Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50298 del 10/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 50298 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
1. CEPARANO LUIGI nato il 25/11/1964;
2. CEPARANO ANTIMO nato il 07/04/1989;
avverso la sentenza del 04/10/2013 della Corte di Appello di Napoli;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Luigi Birritteri che ha concluso
per il rigetto;
FATTO
1. Con sentenza del 04/10/2013, la Corte di Appello di Napoli confermava
la sentenza pronunciata in data 20/11/2012 dal giudice dell’udienza preliminare
del Tribunale della medesima città nella parte in cui aveva ritenuto CEPARANO
Luigi e CEPARANO Antimo colpevoli del delitto di tentata estorsione a danno di
Russo Pietro.

2. Contro la suddetta sentenza, entrambi gli imputati, con separati ricorsi a
mezzo dei rispettivi difensori, hanno proposto ricorso per cassazione.

3. CEPARANO Antimo, ha dedotto:
3.1. VIOLAZIONE DELL’ART. 606 LETT. E) COD. PROC. PEN.: la difesa, dopo avere
riportato un brano della sentenza impugnata (pag. 7) nel quale la Corte indicava
come elemento a carico dell’imputato le dichiarazioni del teste Russo Nicola,

Data Udienza: 10/11/2015

rileva che il suddetto Russo Nicola era una persona non identificabile. In realtà,
la Corte aveva voluto riferirsi a Russo Pietro, ossia la parte offesa. Ma, in tal
caso, le dichiarazioni «risulterebbero smentite per tabulas, svuotando di ogni
contenuto l’apparato motivazionale, poiché strutturato su una qualità del
propalante (quella di teste e non di soggetto indagato in reato connesso)
smentita dagli atti processuali e, perciò, mancante dei pur necessari riferimenti
ai criteri di valutazione della prova sanciti dall’art. 192/3-4 cod. proc. pen.».
3.2. QUALIFICAZIONE GIURIDICA DEL FATTO:

ad avviso del ricorrente la Corte

arbitrario delle proprie ragioni o come minaccia, pur sussistendone i presupposti
giuridici e fattuali.
3.3. VIOLAZIONE DELL’ART. 62 BIS COD. PEN.: la difesa lamenta la mancata
concessione delle chieste attenuanti generiche, sostenendo che la Corte, sul
punto, aveva motivato in modo carente nonostante la richiesta fosse stata
ampiamente illustrata;
3.4. VIOLAZIONE DELL’ART. 53 ss L. 689/1981 per avere la Corte omesso la
motivazione in ordine alla richiesta di sostituire la pena detentiva con la
corrispondente sanzione sostitutiva;

4. CEPARANO Luigi ha dedotto:
4.1. VIOLAZIONE DELL’ART. 606 LETT. E) COD. PROC. PEN.: la difesa ha contestato
che le varie missive avessero un contenuto minatorio così come ritenuto dalla
Corte territoriale. La difesa, infatti, sostiene che la Corte si era limitata ad
esprimere un giudizio globale delle suddette missive senza effettuare un esame
analitico delle medesime che avrebbe consentito per lo meno di attenuare la
gravità del fatto in contestazione con effetti positivi sul trattamento
sanzionatorio: la motivazione, quindi, sarebbe apparente e pertanto censurabile.
In secondo luogo, anche Ceparano Luigi, ha dedotto la medesima doglianza
dedotta da Ceparano Antimo ed illustrata supra al § 3.1.;
4.2. QUALIFICAZIONE GIURIDICA DEL FA -170: si tratta della medesima doglianza
dedotta da Ceparano Antimo ed illustrata supra al § 3.2.;
4.3. VIOLAZIONE DELL’ART. 62 BIS COD. PEN.: si tratta della medesima doglianza
dedotta da Ceparano Antimo ed illustrata supra al § 3.3.
DIRITTO
1. CEPARANO Antinno
1.1.

VIOLAZIONE DELL’ART.

606 LETT. E) COD. PROC. PEN.:

manifestamente infondata.

