Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50341 del 03/12/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 50341 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: RECCHIONE SANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAPPARELLI SALVATORE N. IL 24/05/1964
avverso l’ordinanza n. 697/2015 TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO,
del 21/07/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SANDRA RECCHIONE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. P.A5A-0.A.L.0
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Data Udienza: 03/12/2015

RITENUTO IN FATTO

1.11 Tribunale di Catanzaro, sezione per le misure coercitive, confermava la
applicazione al Capparelli.riuseppef della misura della custodia cautelare in
carcere in relazione a diversi episodi di usura ed estorsione.

2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato
(avvocati Donadio e Serravalle) che deduceva:
2.1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione ai reati di estorsione

minaccia necessaria per configurare il reato di estorsione.
Segnatamente: in relazione alla estorsione consumata ai danni di Alfano Luigi si
contestava la valenza minacciosa della frase “io i soldi non li perdo, li devo
recuperare”; anche il richiamo all’intervento di terze persone sarebbe apodittico,
in quanto il padre dell’indagato, defunto, non avrebbe fatto parte di alcun
sodalizio criminoso, sicchè i riferimenti al potenziale intimidatorio ambientale
riconducibile al contesto criminale cui avrebbe fatto parte il padre dell’indagato
non troverebbe alcuna conferma.
In relazione alla estorsione consumata ai danni di Serio Luigi e dei fratelli Covelli
si deduceva la assoluta mancanza di motivazione in relazione alle censure
sollevate con i motivi di gravame. Il Serio non sarebbe mai stato oggetto di
minacce da parte dell’indagato, come da lui stesso riferito. La richiesta di
restituzione delle somme ed il richiamo alla puntualità in caso di mancato
rispetto delle scadenze non sarebbero condotte idonee a configurare alcuna
minaccia.
Anche con riguardo all’estorsione in danno dei fratelli Covelli non risulterebbe
condotte minatorie, ma solo solleciti nei pagamenti, come emergerebbe dalle
dichiarazioni dello stesso Covelli Giovanni.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla individuazione
delle esigenze cautelari.
2.2.1. Nella prospettiva del ricorrente mancherebbe la indicazione specifica delle
circostanze cui ricondurre il pericolo di inquinamento probatorio; a tal fine la
necessità di salvaguardare la genuinità delle testimonianze degli offesi non
sarebbe sufficiente.
2.2.2. Il pericolo di reiterazione sarebbe, inoltre, illegittimamente dedotto dalla
gravità dei reati per cui si procede; inoltre non sarebbe emersa la attualità
del pericolo.
2.2.3. Si deduceva che non era stata fornita adeguata motivazione circa la
adeguatezza esclusiva del carcere a fronteggiare le esigenze rilevate, in

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di cui ai capii e) ed h). Si deduceva che non era emersi indizi relativi alla

particolare non era stata fornita alcuna giustificazione in ordine alla possibile
adeguatezza della cautela domiciliare con controllo elettronico.

3. Le doglianze in ordine alla assenza di minaccia ed alle esigenze cautelari
venivano reiterate con altro ricorso con il quale si evidenziava la minima
pericolosità sociale dell’indagato emergente dai precedenti penali risalenti e
dalla assenza di pendenze giudiziarie.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.2. Devono essere respinte le censure in ordine alla consistenza del quadro
indiziario e segnatamente in ordine alla ritenuta esistenza di comportamenti
minatori. Il collegio ribadisce che la minaccia costitutiva del delitto di estorsione
può essere manifestata anche in maniera implicita, essendo solo necessario che
essa sia idonea a incutere timore e a coartare la volontà del soggetto passivo, in
relazione alle circostanze concrete, alla personalità dell’agente, alle condizioni
soggettive della vittima e alle condizioni ambientali in cui questa opera (Cass.
sez. 5 n. 41507 del 22/09/2009, Rv. 245431; Cass. sez. 2, n. 2833 del
27/09/2012, dep 2013, Rv. 254297)
Nel caso di specie il collegio territoriale con valutazione allo stato degli atti
riteneva che la minaccia veniva perpetrata in forma «implicita, ovvero
evocativa per il linguaggio utilizzato (si fa riferimento alla possibilità d’intervento
di terze persone) e per il contesto nel quale si è consumata». Il collegio
territoriale evidenziava che l’indagato era figlio del perilocoso pregiudicato
Giovanbattista conosciuto dalle vittime dal quale aveva ereditato i prestiti
usurai. La capacità intimidatoria veniva valutata con giudizio di merito,
effettuato allo stato degli atti, che non presenta fratture logiche manifeste e
decisive, e si sottrae pertanto a censure in sede di legittimità.
1.3. Il ricorso deve essere accolto nella parte in cui censura le valutazioni offerte
in ordine alla rilevazione delle esigenze cautelari. La disciplina introdotta dalla
legge 47 del 2015 richiede ai fini della individuazione del pericolo di reiterazione
l’emersione di indici diversi dalla gravità dei fatti per cui si procede e
concretamente dimostrativi sia della concretezza del pericolo che della attualità
dello stesso.
richiedere una analisi

