Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5035 del 21/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 5035 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ELJELLAL MOHAMED N. IL 01/01/1969
nei confronti di:
CECCARELLI GIULIANO N. IL 05/07/1944
inoltre:
VISCILLO GUIDO N. IL 27/11/1948
avverso la sentenza n. 1236/2012 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
16/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI
Udito il Procuratore GOerale in persona 01 Dott.
che ha concluso per
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,, t< e' v, ) Data Udienza: 21/01/2014 4wo CI ip); 14---) ),1 { (1""5-■ ^)--"_ tc—' e Ritenuto in fatto VISCILLO Guido ed EL JELLAL Mohamed ricorrono avverso la sentenza di cui in epigrafe che, modificando parzialmente quella di primo grado, ha assolto con la formula" per non aver commesso il fatto" CECCARELLI Giuliano, nella qualità di coordinatore per l'esecuzione dei lavori, dal reato di lesioni colpose aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica in danno dell' El Jena', confermando il giudizio di reato e dichiarando estinto per intervenuta prescrizione il reato di cui all'art. 40 d.P.R. 303/56. Le modalità dell'infortunio sono state così ricostruite nella sentenza impugnata: l'operaio El Jena', dipendente della PRO.SVI.TEC. s.r.I., mentre era intento all'operazione di lavaggio di una betoniera con l'interblocco di sicurezza fuori uso, a causa della mancata attivazione della griglia di protezione ed il mancato spegnimento della macchina, riportava l'amputazione della mano destra ( fatto in data 1.6.2005). L'addebito era stato contestato al Viscillo, quale datore di lavoro, ed al Ceccarelli , in qualità di coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione. La colpa era stata ipotizzata nei confronti del Viscillo per avere messo a disposizione dei lavoratori una betoniera in cattive condizioni di manutenzione e con l'interblocco di sicurezza fuori uso mediante l'apposizione di un nastro adesivo posizionato stabilmente nonché per inadempimento all'obbligo di istruire i lavoratori e di controllare l'osservanza delle prescrizioni impartite. Al Ceccarelli era stato invece addebitato di non avere effettuato i dovuti controlli sulla betoniera, peraltro, imposti anche dal piano di sicurezza del cantiere. Tali addebiti di colpa venivano confermati dal giudice di appello con riferimento al Viscillo mentre venivano esclusi dallo stesso giudice in relazione alla posizione del Ceccarelli. Con riferimento a quest'ultimo la Corte di appello escludeva che il compito del coordinatore di alta vigilanza dovesse ritenersi esteso fino al controllo di ciascuna singola lavorazione ed addirittura al controllo successivo all'esecuzione dei lavori come quelle di pulizia dei macchinari. Con riferimento alla censura di non avere ottemperato all'obbligo contemplato nel piano di sicurezza di controllare che le macchine non fossero state modificate o manomesse, il giudicante affermava che la manomissione della betoniera non riguardava il suo normale funzionamento in fase di lavorazione ma l'apposizione di un sistema rudimentale di blocco di dispositivo di sicurezza a mezzo di nastro adesivo non immediatamente visibile all'esterno. 2 responsabilità nei confronti del primo, nella qualità di datore di lavoro, per il medesimo Propongono ricorso per cassazione VISCILLO Guido e la parte civile El JELLAL Mohamed. VISCILLO Guido articola due motivi. Con il primo motivo lamenta la mancanza e la contraddittorietà della motivazione in riferimento al giudizio di responsabilità fondato sulla considerazione che il datore di lavoro aveva posto a disposizione dei lavoratori una betoniera in cattive condizioni di manutenzione. Siffatta conclusione si pone in contraddizione, secondo l'assunto difensivo, sul dato di fatto che la betoniera era stata acquistata dalla società committente solo nel che la manomissione ( costituita dal posizionamento di un nastro adesivo che bolccava l'interblocco di sicurezza) fosse presente già da tempo. Si evidenzia, altresì, a conferma della esclusione della responsabilità del datore di lavoro, che la suddetta manomissione era ad esclusivo vantaggio dell'operazione di pulitura, e quindi del lavoratore in quanto consentiva di funzionare anche con la griglia sollevata , così riducendo i tempi