Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50301 del 10/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 50301 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
1. VARRIALE SALVATORE nato il 22/04/1965;
2. VARRIALE GIACINTO nato il 18/12/1968;
avverso la sentenza del 18/04/2014 della Corte di Appello di Napoli;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Luigi Birritteri che ha concluso
per il rigetto;
udito il difensore avv.to Enrico Guidone che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso
FATTO
1. Con sentenza del 18/04/2014, la Corte di Appello di Napoli, in riforma
della sentenza pronunciata dal tribunale della medesima città in data
16/10/2013, riteneva VARRIALE Salvatore colpevole dei reati di violenza privata
(e non di rapina, così come ritenuto dal Tribunale) e lesioni a danno di Zanni
Vincenzo e VARRIALE Giacinto colpevole del solo reato di lesioni.
La Corte, quanto al Varriale Salvatore, riteneva che la condotta di costui
era consistita nello strappare «dalle mani dello Zinno il libretto su cui la parte
lesa stava annotando qualcosa ritenendo erroneamente che si trattasse
dell’annotazione del numero di targa al fine dell’elevazione di una
contravvenzione per divieto di sosta, laddove trattavasi dell’annotazione da parte
dello Zinno controllore dell’ANM delle violazioni riscontrate in materia di titolo di

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Data Udienza: 10/11/2015

viaggio»: il Varriale aveva reagito con le suddette modalità quando lo Zinno si
era rifiutato di rivelare il contenuto del libretto.
Quanto al Varriale Giancinto, la Corte lo ha ritenuto responsabile delle sole
lesioni «stante il riconoscimento da parte dello Zinno e la sua stessa ammissione
che dopo il suo intervento “erano volati degli schiaffi”».

2. Contro la suddetta sentenza, entrambi gli imputati, a mezzo del comune

3. VARRIALE Salvatore ha dedotto:
3.1. LA VIOLAZIONE DELL’ART. 393 COD. PEN. in quanto la fattispecie rientrava in
una chiara ipotesi di esercizio putativo del diritto di accesso riconosciuto e
garantito dall’art. 22 della L. 41/1990: il Varriale, infatti, riteneva di esercitare il
proprio diritto a conoscere dell’esistenza di un verbale di contravvenzione a suo
carico per oblarlo subito risparmiando le spese di notifica o, all’opposto, per
poterlo tempestivamente e celermente impugnare innanzi al Giudice di Pace;
3.2. LA VIOLAZIONE DELL’ART. 84 COD. PEN. per non avere ritenuto assorbito le
lesioni nel delitto di cui all’art. 610 o in quello di cui all’art. 393 cod. pen.;
3.3. LA VIOLAZIONE DELL’ART. 69 COD. PEN. per non avere la Corte, pur dopo

avere ritenuto l’equivalenza tra l’aggravante di cui all’art. 610/2 e l’attenuante di
cui all’art. 62 n° 6 cod. pen., indicato quale fosse stato l’effetto concreto sulla
pena irrogata.

4. VARRIALE Giacinto ha dedotto:
4.1. LA VIOLAZIONE DELL’ART. 603 COD. PROC. PEN.

per non avere la Corte

ammesso le prove richieste e, quindi, disposto la riapertura del dibattimento;
4.2. LA VIOLAZIONE DELL’ART. 606 LETT. E) COD. PROC. PEN.

per avere ritenuto

che lo Zinni avesse riconosciuto l’imputato come uno degli aggressori, laddove
ciò non rispondeva a verità e perché la frase riferita dal Varriale era generica.
DIRITTO
1. VARRIALE Salvatore
1.1. LA VIOLAZIONE DELL’ART. 393 COD. PEN.: la doglianza è infondata.
L’elemento materiale dell’art. 393 cod. pen. è costituito dalla possibilità di
ricorrere al giudice al fine di esercitare un preteso diritto.
Ora, stando all’incontestata ricostruzione dei fatti, pur a voler ammettere
che l’imputato avesse il cd. diritto di accesso ex art. 22 L. 241/1990, sta di fatto
che esercitò quel diritto quando ancora non esisteva alcun verbale né documento

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difensore, hanno proposto separati ricorsi per cassazione.

amministrativo in quanto reagì mentre lo Zinni, che stava ancora scrivendo, si
rifiutò di dirgli cosa stesse verbalizzando.
Correttamente, quindi,la Corte ha qualificato il fatto (strappare di mano allo
Zínni il libretto su cui stava annotando qualcosa) come violenza privata
finalizzata, appunto, ad evitare che lo Zinni continuasse nell’annotazione e non
certo «per conoscere dell’esistenza di un verbale di contravvenzione a suo carico
per oblarlo subito risparmiando le spese di notifica o, all’opposto, per poterlo

1.2. LA VIOLAZIONE DELL’ART. 84 COD. PEN.: la censura è infondata in quanto la
violenza resta assorbita solo quando è fisiologica al compimento del reato e non
trasmodi integrando un autonomo reato di lesioni.