2

la censura è

territoriale erroneamente non avrebbe qualificato il fatto o come esercizio

La difesa, fonda tutta la sua doglianza su un banale refuso dipeso dal fatto
che essendo due i Russo (Pietro e Nunzio), la Corte ha scritto un nome (Nicola)
che, in effetti, non corrisponde ad alcuno dei personaggi coinvolti nella vicenda
processuale.
Il procedimento penale in esame, trae la sua origine dal seguente
antefatto: «Ceparano Luigi e Leucosio Patrizia venivano tratti in arresto per
concorso in detenzione di sostanze stupefacenti e condannati per tale ipotesi
delittuosa. Il loro arresto era stato scaturito da dichiarazioni rese da Russo Pietro

detenzione del Ceparano, aveva cominciato a subire una serie di azioni
intimidatorie da parte dell’imputato poste In essere a mezzo di missive con le
quali l’imputato avanzava istanze di danaro nei confronti del Russo in quanto
responsabile del suo stato di detenzione oltre che della perdita di una somma di
denaro di cui il Ceparano lamentava l’ingiusto sequestro di cui chiedeva la
restituzione al Russo che minacciava, in caso contrario, di coinvolgerlo nella sua
condizione attraverso dichiarazioni da fare lui all’autorità giudiziaria e ciò in
quanto a conoscenza di molti reati posti in essere dal Russo anche con esponenti
delle forze di polizia. Diverse sono state le missive di contenuto sostanzialmente
analogo indirizzate dal Ceparano il cui contenuto è stato riportato singolarmente
ed in maniera analitica nella sentenza impugnata cui si rinvia per una integrale
lettura ed acquisite agli atti in quanto consegnate all’Autorità Giudiziaria dalla
stessa parte lesa. In aggiunta alle missive, inoltre, il Ceparano faceva pervenire
anche un messaggio verbale a mezzo del figlio Ceparano Antimo il quale, su
indicazioni del padre, si portava presso il distributore di benzina Russo Nunzio,
amico comune ad entrambi, al quale rivolgeva ulteriori richieste con le medesime
minacce, da far pervenire alla parte lesa e ciò in quanto Russo Nicola era
conoscenza comune» (pag. 4-5 della sentenza impugnata).
Successivamente, a pag. 7, la Corte, nell’esaminare nello specifico la
posizione del Ceparano Antimo, così scrive: «Assolutamente certo è il suo
coinvolgimento nell’azione posta in essere dal genitore. La prova della sua
partecipazione, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, emerge
chiaramente dalle dichiarazioni di Russo Nicola ampiamente riportate nella
sentenza in atti. Costui, soggetto estraneo alla vicenda in rapporto alla quale
riveste la qualità di teste e le cui dichiarazioni possono essere validamente
utilizzate come unico elemento probatorio, ha riferito della visita ricevuta da
Ceparano Antimo il quale lo intimava di riferire al proprio congiunto di
consegnare i soldi che gli erano stati chiesti dal proprio genitore. In ogni caso,
circostanza di cui dà atto la stessa difesa nell’atto di gravame, vi sono
registrazioni dei colloqui avvenuti tra í due imputati durante i quali Luigi dà
3

il quale, a seguito di queste affermazione e contestualmente all’inizio della

incarico ad Antimo di recarsi presso il distributore dei Russo, circostanza che
riscontra il dato della visita ed il contenuto della dichiarazione di Russo Nicola (su
tali profili si richiama la ampia motivazione della sentenza gravata). Certa,
quindi, è la partecipazione al fatto anche di Ceparano Antimo anche se
circoscritta e limitata ad un solo frammento di un’azione che si é articolata in
una pluralità di azioni tutte finalizzate ad ottenere un unico fine che, peraltro,
non si è neanche raggiunto».
Questi essendo i fatti, non vi è alcun dubbio che quando la Corte parla di

del tutto indifferente le cui dichiarazioni, quindi, sono state correttamente
utilizzate.