di lavoro. Con il secondo motivo si duole del vizio di motivazione anche con riferimento all'affermato nesso di causalità, evidenziando l'impossibilità di ricostruire con esattezza la dinamica dell'infortunio. Si sostiene, infine, citando giurisprudenza di questa Corte, la mancanza di un profilo di colpa del datore di lavoro e, quindi, l'assenza di responsabilità del medesimo per il comportamento abnorme posto in essere dal lavoratore. EL JELLAL Mohamed, tramite difensore, articola due motivi. Con il primo si duole dell'erronea applicazione dell'art. 5 del d. Lgs. 494/96, richiamando la motivazione del giudice di primo grado che aveva affermato la responsabilità dell'imputato sulla considerazione che il coordinatore della sicurezza, pur non essendo obbligato ad una presenza continua sul cantiere, deve essere ritenuto responsabile ogni qualvolta non abbia adeguatamente verificato l'applicazione da parte delle imprese esecutrici delle disposizioni contenute nel piano della sicurezza e di coordinamento. Con il secondo motivo, corredato da due fotografie mostrate ai tel, rappresentanti la vista generale dell'apertura superiore della betoniera dove è avvenuto l'infortunio, lamenta la manifesta illogicità della motivazione laddove il giudice di appello aveva affermato che la manomissione alla betoniera attraverso l'apposizione di un sistema rudimentale di blocco del dispositivo di sicurezza a mezzo di nastro adesivo non fosse immediatamente visibile all'esterno, circostanza, invece, esclusa dalle fotografie prodotte. In tal senso si sottolinea che l'imputato era così venuto meno agli obblighi espressamente previsti nel caso in esame dal piano per la sicurezza, pag. 38, secondo il quale il coordinatore per l' esecuzione dei lavori doveva controllare periodicamente che le macchine operanti non fossero state in qualche modo modificate o manomesse. 3 2003 e con la circostanza della insussistenza di ogni elemento da cui possa emergere Considerato in diritto Seguendo un ordine logico espositivo va esaminato, innanzitutto, il ricorso proposto nell'interesse dell'imputato Viscillo, coinvolgente il giudizio di responsabilità penale. In via preliminare deve darsi atto che in data 1.12.2012, quindi successivamente alla sentenza impugnata, pronunciata il 16.7.2012, è intervenuta la prescrizione del reato contestato, essendo decorso il termine stabilito dall'art.157 c.p. e non essendo In presenza della causa estintiva della prescrizione, l'obbligo di declaratoria di una più favorevole causa di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., comma 2, da parte della Corte di cassazione, postula in concreto che gli elementi idonei ad escludere l'esistenza del fatto, la rilevanza penale di esso e la non commissione del medesimo da parte dell'imputato emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, sicché la valutazione che deve essere compiuta appartiene più al concetto di constatazione che a quello di apprezzamento. Da tali regole consegue: a) che nel giudizio di cassazione, qualora la motivazione del giudizio di merito - come nella specie - dia contezza delle ragioni poste a fondamento dell'effettuato giudizio di responsabilità dell'imputato, non può nel contempo emergere dagli atti, con la necessaria evidenza, una causa assolutoria nel merito (v., tra le tante, Sezione VI, 11 novembre 2009, n. 49877, R.C. e Blancaflor, ed i riferimenti in essa contenuti); b) che è inammissibile il ricorso in cassazione proposto contro la sentenza, che abbia dichiarato estinto il reato per prescrizione, soltanto per difetto di motivazione, in quanto l'inevitabile declaratoria di estinzione del reato anche da parte del giudice di rinvio preclude che la sentenza impugnata possa essere annullata con rinvio ( v. in tal senso la sentenza sopra citata). Ciò premesso, la fattispecie in esame si caratterizza proprio per la mancanza dei ricordati presupposti per l'assoluzione dell'imputato nel merito. Il ricorrente prospetta che la condotta abnorme del lavoratore, il quale a suo esclusivo vantaggio ( per ridurre i tempi di lavoro) avrebbe manomesso l'interblocco di sicurezza della betoniera, così consentendo alla macchina di funzionare anche con la griglia sollevata, escludeva la responsabilità del datore di lavoro. Il principio sopra indicato, correttamente enunciato, non è applicabile alla fattispecie in esame. 