Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50345 del 29/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50345 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
AMOROSO ANGELO N. IL 15/02/1977
avverso la sentenza n. 6271/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
16/09/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 29/05/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 9 febbraio 2011 il G.u.p. del Tribunale di Noia, all’esito
del giudizio abbreviato, ha dichiarato Amoroso Angelo colpevole dei reati di porto
e detenzione illegali di armi comuni da sparo, detenzione illegale di munizioni e
minaccia grave, e, unificati i reati con il vincolo della continuazione e applicata la
diminuente per il rito, l’ha condannato alla pena di anni due di reclusione ed euro

2. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 16 settembre 2011, in
riforma della sentenza di primo grado, previa esatta qualificazione dei fatti
contestati al capo B), privi del riferimento anche all’art. 12 legge n. 497 del
1974, quali violazioni degli artt. 10, 12 e 14 della stessa legge, ha rideterminato
la pena inflitta in anni uno e mesi otto di reclusione ed euro milleduecento di
multa.
3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione per mezzo del
suo difensore l’imputato, chiedendone l’annullamento sulla base di quattro
motivi, con i quali, rispettivamente, ha dedotto:
– inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 192 cod. proc. pen. per
violazione dei criteri di valutazione della prova, avuto riguardo all’interesse
palese della persona offesa a raggiungere l’obiettivo della sua condanna;
– erronea scissione della pena comminata per il capo B) quanto alle
violazioni di detenzione e porto di armi, poiché la seconda violazione già
comprendeva sostanzialmente la prima, con reformatio in peius in assenza della
impugnazione del Pubblico Ministero;
– motivazione apparente e contraddittoria in relazione al diniego delle
invocate attenuanti generiche;
– motivazione apparente e contraddittoria in relazione al diniego della
chiesta attenuante di cui all’art. 5 legge n. 895 del 1967.
4. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. Le censure svolte con il primo motivo, fondate sulla dedotta incongrua
verifica dell’attendibilità della persona offesa, sono prive di specificità, poiché
contestano in via del tutto generica le valutazioni svolte dalla Corte d’appello,
logicamente congruenti agli elementi richiamati tratti dal contenuto delle stesse
2

milleseicento di multa.

dichiarazioni, anche riscontrate dagli esiti della svolta perquisizione, ed esaustive
nelle risposte rese ad analoghe doglianze svolte in sede di gravame.
3. La evidente infondatezza del secondo motivo consegue al rilievo che non
vi è stata con la sentenza impugnata alcuna reformatio in peius, riguardo al capo
B) della imputazione, rispetto alla decisione di primo grado, sia in punto di
contestazione, essendo stati sin dall’inizio contestati i reati di detenzione e porto
illegali di armi, sia in punto di trattamento sanzionatorio, essendo stata scissa
l’unica pena già inflitta di anni due di reclusione ed euro millecinquecento di

multa, quanto alla violazione di cui agli artt. 12 e 14 legge n. 497 del 1974, e di
mesi sei di reclusione ed euro trecento di multa a titolo di continuazione, quanto
al delitto di cui agli artt. 10 e 14 legge n. 497 del 1974.
La deduzione ulteriore, che attiene al rilevato assorbimento del reato di
detenzione di arma in quello di porto, è, invece, preclusa ai sensi dell’art. 606,
comma 3, cod. proc. pen. non avendo formato oggetto dei motivi di appello.
4.

Manifestamente infondata e tendente a sottoporre a questa Corte

valutazioni squisitamente di merito, a essa sottratte, è la censura che afferma
erronea e carente la motivazione relativa al diniego delle attenuanti generiche,
poiché la sentenza impugnata, con argomentazioni esenti da vizi logici e
giuridici, ha plausibilmente rilevato che non potevano ravvisarsi ragioni idonee a
giustificare, in presenza peraltro di uno stato di non incensuratezza
dell’imputato, una attenuazione del rigore della pena.
Né il ricorrente ha evidenziato con il ricorso alcun rilevante elemento
positivo di valutazione non preso in esame, limitandosi a lamentare una generica
inadeguata giustificazione dell’affermata insussistenza delle condizioni per la
concessione delle indicate attenuanti e a richiamare un’affermata sua condotta
processuale collaborativa, che già il primo Giudice aveva ritenuto non rilevante
per avere il medesimo “ammesso ciò che doveva ammetter”, atteso l’esito della
perquisizione, e “negato tutto ciò che poteva negare”.
5.

Anche le censure svolte con il quarto motivo, relative alla non

riconosciuta attenuante di cui all’art. 5 legge n. 895 del 1967, sono del tutto
infondate, avendo la Corte di merito, nel rigettare analoga censura svolta con il
gravame di merito, rilevato con motivazione logicamente articolata e corretta in
diritto, che non poteva formularsi un giudizio di lieve entità del fatto in
considerazione della reiterazione delle minacce, perpetrate con l’uso effettivo di
armi.
6. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il
contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella

3

multa in quella di anni uno e mesi sei di reclusione ed euro milleduecento di

determinazione della causa d’inammissibilità – al versamento della somma,
ritenuta congrua, di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso in Roma, il 29 maggio 2013

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