1.2. QUALIFICAZIONE GIURIDICA DEL FA-M): manifestamente infondata è anche
la suddetta doglianza, non comprendendosi sotto quale profilo l’imputato
(rectius: il padre) avrebbe avuto la legittimazione ad adire l’autorità giudiziaria
per ottenere il pagamento di una somma non si sa a quale titolo.
Correttamente, pertanto, la Corte (pag. 6) ha disatteso la richiesta di
derubricazione del fatto in esercizio arbitrario delle proprie ragioni o in quello di
cui all’art. 612 cod. pen. e ciò perché quest’ultima norma «prescinde
integralmente dall’esistenza del danno patrimoniale che, invero, certamente si
rinviene nel caso di specie».

1.3. TRATTAMENTO SANZIONATORIO: la censura è parzialmente fondata.
La Corte ha motivato la reiezione delle attenuanti generiche,
stigmatizzando la negativa personalità dell’imputato: si tratta di un giudizio di
merito (adeguatamente riscontrato sul piano fattuale: sul punto, la Corte ha
dichiarato di condividere il giudizio negativo del primo giudice) che, quindi, in
quanto espressione della discrezionalità di cui gode il giudice di merito, si sottrae
ad ogni censura in questa sede di legittimità.
A diversa conclusione, invece, deve pervenirsi in ordine alla chiesta
sostituzione della pena in quanto, nonostante un puntuale motivo di gravame, la
Corte, in pratica, nulla ha risposto incorrendo, quindi, nel vizio di motivazione
omessa.
Conseguentemente, la sentenza, sul punto, va annullata e nel nuovo
giudizio la Corte provvederà a colmare la suddetta lacuna motivazionale.

2. CEPARANO Luigi
2.1. VIOLAZIONE DELL’ART. 606 LETT. E) COD. PROC. PEN.: la censura, nei termini
in cui è stata dedotta è manifestamente infondata.
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Russo Nicola si riferisce,~~9, a Russo Nunzio ossia ad un teste

E’ vero che la Corte ha effettuato un giudizio globale sulle missive
(rinviando per la lettura alla sentenza di primo grado dove sono riportate
analiticamente), ritenendole estorsive.
Ma, non si comprende per quale ragione la motivazione dovrebbe essere
apparente né perché la Corte avrebbe dovuto prenderle in esame una per una.
Infatti, la Corte, attraverso il motivato rinvio alla lettura della sentenza di
primo grado, ha dimostrato, da una parte, di avere esaminato il suddetto
elemento probatorio a carico del ricorrente e, dall’altro, di non averlo ritenuto

ricalcolando la pena, ha stigmatizzato “l’intensità del dolo manifestato da
Ceparano Luigi” negandogli le attenuanti generiche.
Sul refuso relativo al Russo Nicola, invece Russo Nunzio, si è già detto.

2.2.

QUALIFICAZIONE GIURIDICA DEL FATTO:

in merito alla suddetta doglianza

non resta che rinviare a quanto si è già detto supra al § 1.2.

2.3.

VIOLAZIONE DELL’ART.

62

BIS COD. PEN.:

la motivazione addotta dalla Corte

(condivisione delle ragioni indicate dal primo giudice e l’intensità del dolo) deve
ritenersi incensurabile essendo stato esercitato correttamente il potere
riconosciuto dalla legge al giudice di merito.

3. In conclusione, l’impugnazione del solo Ceparano Luigi deve ritenersi
inammissibile a norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla
relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in
favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili
di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in € 1.000,00.
P.Q.M.
DICHIARA
inammissibile il ricorso di Ceparano Luigi che condanna al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende;
ANNULLA
la sentenza impugnata nei confronti di Ceparano Antimo limitatamente
all’omessa motivazione sulla richiesta di sanzione sostitutiva e rinvia ad altra
sezione della Corte di Appello di Napoli
RIGETTA
nel resto
Roma 10/11/2015

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idoneo ad influire positivamente sul trattamento sanzionatorio, tant’è che, pur

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