4 intervenute cause di sospensione della stessa. Sul punto è opportuno ricordare che,di norma, la responsabilità del datore di lavoro non è esclusa dai comportamenti negligenti, trascurati, imperiti del lavoratore, che abbiano contribuito alla verificazione dell'infortunio. Ciò in quanto al datore di lavoro è imposto (anche) di esigere il rispetto delle regole di cautela da parte del lavoratore: cosicchè il datore di lavoro è "garante" anche della correttezza dell'agire del lavoratore (cfr. articolo 18, comma 1, lettera f), del decreto legislativo n. 81 del 2008, che impone al datore di lavoro di richiedere l'osservanza da di sicurezza del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione). In questo senso, al di là delle nette affermazioni di principio contenute in alcune sentenze secondo le quali il datore di lavoro, quale diretto responsabile della sicurezza del lavoro, deve operare un controllo continuo e pressante, sino alla pedanteria, per imporre che i lavoratori rispettino la normativa prevenzionale ( v. in tal senso la sentenza Sezione IV, 8 ottobre 2008, Proc. Gen. Venezia in proc. Da Tio, laddove si precisa che il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza deve operare un controllo costante e pressante, diretto o per interposta persona, per imporre che i lavoratori rispettino la normativa e sfuggano alla tentazione, sempre presente, di sottrarvisi, anche instaurando prassi di lavoro non corrette), va sottolineato che, in realtà, in molti casi, la violazione che viene imputata al datore di lavoro non è l'astratta violazione dell'obbligo di vigilare tout court, ma è la contestazione di aver consentito l'instaurarsi di una prassi di lavoro all'insegna del lassismo o comunque della scarsa vigilanza sull'osservanza delle norme antinfortunistiche da parte dei lavoratori; in sostanza, un livello di disattenzione diffuso e protratto nel tempo, che viene di regola tollerato ( se non a volte invogliato) per esigenze di contenimento dei tempi di lavoro. In sostanza, la colpa del datore di lavoro non è esclusa da quella del lavoratore e l'evento dannoso è imputato al datore di lavoro, in forza della posizione di garanzia di cui ex lege è onerato, sulla base del principio dell'equivalenza delle cause vigente nel sistema penale (articolo 41, comma 1, c.p.). In altri termini,in linea di principio, visto da un'altra prospettiva, la condotta colposa del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento (art. 41, comma 2, c.p.) quando sia comunque riconducibile all'area di rischio proprio della lavorazione svolta. Va rimarcato, pertanto, che il presupposto per l'addebito al datore di lavoro è la sussistenza di un addebito di colpa. La colpa va accertata in concreto, nel senso che va 5 parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in tema individuata la regola di condotta generica o specifica che si assume violata e, rispetto a tale norma, in ossequio ai principi generali vigenti in materia, va verificata la sussistenza dei presupposti della prevedibilità e della evitabilità del fatto dannoso verificatosi. Il problema di rilevanza della colpa del lavoratore e, quindi, di possibile abnormità del comportamento imprudente da questo tenuto, rilevante per "interrompere" il nesso causale con la condotta del datore di lavoro, può porsi solo quando si sia sciolto il problema, logicamente e giuridicamente precedente, dell'individuazione di un profilo I principi suindicati sono stati applicati correttamente dalla Corte di merito che ha individuato l'addebito di colpa a carico del datore di lavoro nell' avere posto a disposizione dei lavoratori una betoniera, non solo in cattive condizioni di manutenzione, ma con l'interblocco di sicurezza fuori uso e di avere omesso di vigilare sul corretto funzionamento della macchina. Sotto tale ultimo profilo è stato posto in risalto dai giudici di merito che la manomissione non presentava affatto il carattere dell'occasionalità, soprattutto per le modalità con le quali il nastro adesivo era stato apposto. A fronte di un apparato argomentativo esente da violazioni di legge e logicamente sviluppato, il dissenso "di merito" , espresso in ricorso, fondato su una ricostruzione del fatto alternativa, che pone l'accento su di una indimostrata condotta abnorme del lavoratore, non può trovare qui