Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50297 del 29/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50297 Anno 2013
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
AGHILAR GIOVANNI N. IL 22/10/1977
avverso la sentenza n. 2713/2009 CORTE APPELLO di BARI, del
18/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAURIZIO
BARBARISI;

Data Udienza: 29/10/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Settima Sezione penale

Osserva
1. — Con sentenza emessa in data 18 giugno 2012, la Corte di Appello di Bari
confermava la sentenza del Tribunale di Foggia in data 2 dicembre 2008 che aveva
condannato Aghilar Giovanni per il reato di cui all’art. 9 secondo comma L. 1423/56
alla pena di anni uno e mesi due di reclusione.
2. — Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto

violazione di legge e vizi motivazionali.
3. — Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
3.1 — In ordine al primo motivo di doglianza (carenza di motivazione in ordine
alla episodicità dell’incontro del prefato con un pregiudicato) si osserva che è giurisprudenza consolidata di questa Corte ritenere che il legislatore, a prescindere alla
scelta dell’uso della congiunzione ‘e’ all’art. 5 della L. 1423/56 nella frase non assodarsi abitualmente alle persone che hanno subito condanne e sono sottoposte a
misure di prevenzione/ ha voluto in realtà riferirsi alt nozione di pericolosità sociale
che qualifica la materia delle misure di prevenzione / quindi tipizzare le categorie di
persone cui è interdetta la frequentazione ai soggetti sottoposti alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale che possono essere i pregiudicati, le persone
sottoposte a misure di prevenzione e le persone sottoposte a misure di sicurezza e
cioè le categorie che, sia pure in base a diversi presupposti, sono connotate nel nostro ordinamento giuridico dal comune denominatore della pericolosità sociale.
Anche con riferimento alla espressione associarsi abitualmente contenuta nel
comma terzo del citato art. 5, la giurisprudenza consolidata di questa Corte ha escluso che debba essere intesa nel senso letterale che normalmente ha nella legislazione penale, con il richiamo a profili di comunanza di vita e di interessi, ritenendo invece che debba essere riferita esclusivamente alla nozione di pericolosità sociale che informa la materia delle misure di prevenzione cosicché non è richiesta la
assidua e costante relazione personale, essendo invece sufficiente la frequentazione, anche solo in caso di due soli intrattenimenti, onde essere assunta a sintomo di
abitualità di questo comportamento (Cass. n. 5987 del 2000, rv. 16015; Cass. n.
11572 del 1997, rv.209139).

Udienza in camera di consiglio: 29 ottobre 2013 — Aghilar Giovanni — RG: 4579/13, RU: 148;

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tempestivo ricorso per cassazione Aghilar Giovanni chiedendone l’annullamento per

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Settima Sezione penale

3.2 — Parimenti inammissibile è il secondo motivo di gravame in relazione all’omessa motivazione in ordine alla richiesta di riapertura del dibattimento.
Va osservato che la completezza e la piena affidabilità logica dei risultati del ragionamento probatorio seguito dalla Corte territoriale giustificano la decisione contraria alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale sul rilievo che, nel giudizio di
appello, essa costituisce un istituto eccezionale fondato sulla presunzione che l’in-

