Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5033 del 21/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 5033 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PAGNONI MATTEO N. IL 13/07/1975
avverso la sentenza n. 254/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
11/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per “t« k9 Ltri,kk
Ca-A–1

Udito, per la parte civile, l’Avv

Data Udienza: 21/01/2014

Ritenuto in fatto

PAGNONI MATTEO ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, confermando quella di
primo grado, lo ha riconosciuto colpevole del reato di detenzione illecita di sostanza
stupefacente del tipo GBL (Gamma-butirrolattone) per un quantitativo di 1000 ml. [pari a

Il giudice di appello, richiamando per relationem

la decisione del primo giudice, riteneva

dimostrata la detenzione illecita sulla base del solo dato quantitativo della droga.
Sul punto, la decisione di primo grado – la cui motivazione ben può essere utilizzata perché
confermata e richiamata da quella di appello- valorizzava tale circostanza di fatto come
dimostrativa “quantomeno di una non esclusiva riferibilità ad uso personale” della sostanza
sequestrata. Tale quantitativo, del resto, era tale che avrebbe addirittura consentito un “uso
prolungato nel tempo”, “in concreto corrispondente ad alcuni anni”: circostanza che, appunto,
induceva a ritenere dimostrata la destinazione anche solo parziale allo spaccio.

Con il ricorso, articolato in due diversi, ma connessi motivi, si contesta l’affermazione di
responsabilità, evidenziando come la Corte di merito si fosse limitata a valorizzare
negativamente il solo dato quantitativo, senza però considerare il contesto complessivo della
vicenda e le circostanze dell’accertamento. In particolare, nessun rilievo veniva attribuito alle
altre circostanze valutative prese in considerazione dall’articolo 73, comma 1 bis, lettera a),
del dpr n. 309 del 1990: modalità di presentazione e altre circostanze dell’azione.

Nessun rilievo veniva attribuito al mancato rinvenimento, nell’abitazione del prevenuto, di
sostanze da taglio [diluenti], né di contenitori vuoti da utilizzare per il successivo
frazionamento, né di altri strumenti per il confezionamento della droga. Nessun rilievo, inoltre,
veniva attribuito al fatto che il PAGNONI svolgeva regolare attività lavorativa e aveva

1831 dosi: così nella sentenza di primo grado].

disponibilità patrimoniale per l’acquisto per uso solo personale.

In definitiva si contesta la mancata considerazione, oltre al dato quantitativo, delle circostanze
oggettive e soggettive tali da non consentire di dimostrare con certezza la destinazione ad un
uso non esclusivamente personale.

Considerato in diritto

Il ricorso non è fondato, pur a fronte di una decisione di secondo grado che, per vero,
presenta alcune incertezze argomentative [soprattutto in ordine alla disciplina dell’onere della
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prova], le quali, però, nel complesso, non inficiano l’affermazione di responsabilità, potendo
e dovendo valorizzarsi anche gli argomenti sviluppati dalla sentenza – conforme- di primo
grado.

Merita di essere puntualizzata la disciplina di riferimento con riferimento all’onere probatorio
della destinazione illecita della sostanza stupefacente ed alla rilevanza del parametro della
quantità ai fini della dimostrazione di tale destinazione, nella corretta lettura del disposto

E’ pacifico in proposito che, ai fini della configurabilità del reato previsto dall’articolo 73 del dpr
9 ottobre 1990 n. 309, non è la difesa a dover dimostrare l’uso personale della droga detenuta,
ma è invece l’accusa, secondo i principi generali, a dover provare la detenzione della droga per
uso diverso da quello personale. Infatti, la destinazione della sostanza allo “spaccio” è
elemento costitutivo del reato di illecita detenzione della stessa e, come tale, deve essere
provata dalla pubblica accusa, non spettando all’imputato dimostrare la destinazione all’uso
personale della sostanza stupefacente di cui sia stato trovato in possesso (Sezione VI, 10
gennaio 2013, Proc. gen. App. Catanzaro in proc. Grillo).

Così come è altrettanto pacifico che, in materia di stupefacenti, la valutazione in ordine alla
destinazione della droga va effettuata dal giudice di merito, ogni qualvolta la condotta non
appaia indicativa della immediatezza del consumo, tenendo conto di tutte le circostanze
oggettive e soggettive del fatto e, in particolare, dei parametri indicati nell’articolo 73, comma
1 bis, lettera a), del dpr 9 ottobre 1990 n. 309 (“quantità”, “modalità di presentazione”, “altre
circostanze dell’azione”), che appunto costituiscono criteri probatori idonei ad orientare la
valutazione del giudice in ordine alla dimostrazione della destinazione “ad un uso non
esclusivamente personale”, tale da integrare l’illecito penale (cfr. tra le altre, Sezione IV, 15
giugno 2010, Mennonna ed altro).