accoglimento. Le censure,su 'affermai.t.esclusione dell'abnormità della condotta del lavoratore sono, infatti, infond e. La ricostruzione sul punto del giudice di merito non può essere rinnovata, non palesandosi evidenti illogicità, neppure a fronte della diversa rappresentazione della vicenda operata in ricorso. Del resto, per quanto sopra esposto,non può pertinentemente addursi l'imprevedibilità e quindi l'abnormità del comportamento del lavoratore, ove si consideri il principio pacifico secondo cui l'eventuale colpa del lavoratore concorrente con l'addebito colposo di cui si è detto, contestato all'imputato non può spiegare alcuna efficacia esimente per i soggetti aventi l'obbligo di sicurezza che si siano comunque resi responsabili della violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica, potendosi escludere l'esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata l'"abnormità" del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento: dovendosi, al riguardo, considerare abnorme il comportamento che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro; con la precisazione, però, che non può avere queste caratteristiche il comportamento del lavoratore che abbia compiuto 6 concreto di colpa contestabile a carico del datore di lavoro. un'operazione comunque rientrante pienamente, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli come nel caso di specie non può essere messo in discussione (cfr. da ultimo, Sezione IV, 28 aprile 2011, n. 23292, Millo ed altri, rv. 250710). L'obbligo di motivazione, è stato congruamente e logicamente adempiuto in tal senso dal primo giudice che ha escluso l'eccezionalità ed imprevedibilità della condotta del lavoratore, il quale era intento ad una mansione del tutto funzionale all'uso corretto ed In questa prospettiva, il ricorso proposto nell'interesse dell'imputato è manifestamente infondato. La declaratoria di inammissibilità prevale su quella di estinzione del reato per prescrizione maturata dopo la sentenza di secondo grado (v., Sezioni unite, 22 marzo 2005, Braca le). Fondato è invece il ricorso proposto nell'interesse della parte civile. Per corrispondere alle doglianze del ricorrente preliminare appare l'esame degli obblighi del coordinatore per l'esecuzione dei lavori. Questa figura professionale, per la prima volta organicamente disciplinata dal D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494 (attuazione della direttiva 92/51 Cee concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili), è definita dall' art. 2, del d.Lvo 494/1996, come "soggetto incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell'esecuzione dei compiti di cui all'art. 5". In base all'originaria formulazione del D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, art. 5, al coordinatore per l'esecuzione dei lavori (nominato dal committente o dal responsabile dei lavori: art. 3, comma 4) era attribuito l'obbligo di "assicurare, tramite opportune azioni di coordinamento, l'applicazione delle disposizioni contenute nei piani di cui agli articoli 12 e 13 e delle relative procedure di lavoro" (lett. a) e quello di "adeguare i piani di cui agli articoli 12 e 13 in relazione all'evoluzione dei lavori e alle eventuali modifiche intervenute" (lett. b). I compiti di questa figura professionale sono stati ridefiniti dal d. Lvo 19 novembre 1999, n. 528, applicabile ratione temporis al caso in esame, il cui art. 5 ha modificato la riferita disciplina contenuta nell'art. 5 originario, attribuendo al coordinatore per l'esecuzione dei lavori i compiti di "verificare" (e non più "assicurare") l'applicazione da parte delle imprese esecutrici delle disposizioni contenute nei piani di sicurezza e di coordinamento di 7 ordinario della betoniera, cioè il suo lavaggio. cui all'art. 12 (lett. a) e quello di "adeguare il piano di sicurezza e coordinamento in relazione all'evoluzione dei lavori e alle eventuali modifiche intervenute". Il coordinatore per la sicurezza è, pertanto, titolare di una posizione di garanzia nei limiti degli obblighi specificamente individuati dal citato art. 5 d.Lvo 1999/528 ( ora sostituito dall'art.92 d.Lvo 9 aprile 2008, n. 81) Tale posizione di garanzia gli impone, nell'ambito dei cantieri temporanei o mobili contrassegnati da lavori appaltati, di assicurare il collegamento tra impresa appaltatrice