Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50326 del 10/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 50326 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
SERAFINI FEDERICO nato il 09/03/1993, avverso l’ordinanza del 23/06/2015 del
Tribunale del Riesame di Roma;
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Luigi Birritteri che ha concluso
per il rigetto;
udito il difensore avv.to Amedeo Centrone che ha concluso per l’accoglimento.
FATTO e DIRITTO
1. Con ordinanza del 23/06/2015, il Tribunale del Riesame di Roma
rigettava l’appello proposto da SERAFINI Federico contro l’ordinanza con la quale
il tribunale di Civitavecchia, in data 23/04/2015, aveva disposto la sostituzione
degli arresti domiciliari con quella della custodia cautelare in carcere ai sensi
dell’art. 276/1 ter cod. proc. pen. in quanto l’indagato era stato sorpreso fuori
dall’abitazione mentre parcheggiava il furgone che il padre aveva abbandonato
davanti all’ingresso di casa.

2. Contro la suddetta ordinanza, l’indagato, a mezzo del proprio difensore,
ha proposto ricorso per cassazione deducendo la violazione dell’art 276 cod.
proc. pen. sotto il profilo della motivazione carente ed illogica in ordine alla
lievità del fatto. Il ricorrente, inoltre, sostiene che non vi sarebbe evasione in

Data Udienza: 10/11/2015

quanto la stradina dove fu sorpreso era di proprietà della propria famiglia e,
quindi, era parte integrante dell’abitazione dove si trovava agli arresti domiciliari.

3. il ricorso è manifestamente infondato.
Risulta dall’ordinanza impugnata che il Serafini, sottoposto agli arresti
domiciliari, fu sorpreso all’esterno dell’abitazione, in due occasioni: una prima
volta, fu notato all’interno di un terreno di sua proprietà; una seconda volta, a
circa 100 mt dall’abitazione alla guida di un’autovettura.

comma 1-ter dell’art. 276 cod. proc. pen. così come di recente modificato, nel
senso che la trasgressione alle prescrizioni concernenti il divieto di allontanarsi
dal luogo di esecuzione degli arresti domiciliari determina, la revoca obbligatoria
degli arresti domiciliari, seguita dal ripristino della custodia cautelare in carcere,
salvo che il fatto sia di lieve entità: quindi, una volta che il giudice abbia
accertato la trasgressione al divieto di allontanarsi dal luogo di esecuzione degli
arresti domiciliari, il giudice ha l’obbligo di revocare gli arresti domiciliari salvo
che accerti che la trasgressione sia di lieve entità.
In ordine a quest’ultimo punto, il Tribunale ha ritenuto che «il fatto [non]
può ritenersi di lieve entità ai sensi del novellato art. 276 1 comma ter c.p.p..
attesa la pluralità delle violazioni e non potendosi trascurare

che il Serafini

nell’ultimo episodio é stato sorpreso a bordo dell’autovettura».
La motivazione è incensurabile perché il tribunale ha valutato la condotta
complessiva dell’indagato restia ad ottemperare gli obblighi impostigli, come
desumibile dal fatto che li aveva reiteratamente violati: ciò basta per ritenere
che il fatto non sia di lieve entità.
Quanto, infine, alla circostanza che il terreno dove fu notato nella prima
occasione farebbe parte integrante dell’abitazione, si tratta di una tesi difensiva
senza alcun riscontro rispetto al tenore del provvedimento restrittivo che non
può essere interpretato in modo lasco: per abitazione deve intendersi l’immobile
dove si abita e non anche le varie pertinenze (salvo diversa disposizione
contenuta nel provvedimento di applicazione degli arresti domiciliari).
D’altra parte, il tribunale ha adeguatamente confutato la tesi difensiva
osservando che «le giustificazioni addotte in entrambe le circostanze, secondo le
quali in un caso il Serafini sarebbe uscito per attendere un intervento da parte di
personale ENEL, nell’altro per parcheggiare il veicolo di famiglia, sono da un lato
prive di riscontri, se si eccettuano le dichiarazioni dei genitori, della credibilità dei
quali è lecito dubitare in considerazione del vincolo parentale che può averli
indotti a minimizzare l’accaduto, dall’altro, non incidono sulla sussistenza delle
violazione né sulla consapevolezza del Serafini di pone in essere, specie con

In punto di diritto, come ha correttamente rilevato il tribunale, si applica il

riferimento alla seconda, quando egli era stato già denunciato per l’episodio del
27 agosto».
In conclusione, non essendo ravvisabile nella motivazione addotta dal
tribunale alcun vizio motivazionale né alcuna violazione di legge, il ricorso,
meramente reiterativo della tesi difensive dedotte nel procedimento di merito, va
ritenuto inammissibile.
Alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al

valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C
1.000,00.
P.Q.M.
DICHIARA
inammissibile il ricorso e
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in
favore della Cassa delle Ammende.
Si provveda a norma dell’art. 94/1 ter disp. att. cod. proc. pen.
Roma 10/11/2015
IL PRESIDENTE

IL CONSIGLIE E EST.
(Dott. G. Ra q)

versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e

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