Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50294 del 10/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 50294 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
1. FREGNAN CARLO nato il 04/02/1962;
2.

MARDAR OLGA nato il 25/06/1978;

avverso la sentenza del 09/10/2013 della Corte di Appello di Venezia;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Luigi Birritteri che ha concluso
per il rigetto;
udito il difensore avv.to Pietro Asta, in sostituzione dell’avv.ta Michela Marangon
per entrambi gli imputati che ha concluso per l’accoglimento dei ricorsi.
FATTO
1. Con sentenza del 09/10/2013, la Corte di Appello di Venezia confermava
la sentenza pronunciata in data 13/07/2007 dal tribunale della medesima città
nella parte in cui aveva ritenuto FREGNAN Carlo e MARDAR Olga colpevoli del
delitto di rapina – in concorso con altra persona rimasta ignota – a danno di
Trifan Elena.

2. Contro la suddetta sentenza, entrambi gli imputati hanno proposto
separati ricorsi per cassazione.

3. MARDAR Olga, a mezzo del proprio difensore, ha dedotto:

1

Data Udienza: 10/11/2015

3.1. VIOLAZIONE DELL’ART. 628/3 N ° 1 COD. PEN. per avere ritenuto la Corte la
sussistenza dell’aggravante delle più persone riunite nonostante non vi fosse
alcuna prova;
3.2. VIOLAZIONE DELL’ART. 163 COD. PEN.

per non avere la Corte concesso i

doppi benefici di legge;
3.3. VIOLAZIONE DELL’ART. 192 COD. PROC. PEN.

per avere la Corte ritenuto la

responsabilità dell’imputata nonostante non vi fosse la prova certa della sua
partecipazione alla rapina e, comunque, perché il fatto era stato commesso

4. FREGNA Carlo, in proprio, ha dedotto gli stessi identici motivi dedotti
dalla Mardar.
DIRITTO
1.

VIOLAZIONE DELL’ART. 192 COD. PROC. PEN.:

con la suddetta doglianza,

entrambi gli imputati contestano la loro partecipazione al reato.
Al che deve replicarsi che la sentenza, sul punto, è inequivoca e la
motivazione, basata su precisi elementi oggettivi, non si presta ad alcuna
censura.
I motivi di ricorsi dedotti in questa sede da entrambi i ricorrenti, sono
perfettamente identici a quelli dei motivi di appello confutati dalla Corte
territoriale con motivazione congrua ed aderente agli evidenziati elementi
fattuali: in particolare, del tutto corretta deve ritenersi la motivazione addotta
dalla Corte in ordine alla sussistenza del dolo (cfr pag. 3 motivazione).
Di conseguenza, le censure essendo rivolte, in modo surrettizio, ad
ottenere una nuova valutazione degli stessi elementi fattuali già ampiamente
presi in esame da entrambi i giudici di merito, vanno ritenute inammissibili.

2. VIOLAZIONE DELL’ART. 628/3 N ° 1 COD. PEN.: la doglianza è manifestamente

infondata sotto un duplice profilo: a) in punto di fatto, perché è pacifico che la
rapina fu commessa, oltre che dai due imputati ricorrenti, anche da un terzo
soggetto rimasto sconosciuto; b) perché, a tutto concedere, e cioè anche a voler
ritenere che la rapina fu commessa solo dai due attuali imputati, l’aggravante
sarebbe comunque sussistente in quanto per la sua configurabilità è sufficiente
che a commettere la rapina siano state due persone

(ex plurimis Cass.

15416/2008 Rv. 240011).

3.

Quanto alla mancata concessione dei doppi benefici di legge (da

intendersi, in mancanza di alcuna specificazione, come sospensione condizionale
2

senza il dolo della rapina.

della pena e non menzione nel casellario giudiziario), va osservato che non ne
sussistono i presupposti essendo stati i ricorrenti condannati alla pena di anni tre
di reclusione ed C 600,00 di multa.
Infine, va rilevato che entrambi i ricorrenti hanno chiesto la riduzione del
danno liquidato a favore della costituita p.c. ma si tratta di domanda proposta
per la prima volta in cassazione in quanto nella sentenza impugnata si dà atto
che gli imputati non aveva svolto censure in ordine alla liquidazione del danno
effettuata dal primo giudice: la richiesta, è, pertanto, inammissibile.

c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e
valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C
1.000,00 ciascuno.
P.Q.M.
DICHIARA
inammissibili i ricorsi e
CONDANNA
i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di C
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Roma 10/11/2015
IL PRESIDENTE
ott. Franco Fiandanese)

Alla declaratoria d’inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616

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