e antinfortunistica: in particolare sono a suo carico i compiti di adeguare il piano di sicurezza in relazione allo stato di avanzamento dei lavori, di vigilare sul rispetto dello stesso e di sospendere le singole lavorazioni in caso di pericolo grave ed imminente. In altre parole, va detto che le funzioni del coordinatore non si limitano a compiti organizzativi e di raccordo o di collegamento tra le eventuali varie imprese che collaborano nella realizzazione dell'opera, ma, in conformità al dettato normativo sopra citato, si estendono anche al compito di vigilare sulla corretta osservanza da parte delle imprese o della singola impresa delle prescrizioni del piano di sicurezza e ciò a maggior garanzia dell'incolumità dei lavoratori ( v. in tal senso Sezione IV, 14 giugno 2011, n. 32142, rv. 251177). Va, pertanto, chiarito che la presenza in cantiere del coordinatore per la sicurezza non va intesa come stabile presenza in cantiere, ma secondo il significato che consegue dalla posizione di garanzia di cui lo stesso è titolare nei limiti degli obblighi specificamente individuati dal citato art. 5 d.Lvo n. del 1999 ( ora art. 92 del citato d.lvo 81/2008), che comprendono anche poteri a contenuto impedivo in situazioni di pericolo grave ed imminente. Tali poteri, all'evidenza, non sono stati esercitati nel caso in esame in cui, come emerge dalla sentenza di primo grado, la manomissione all'interblocco di sicurezza della betoniera era esistente da tempo, perché il cerotto era pieno di polvere e cemento e la macchina, pur nuova, era in pessime condizioni di manutenzione ( in realtà, l'intero cantiere era in pessime condizioni, tanto che furono elevate molte contravvenzioni). In questo quadro probatorio, la doglianza incentrata sulla asserita mancanza di visibilità all'esterno della intervenuta manomissione non assume il rilievo scriminante fatto valere ...,.+ dal giudice di appello, essendo evidente, in ogni caso, che il compito di vigilare sul an.4 aut.. rispetto del piano di sicurezz—a\pa parte dei lavoratori, gravante sul coordinatore per la sicurezza, non può e non deve limitarsi ad una verifica superficiale, che non tenga conto 8 committente al fine della migliore organizzazione del lavoro sotto il profilo della tutela delle molteplici ed indefinite situazioni di pericolo grave derivanti nei cantieri dalla violazione sistematica della normativa antinfortunistica. Le censure del ricorrente sono, pertanto, fondate, giacchè il giudice di appello ha, di fatto, del tutto ridimensionato la funzione del coordinatore per l'esecuzione dei lavori laddove ha escluso che lo stesso debba verificare l'organizzazione e l'esecuzione dei lavori ed occuparsi di tutti gli aspetti particolari relativi all'esecuzione medesima, senza tener conto degli obblighi derivanti dalla posizione di garanzia rivestita dallo stesso rivestita, lavoratori, come quella in esame, in cui, come specificato dal primo giudice, non vi era alcuna connotazione di occasionalità e/o imprevedibilità. La motivazione si palesa, altresì, in contrasto con gli elementi probatori agli atti, in particolare con il piano per la sicurezza che, come indicato dal giudice di primo grado, prevedeva espressamente all'art. 38 l'obbligo a carico del coordinatore di controllare periodicamente che le macchine non fossero state modificate o manomesse. Per le considerazioni sopra svolte, in accoglimento del ricorso della parte civile,la sentenza impugnata va dunque annullata agli effetti civili nei confronti di Ceccarelli Giuliano con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello a norma dell'art. 622 c.p.p. Segue, con riferimento alla posizione di Viscillo Guido, a norma dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del medesimo ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 (mille) a titolo di sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso di Viscillo Guido che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende. Pronunziando nella prospettiva civile, annulla le statuizioni rese nei confronti di Ceccarelli Giuliano e rinvia alla Corte di appello civile competente per valore ex art. 622 c.p.p. Così deciso in data 21 gennaio 2014 Il Consigliere estensore che gli impone di intervenire nelle situazioni di pericolo grave per l'incolumità dei

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