Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50348 del 12/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50348 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GIUGA PAOLO N. IL 01/11/1988
avverso la sentenza n. 3372/2012 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di SIRACUSA, del 31/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 12/07/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 31 maggio 2012 il G.u.p. del Tribunale di Siracusa ha
applicato, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., a Giuga Paolo – imputato della
contravvenzione di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen. e 9, comma 1, legge n. 1423
del 1956 per avere contravvenuto in più occasioni agli obblighi inerenti alla
misura di prevenzione della sorveglianza speciale applicata nei suoi confronti dal

concordata fra le parti di mesi tre di reclusione.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del
suo difensore, l’imputato, che ne ha chiesto l’annullamento per violazione di
legge in relazione agli artt. 444 e 129 cod. proc. pen., poiché il Giudice avrebbe
dovuto emettere sentenza di proscioglimento per la sua evidente estraneità al
fatto contestato.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere, pertanto, dichiarato
inammissibile.
2. L’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo
processuale in virtù del quale l’imputato e il pubblico ministero si accordano sulla
qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza delle
circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sulla entità della pena. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei detti aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato
che non emerga in modo evidente una delle cause di non punibilità previste
dall’art. 129 cod. proc. pen.
Ne consegue che – una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena
ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. – l’imputato non può rimettere in
discussione profili oggettivi o soggettivi della fattispecie, né può dolersi della
entità della pena da esso stesso sollecitata e della complessiva adeguatezza del
trattamento concordato.
3. Nel caso di specie, i motivi di ricorso sono manifestamente infondati,
atteso che il Giudice, in coerenza con i parametri richiesti per la motivazione di
tale genere di decisioni, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (tra
le altre, Sez. 6, n. 14563 del 02/12/2010, dep. 12/04/2011, P.G. in proc. Manea,

Tribunale di Siracusa con provvedimento del 28 giugno 2011 – la pena

Rv. 250024), ha escluso la sussistenza dei presupposti per la pronuncia di una
sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art.129 cod. proc. pen. e si è adeguato
all’accordo intervenuto fra le parti quanto alla entità della pena applicata.
4. Alla qualificazione della detta pena come reclusione invece che come
arresto non consegue la illegalità del trattamento sanzionatorio, che può essere
rilevata anche d’ufficio, non essendo il principio di legalità ex art. 1 cod. pen. e la
funzione della pena, come concepita dall’art. 27 Cost., conciliabili con
l’applicazione di una sanzione non prevista dall’ordinamento.

della contravvenzione di cui al primo comma dell’art. 9 legge n. 1423 del 1956,
punita con la pena dell’arresto, mentre la pena della reclusione è prevista per la
diversa ipotesi di cui al secondo comma dello stesso articolo.
Poiché il ricorso è dichiarato inammissibile alla correzione deve provvedere il
giudice che ha emesso la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 130 cod. proc.
pen.
5.

Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese

processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa d’inammissibilità, al versamento – a favore della
Cassa delle ammende – di sanzione pecuniaria che appare congruo determinare
in euro 1.500,00, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500,00 alla Cassa delle ammende.
Dispone la trasmissione degli atti al G.u.p. del Tribunale di Siracusa ai sensi
dell’art. 130 cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 12 luglio 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Appare, infatti, palese l’errore materiale incorso, attesa la contestazione

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