Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50297 del 10/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 50297 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
1. CARINI VIRNA nata il 22/03/1965;
2. CARINI ADRIANA nata il 22/03 ‘965;
avverso la sentenza del 03/10/2013 della Corte di Appello di Bologna;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Luigi Birritteri che ha concluso
per l’inammissibilità;
FATTO e DIRITTO
1. Con sentenza del 03/10/2013, la Corte di Appello di Bologna confermava
la sentenza con la quale, in data 31/10/2008, il Tribunale di Parma aveva
ritenuto CARINI Virna e CARINI Adriana colpevoli del delitto di estorsione a
danno di Martinelli Claudio.

2. Contro la suddetta sentenza, entrambe le imputate, a mezzo del comune
difensore, hanno proposto un unico ricorso per cassazione deducendo la
violazione dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. in quanto: a) la ricostruzione dei
fatti così come effettuata dalla Corte di Appello sarebbe manifestamente illogica
nella parte in cui aveva ritenuto attendibile la parte offesa; b) la Corte avrebbe
ignorato le emergenze processuali che conclamavano la fondatezza della tesi
difensiva secondo la quale il denaro versato dalla parte offesa era dovuto per
l’attività paraterapeutica svolta dalle imputate che, quindi, si erano

Data Udienza: 10/11/2015

arbitrariamente fatto ragione da sé medesime, non intendendo il Martinelli
riconoscere quanto dovuto.

3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Dalla semplice lettura della sentenza impugnata, si evince agevolmente che
le ricorrenti, in questa sede, hanno riproposto, negli stessi identici termini, la
medesima tematica di fatto dedotta davanti alla Corte territoriale.
Al che deve replicarsi che le suddette censure vanno ritenute null’altro che

valutazione di quegli elementi fattuali già ampiamente presi in esame dalla Corte
di merito la quale, con motivazione logica, priva di aporie e del tutto coerente
con gli indicati elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi difensiva.
Pertanto, non essendo evidenziabile alcuna delle pretese incongruità,
carenze o contraddittorietà motivazionali dedotte dal ricorrente, le censure,
essendo incentrate tutta su una nuova rivalutazione di elementi fattuali e,
quindi, di mero merito, vanno dichiarata inammissibile.
In altri termini, le censure devono ritenersi manifestamente infondate in
quanto la ricostruzione effettuata dalla Corte e la decisione alla quale è
pervenuta deve ritenersi compatibile con il senso comune e con «i limiti di una

plausibile opinabilità di apprezzamento»:

infatti, nel momento del controllo di

legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito
proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve
condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa
giustificazione sia compatibile con il senso comune Cass. n. 47891/2004 rv
230568; Cass. 1004/1999 rv 215745; Cass. 2436/1993 rv 196955.
Sul punto va, infatti ribadito che l’illogicità della motivazione, come vizio
denunciabile, dev’essere percepibile ictu ocuii, dovendo il sindacato di legittimità
essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime
incongruenze: ex plurimis SSUU 24/1999.
Alla declaratoria d’inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616
c.p.p., la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché
al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e
valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C
1.000,00 ciascuno.
P.Q.M.
DICHIARA
inammissibile il ricorso e
CONDANNA

2

un modo surrettizio di introdurre, in questa sede di legittimità, una nuova

le ricorrent al pagamento delle spese processuali e ciascuna della somma di €
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Roma 10/11/2015

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