In proposito, con particolare riferimento al dato della “quantità” [qui valorizzato per la
condanna], anche di recente è stato affermato che, in tema di illeciti in materia di sostanze
stupefacenti, il superamento dei limiti massimi indicati nel decreto ministeriale cui fa
riferimento l’articolo 73, comma 1 bis, lettera a), del dpr 9 ottobre 1990 n. 309 non
costituisce una presunzione assoluta in ordine alla condotta di “spaccio” del detentore, ma
occorre valutare anche altre circostanze che siano indicative di un uso non esclusivamente
personale dello stupefacente detenuto, giacchè tale superamento non vale ad invertire l’onere
della prova – che è, come detto, a carico dell’accusa- in ordine alla destinazione della sostanza
stupefacente ad un uso non esclusivamente personale: in questa prospettiva, pur a fronte del
superamento dei limiti tabellari, il giudice deve valutare globalmente, sulla base degli ulteriori
parametri indicati nella norma, se le “modalità di presentazione” e le “altre circostanze
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dell’articolo 73, comma 1 bis, lettera a), del dpr n. 309 del 1990.

dell’azione” siano tali da escludere una finalità esclusivamente personale della detenzione
(Sezione VI, 26 ottobre 2011, Ascione).

In altri termini, il mero superamento dei limiti quantitativi stabiliti nel decreto ministeriale
non può fondare la presunzione “assoluta” della destinazione illecita, giacchè, pur in presenza
di date “quantità”, superiori ai limiti quantitativi massimi stabiliti dal decreto ministeriale,
l’ipotesi della destinazione “ad un uso non esclusivamente personale” ben può essere
smentita, ad esempio, sulla base di “altre circostanze dell’azione” (tra le quali rientrano anche

il superamento della soglia è modesto.

Il ragionamento appena fatto va peraltro meglio puntualizzato allorquando si verta in una
ipotesi di un quantitativo particolarmente importante: come, pacificamente, nel caso di specie,
a fronte di un quantitativo in grado di consentire di “preparare” più di 1800 dosi medie
singole.

Infatti, a fronte a quantitativi “di rilievo” e di molto superiori alla “soglia” indicata nel decreto
ministeriale [per il GBL, tale soglia è fissata in mg. 1200], la destinazione ad uso personale
può essere ritenuta solo quando si sia in presenza di emergenze probatorie che spieghino in
modo realmente concludente le ragioni per cui l’agente si sia indotto a detenere, per uso
personale, stupefacente che eccede i bisogni di un breve arco temporale (cfr. Sezione IV, 15
aprile 2009, Lahsoumi ed altro).

Sul punto, la tesi difensiva che vuole valorizzare l’assenza di dati obiettivi attestanti la
destinazione allo spaccio [sub specie, dell’assenza dello strumentario tipico di colui che intende
preparare singole dosi] è una opzione possibile, di per sé non illogica, cui però si contrappone
la diversa lettura sviluppate dalle [entrambe] sentenze di merito, laddove la dimensione
quantitativa della droga [che nella sentenza di primo grado è stata ritenuta bastevole per un
consumo di “alcuni annin è stata considerata assorbentemente dimostrativa di una
destinazione anche solo parziale allo spaccio. A supporto, sempre la sentenza di primo grado,
ha soffermato l’attenzione su una non dimostrata allegazione difensiva circa un preteso uso
personale per “quantitativi esageratamente superiori” ai valori della dose media singola di cui
alla tabella ministeriale allegata al dpr n. 309 del 1990.

Va del resto soggiunto, pur

trattandosi di argomento non esplicitamente trattato nelle sentenze di merito,

che le

circostanze del sequestro [avvenuto senza soluzione di continuità, a seguito della consegna del
plico inviato per posta], neutralizzano la rilevanza probatoria dell’assenza di uno strumentario
nella disponibilità dell’imputato per la “diluizione” della sostanza: strumentario che è ben
ragionevole che dovesse essere apprestato solo dopo la consegna.

l’eventuale stato di tossicodipendenza o anche solo l’uso abituale di droga), e ciò soprattutto se

Tale ricostruzione non ammette censure in sede di legittimità, non presentando delle illogicità
macroscopiche evidenti.

Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso in data 21 gennaio 2014

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