1.3. LA VIOLAZIONE DELL’ART. 69 COD. PEN.: la censura, nei termini in cui è
stata dedotta, è infondata.
In primo grado, il Variale fu ritenuto colpevole del reato di rapina e fu
condannato, previa concessione delle attenuanti generiche alle aggravanti
contestate, alla pena di anni due, mesi due di reclusione ed C 600,00 di multa.
In grado di appello, il reato di rapina fu derubricato in violenza privata ed
al Varriale fu riconosciuta anche l’attenuante di cui all’art. 62 n° 6 cod. pen. La
Corte, peraltro, non ritenne di modificare il giudizio di equivalenza «non avendo
fornito la difesa alcuna motivazione idonea a giustificare la richiesta di
prevalenza».
In questo grado, il ricorrente ha dedotto la doglianza illustrata che, però,
va disattesa sotto un duplice profilo.
Innanzitutto, perché è generica rispetto alla motivazione addotta dalla
Corte non avendo il ricorrente illustrato le ragioni per cui la suddetta motivazione
sarebbe affetta da vizi motivazionali o da violazioni di legge.
In secondo luogo, perché, la decisione della Corte è del tutto in linea con la
giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo la quale «Il giudice di
appello, dopo aver escluso una circostanza aggravante o riconosciuto un’ulteriore
circostanza attenuante in accoglimento dei motivi proposti dall’imputato, può,
senza incorrere nel divieto di “reformatio in peius”, confermare la pena applicata
in primo grado, ribadendo il giudizio di equivalenza tra le circostanze, purchè
questo sia accompagnato da adeguata motivazione» (SSUU 33752/2013 Rv.
255660): il che è quanto è avvenuto nella presente fattispecie in cui la Corte, ha
appunto, spiegato, in modo congruo e, quindi, incensurabile, le ragioni per le
quali non riteneva di modificare il giudizio di equivalenza effettuato dal primo
giudice.

tempestivamente e celermente impugnare innanzi al Giudice di Pace».

2. VARRIALE Giacinto
Il ricorso proposto da costui è fondato per le ragioni di seguito indicate.
Il Tribunale ritenne la colpevolezza del ricorrente, in pratica, sulla base del
riconoscimento effettuato dalla parte offesa (cfr pag. 5 sentenza di primo grado).
Sennonché l’imputato, sul punto, dedusse un ampio ed articolato motivo di
gravame con il quale, da una parte, contestava l’affermazione del Tribunale e,

in esame elementi favorevoli (cfr pag. 3 ss dell’atto di appello).
La Corte territoriale, pur a fronte del suddetto gravame, si è limitata a
ribadire la colpevolezza dell’imputato in modo tralaticio senza dare una risposta
attenta, puntuale e specifica alle doglianze del ricorrente: il che integra gli
estremi del vizio di motivazione sotto il profilo della mancanza di motivazione al
quale dovrà porre rimedio la Corte in sede di rinvio.
L’ulteriore motivo in ordine alla violazione dell’art. 603 cod. proc. pen.,
resta assorbito nel senso che sarà la Corte territoriale, nella sua discrezionalità,
a valutare se ed in che termini rinnovare l’istruttoria dibattimentale.

P.Q.M.
ANNULLA
La sentenza impugnata nei confronti di Varriale Giacinto con rinvio ad altra
sezione della Corte di Appello di Napoli per il nuovo giudizio
RIGETTA
il ricorso di Varriale Salvatore che condanna al pagamento delle spese
processuali.
Roma 10/11/2015
IL PRESIDENTE
(Dott. Franco Fiandanese)
IL CONSIGLIERE EST.
(Dott. G. Ragb

dall’altra, lamentava la circostanza che il tribunale aveva trascurato di prendere

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