Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50330 del 27/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 50330 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
GIORGI Alessandro, nato a San Miniato il 14/7/1964
MARTELLI Stefano, nato a Pisa il 15/9/1963
avverso l’ordinanza del 6/6/2013 del Tribunale di Como, che ha confermato il
provvedimento del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale in sede che ha
disposto il rigetto del decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice delle
indagini preliminari del Tribunale di Lucca in data 16/11/2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,
Gabriele Mazzotta, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Paola Vella, in sostituzione dell’avv. Norberto Vitali e
dell’avv. Roberto Sagripanti, che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 6/6/2013 il Tribunale di Como ha confermato il
provvedimento del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale in sede che ha
disposto il rigetto del decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice delle
indagini preliminari del Tribunale di Lucca in data 16/11/2012. Il decreto di
sequestro, emesso in relazione al “fumus” dei reati previsti dagli artt.4 r 5 del

Data Udienza: 27/11/2013

d.lgs. 10 marzo 2000, n.74, è stato disposto dall’autorità del luogo in cui la
polizia giudiziaria operò il controllo e rinvenne la somma di 70.000,00 euro
verosimilmente provento di reato agendo su disposizione dell’autorità giudiziaria
di Como che procedeva ad attività d’indagine per violazioni tributarie e riciclaggio
di denaro.
Il Tribunale del riesame ha respinto i motivi posti a sostegno dell’appello dei
sigg. Giorgi e Martelli, motivi coi quali si lamentavano: a) difetto di competenza
dell’autorità giudiziaria di Como; b) illegittimità del provvedimento del Giudice

giorno dal deposito dell’istanza di revoca; c) difetto del “fumus” di reato; d)
decorrenza del termine semestrale per il compimento delle indagini.
2. Avverso tale provvedimento i sigg. Giorgi e Martelli propongono separati
ricorsi, in sintesi lamentando quanto segue.
L’avv. Roberto Vitali nell’interesse di Alessandro Giorgi osserva:
1. Vizio motivazionale ai sensi dell’art.606, lett.e) cod.proc.pen. per illogicità
manifesta con riferimento al superamento della soglia di punibilità,
avendo il Tribunale fatto ricorso a mere ipotesi non suffragate da alcun
elemento concreto;
2. Errata applicazione di legge ai sensi dell’art.606, lett.b) cod.proc.pen. non
sussistendo elementi che consentano di ipotizzare l’acquisizione di
elementi conoscitivi presso le autorità giudiziarie elvetiche.
Gli avv. Roberto sacripanti e Irene Saba nell’interesse di Stefano Martelli
osservano:
1. Vizio motivazionale ai sensi dell’art.606, lett.e) cod.proc.pen., per
illogicità manifesta con riferimento al superamento della soglia di
punibilità, avendo il Tribunale fatto ricorso a mere ipotesi non suffragate
da alcun elemento concreto;
2. Errata applicazione di legge ai sensi dell’art.606, lett.b) cod.proc.pen. non
sussistendo elementi che consentano di ipotizzare l’acquisizione di
elementi conoscitivi presso le autorità giudiziarie elvetiche.
Con “motivi aggiunti” presentati mediante separati atti di analogo contenuto
in data 7/11/2013, i ricorrenti segnalano che la società “Savapel” da loro
amministrata ha proceduto a regolarizzare entro il 30/9/2013 i proventi
extracontabili relativi all’anno 2012 e così a regolarizzare la posizione tributaria
sia della società sia dei soci quali persona fisica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte ritiene che i motivi principali sino palesemente infondati.

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delle indagini preliminari del Tribunale di Como perché emesso oltre il quinto

2.

Quanto al primo motivo, il Tribunale ha rilevato in modo non

manifestamente illogico che le modalità con cui la somma di denaro fu
movimentata appaiono indicative di non occasionalità delle condotte e ha rilevato
che l’accertamento del superamento della soglia di punibilità sarà valutabile nel
contesto delle indagini e dei loro risultati, essendo al momento iniziale delle
attività di accertamento non illogico ritenere esistente il “fumus” dei reati per cui
si procede.
3. Quanto al secondo motivo, la Corte non riesce a comprendere come il

ogni possibilità di indagine e tale da condurre alla conclusione che non siano
acquisibili ulteriori elementi utili a valutare le condotte dei ricorrenti. In realtà, le
modalità della condotta coinvolgono attività di terze persone e sono da collocarsi
nell’ambito di indagini più articolate e complesse del solo intervento che
condusse al sequestro della somma di denaro, con la conseguenza che non vi
sono allo stato ragioni per ritenere completo e definitivo il quadro indiziario che
concerne gli odierni ricorrenti. Non vi sono, dunque, ragioni di censura della
motivazione del provvedimento impugnato.
4. Quanto al motivo aggiunto, la Corte rileva preliminarmente che si è in
presenza di censura non riconducibile ai motivi principali e fondata su elementi
sopravvenuti. Osserva, poi, che le condotte di regolarizzazione delle posizioni
tributarie sopravvenute al provvedimento di sequestro e alla decisione del
tribunale del riesame consistono in adempimenti che devono essere esaminati
con riguardo alla contestazione mossa agli indagati, verifica che compete
all’autorità giudiziaria procedente e non può essere effettuata per la prima volta
in sede di legittimità. Si tratta, infatti, di questione di fatto che esula dalle
competenze di questa Corte e che non incide sulla correttezza della motivazione
dell’ordinanza impugnata. I nuovi fatti esposti col motivo aggiunto possono
fondare una autonoma richiesta di restituzione indirizzata alla’autorità
procedente, che la valuterà alla luce del complessivo quadro indiziario e adotterà
i relativi provvedimenti, eventualmente soggetti al controllo del Tribunale e di
questa Corte.
5. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte i ricorsi devono essere
dichiarati inammissibili, con conseguente condanna dei ricorrenti, ai sensi
dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi
siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che i ricorrenti versino ciascuno la somma,

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tema dei rapporti con le autorità elvetiche possa essere definito assorbente di

determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00
alla Cassa delle ammende.

Così deciso il 27 11/2013

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