grado, sicché il potere del giudice di disporre la rinnovazione è subordinato alla rigorosa condizione che egli ritenga, contro la predetta presunzione, di non essere in
grado di decidere allo stato degli atti (Cass., Sez. Un., 24 gennaio 1996, Panigoni;
Sez. 1, 11 novembre 1999, Puccinelli e altro). Atteso che l’esercizio di un simile potere è affidato al prudente apprezzamento del giudice di appello restando incensurabile nel giudizio di legittimità se adeguatamente motivato (Sez. 3, 29 luglio 1993,
n. 7908, Giuffida, rv. 194487; Sez. 1, 15 aprile 1993, Ceraso) deve sottolinearsi
che la motivazione della sentenza impugnata dà conto, in modo inequivoco, delle
ragioni per le quali non è stata accolta la richiesta di rinnovazione parziale, essendo
stato ritenuto che gli elementi probatori disponibili risultavano completi e concludenti per la formazione del convincimento del giudice di secondo grado (Cass., Sez.
1, 19 marzo 2008, n. 17309, Calisti). Ed è altresì consolidato principio di questa
Corte ritenere, che la mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nel giudizio d’appello può costituire violazione dell’art. 606, comma primo, lett. d), cod.
proc. pen. solo nel caso di prove sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di primo grado (art. 603, comma secondo, cod. proc. pen.) (Cass., Sez. 5, 8 maggio
2008, n. 34643, P.G. e De Carlo e altri, rv. 240995) mentre l’error in procedendo è
rilevante ex art. 606, comma primo, lett. d), cod. proc. pen., e configurabile soltanto quando la prova richiesta e non ammessa, confrontata con le motivazioni addotte a sostegno della sentenza impugnata, risulti decisiva, cioè tale che, se esperita,
avrebbe potuto determinare una decisione diversa; la valutazione in ordine alla decisività della prova deve essere compiuta accertando se i fatti indicati dalla parte
nella relativa richiesta fossero tali da poter inficiare le argomentazioni poste a base
del convincimento del giudice di merito (ex plurimis, Cass., Sez. 4, 14 marzo 2008,
n. 23505, Di Dio, rv. 240839).
3.3. — Tanto premesso, deve osservarsi che l’argomentazione espressa dal giudice in relazione alla negatoria della prova si profila sufficiente e congrua per il richiamo al contesto di prova raccolto e alla motivazione di non necessarietà della ri-

Udienza in camera di consiglio: 29 ottobre 2013 — Aghilar Giovanni — RG: 4579/13, RU: 148;

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dagine istruttoria sia stata esauriente con le acquisizioni del dibattimento di primo

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Settima Sezione penale

chiesta integrazione probatoria. È stato posto in particolare l’accento, ancorché in
modo stringato, ma non per questo meno esauriente (sul punto cfr. Sez. 4, 2 dicembre 2009, Sergio e altri, n. 47095, rv. 245996, che esprime il principio di diritto
condiviso da questo Collegio secondo cui il provvedimento di rigetto della richiesta
di rinnovazione istruttoria in appello può essere motivato anche implicitamente in
presenza di un quadro probatorio definito, certo e non bisognevole di approfondimenti indispensabili), non solo sul fatto che la prova addotta non costituisse di per

alla decisione del giudice di prime cure, bensì appartenente al contesto probatorio
già in qualche modo oggetto della sua valutazione, ma anche che non fosse decisiva, giusta la sua superfluità, nel senso che un il suo accoglimento non avrebbe sortito alcun concreto progresso nell’accertamento della verità stante anche la doverosa ottemperanza, in carenza di una effettiva esigenza accertativa, del cogente principio della ragionevole durata del processo la cui elaborazione giurisprudenziale da
parte della Corte di Strasburgo, nell’interpretazione dell’art. 6 della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ha condotto al riconoscimento nel nostro ordinamento del relativo principio con la riforma costituzionale del
1999.
3.3.1 — Inammissibile è inoltre l’eccezione di nullità della sentenza gravata in
considerazione di un ‘evidente difetto di notificazione dell’avviso di fissazione della
sentenza’. A parte l’incomprensibilità della eccezione in sé, deve rilevarsi che, qualora il riferimento sia alla mancata citazione in appello dell’Aghilar, alcun rilievo
tempestivo è stato avanzato dal difensore nel secondo giudizio.
3.3.2 — Da ritenersi infine inammissibile è l’eccezione prescrizionale, atteso che
il reato contestato al prefato ha natura di delitto e non di contravvenzione come si
evidenzia in gravame sicché, tenuto conto del periodo sospensivo dei termini venutosi a formare durante il periodo della cognizione, il termine scade dopo la pronuncia di questa sentenza.
4. — Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
(Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in C 1.000,00
(mille), ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

Udienza in camera di consiglio: 29 ottobre 2013 — Aghilar Giovanni — RG: 4579/13, RU: 148;

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sé un novum, non trattandosi di prova sopravvenuta o scoperta successivamente

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Settima Sezione penale

per questi motivi
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di C 1.000,00 (mille) in favore della
Cassa delle Ammende.

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Il Presidente

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Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 29 ottobre 2013

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