatti, più volte interessata da interventi del legislatore.
La prima modifica legislativa è intervenuta con l’articolo 2, comma 1 lett. a)
del D.L. 23.12.2013 n. 146, convertito, senza modifiche sul punto, dalla legge
21.2.2014 n. 10 (in G.U. Serie generale n. 43 del 21.2.2014) che ha trasformato
quella che per giurisprudenza consolidata di questa Corte era pacificamente ritenuta una circostanza attenuante ad effetto speciale (cfr. ex plurimis Sez. Unite n.
9148 del 31.5.1991, Parisi, rv. 187930; conf. sez. 1, n. 496 del 3.2.1992, confl.
comp. Pret. e Trib. Palermo in proc. Di Gaetano, rv. 191131; e, anche dopo le
modifiche introdotte dall’art. 4-bis I. 49/2006, ancora Sez. Unite n. 35737 del
24.6.2010, P.G. in proc. Rico, rv. 247910; conf. sez. 6 n. 458 del 28.9.2011
dep. 11.1.2012, Khadhraoui Farouk e altro, rv. 251557; sez. 6, n. 13523 del
22.10.2008 dep. 26.3.2009, De Lucia e altri, rv. 243827) in un’ipotesi autonoma
di reato.

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che l’omesso avviso dell’udienza al difensore di fiducia tempestivamente no-

Con quella prima novella, ex DL 146/2013, che ha mantenuto indistinta la
sanzione penale per i fatti di lieve entità che riguardassero le droghe c.d. “leggere” e quelle c.d. “pesanti”, il massimo edittale previgente veniva abbassato.
L’articolo 73 co. 5 Dpr. 309/90 post novella del dicembre 2013 puniva, infatti,
con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 3.000 a euro
26.000 chiunque, salvo che il fatto costituisse più grave reato, commettesse uno
dei fatti previsti dal medesimo art. 73 che per i mezzi, le modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, sia “di lieve entità”.

detentiva, identico minimo edittale (anni uno di reclusione) ma una pena massima più alta (anni sei di reclusione).
E’ intervenuta poi la legge 16.5.2014 n. 79 che ha convertito con modificazioni il decreto legge 20.3.2014 n. 36 – che ha fatto seguito alla sentenza n.
32/2014 della Corte Costituzionale che per le droghe leggere e per i fatti fino al
23.12.2013 aveva già comportato la reviviscenza del V comma di cui alla legge
Iervolino Vassalli, con la cui legge di conversione (I. 16.5.2014 n. 79) – con cui il
comma 5 dell’art. 73 Dpr. 309.90 è stato sostituito dal seguente: “5. Salvo che il
fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal
presente articolo, che per i mezzi, le modalità o le circostanze dell’azione ovvero
per la qualità e quantità delle sostanze è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1032 a euro
10.329”.
Con la seconda novella, del 2014, dunque, la pena per il fatto di lieve entità
già prevista per le c.d. “droghe leggere” dalla Legge Iervolino-Vassalli viene
adottata, indifferentemente, per tutti i fatti di lieve entità, indipendentemente
dalla collocazione dello stupefacente nell’una o nell’altra tabella.
Ebbene, già con il testo novellato dal D.L. 146/2013 e l’introduzione della figura di reato autonomo i termini di prescrizione del reato si erano fortemente ridotti.
Dal 24.12.2013, infatti, anche per i fatti pregressi, per il principio del favor
rei, gli stessi possono essere determinati ai sensi dell’art. 157 co.1, 2 e 3 cod.
pen. tenendo come riferimento il massimo della pena edittale e, comunque, trattandosi di delitto, un tempo non inferiore a sei anni.
In precedenza, invece, poiché la normativa sulla prescrizione non consente
di tenere conto delle attenuanti, anche se ad effetto speciale (qual era l’art. 73 V
co. previgente), il termine di prescrizione si determinava comunque in 20 anni,
pari al massimo edittale previsto dall’art. 73 co. 1 Dpr. 309.90.
S’impone, dunque, la pronuncia di annullamento senza rinvio nel senso sopra indicato.

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La norma previgente prevedeva identica sanzione pecuniaria e, quanto alla pena

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma il 17 novembre 2015
Il Presidente

Il C sigliere estensore

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