La scelta del legislatore è quella di

concreta della

esistenza delle esigenze cautelari, che non si limiti alla valutazione dell’allarme
sociale deducibile dalla gravità del fatto, ma si estenda alla valutazione di
ulteriori elementi eventualmente indicativi della possibilità concreta ed attuale

3

1.11 ricorso è parzialmente fondato

che l’indagato ponga in essere nel prossimo futuro fatti omogenei a quelli per
cui si procede.
Il legislatore ha inteso operare un parziale scollamento tra la gravità del fatto
contestato e la valutazione delle esigenze cautelari, che devono essere valutate
non facendo esclusivo riferimento al fatto nella sua estrinsecazione oggettiva,
circostanziale e soggettiva, ma anche ad ulteriori elementi dimostrativi del
pericolo di recidiva. Tale scelta legislativa, nella rilevazione del pericolo di
reiterazione, non elide la valenza dimostrativa della condotta in contestazione e
delle modalità con cui la stessa è stata posta in essere, ma richiede che tale

essendo plausibile che la commissione di un delitto possa essere un episodio
eccezionale e, da solo, non sintomatico di una propensione alla prosecuzione
della attività delittuosa.
Inoltre, con specifico riguardo agli attributi del pericolo di reiterazione richiesti
dalla legge, il collegio ritiene che l’attualità debba essere identificato nella
riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi
reati della stessa specie di quello per cui si procede (Cass. sez. 6, n. 28618 del
05/04/2013, Rv. 255857). Si tratta di un attributo diverso dalla “concretezza”,
seppur affine allo stesso: il pericolo è “concreto” ogni volta che si dimostri
l’esistenza di elementi non ipotetici, ma reali, dai quali si possa dedurre il
pericolo; il pericolo è “attuale” ogni volta in cui sia possibile una prognosi in
ordine alla ricaduta nel delitto che, oltre ad essere concreta (ovvero non
ipotetica), sia valutabile come “prossima” all’epoca in cui viene applicata la
misura.
Di fatto la valutazione di attualità non può che essere ancorata alla valutazione
di emergenze concrete, ovvero efficacemente dimostrative della prossimità
temporale degli eventi delittuosi prognosticati: il che genera la necessità di una
valutazione contestuale dei due attributi, che non deve tuttavia elidere la
specificità del requisito dell’attualità.
Nel caso di specie il collegio territoriale, in contrasto con le indicate linee
ermeneutiche, faceva discendere il pericolo di reiterazione esclusivamente
dalla «gravità dei fatti contestati» e dalla «portata dell’attività illecita svolta».
1.3.L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio al tribunale
di Catanzaro per nuovo esame sul punto. Poiché dalla presente decisione non
consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi
dell’articolo 94, comma 1 ter delle disposizioni di attuazione del codice di
procedura penale, che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto
penitenziario in cui l’indagato si trova ristretto, perché provveda a quanto
stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.
4

elemento non sia l’unico alla base del riconoscimento dell’esigenza cautelare,

P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari per nuovo
esame sul punto con integrale trasmissione degli atti al tribunale di Catanzaro
sezione per il riesame delle misure coercitive. Rigetta nel resto il ricorso.
Si provveda a norma dell’art. 94 comma 1 ter disp att. cod. proc. pen.

‘ tensore

Il Presidente

Così deciso in Roma, il giorno 3 dicembre 2015

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