Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50282 del 25/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 50282 Anno 2015
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: TRONCI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BARNATO GIUSEPPE N. IL 18/02/1943 parte offesa nel
procedimento
c/
POLO MAURO (DECEDUTO) N. IL 03/06/1947
avverso il decreto n. 2275/2013 GIP TRIBUNALE di IMPERIA, del
04/02/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA TRONCI;
lette/~ le conclusioni del PG D.
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 25/11/2015

R.G.C.C. n. 27481/15

Corte Suprema di Cassazione

CONSIDERATO IN FATTO

1.

Con decreto in data 04.02.2014, il g.i.p. presso il Tribunale di Imperia, su

conforme richiesta del p.m., disponeva l’archiviazione, per infondatezza della notizia di
reato quanto alla sussistenza del necessario elemento soggettivo, del procedimento penale
scaturito dalla denuncia per calunnia promossa da BARNATO Giuseppe nei confronti di

BARNATO medesimo, relativo alla denuncia per diffamazione sporta dal succitato ing.
POLO il 09.10.2009, sulla scorta della pretesa falsità del disconoscimento, operato dal
detto BARNATO, della sottoscrizione allo stesso apparentemente riferibile, contenuta in
una comunicazione di inizio attività depositata dallo stesso ing. POLO presso la Provincia
di Imperia.

2.

Avverso detto provvedimento il BARNATO, con atto a propria firma, interponeva

tempestivo ricorso per cassazione, lamentando che, malgrado l’espressa richiesta formulata
ai sensi dell’art. 408 c.p.p., “di essere informato, mediante notifica al domicilio eletto, in
caso di richiesta di archiviazione da parte del Pubblico Ministero della presente denuncia”,
nondimeno nessuna notifica era mai pervenuta in relazione alla richiesta di archiviazione in
effetti formulata dalla Pubblica Accusa, il ricorrente avendo poi acquisito “conoscenza
certa dell’archiviazione solo a seguito della presa visione del fascicolo n. 2504/13
R.G.N.R. – 2275/13 R.G.GIP in data 21.05.2014”.

3.

Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta, concludendo per il

rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

La richiesta del requirente P.G. si basa sull’intervenuto decesso dell’originario

indagato, POLO Mauro, avvenuto 1’11.04.2015 come da certificazione allegata.
Tanto determina una chiara ipotesi di sopravvenuta carenza d’interesse, che
tuttavia si affianca ad una preesistente causa d’inammissibilità originaria.
E’ principio assolutamente consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che
“Il ricorso per cassazione, proposto avverso il provvedimento di archiviazione
nell’interesse della persona offesa dal reato, deve essere sottoscritto, a pena di

POLO Mauro, all’esito dell’archiviazione del distinto procedimento a carico del

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inammissibilità, da difensore iscritto nell’albo dei patrocinanti dinanzi alle giurisdizioni
superiori, che sia stato nominato mediante dichiarazione resa o consegnata dallo stesso
all ‘autorità procedente ovvero ad essa inviata con raccomandata, non occorrendo
peraltro il conferimento al predetto difensore di procura speciale “ad hoc” ai sensi
dell’art. 122 cod. proc. pen.” (così Cass. Sez. Un., sent. n. 47473 del 27.09.2007 —
dep.20.12.2007 rv. 237854).

controversa e sulla quale era stato pertanto sollecitato l’intervento dell’Alto Consesso.
Nondimeno, ai pur diversi fini che qui interessano, è utile riportare il seguente illuminante
passaggio tratto dallo succitata sentenza:

“Esula dall’ambito del presente giudizio stabilire se la persona offesa dal reato, la quale,
in linea di principio, non è parte del processo (Sez. Un. 16.12.1998, n. 24, Messina, cit),
possa o meno ritenersi parte almeno nel più limitato ambito del procedimento di
archiviazione (o limitatamente a quei procedimenti nei quali le è attribuito il diritto di
impugnazione). Ed infatti, la sussistenza della qualità di parte non è, in realtà, decisiva né
ai fini della questione se la persona offesa possa o meno proporre personalmente il ricorso
per cassazione né, tanto meno dunque, ai fini della legittimazione a ricorrere del suo
difensore.
Invero, l’inesistenza di un diritto della persona offesa a sottoscrivere personalmente il
ricorso per cassazione si fonda non tanto sul fatto che essa non ha la qualità di parte
processuale in senso tecnico, e quindi non rientra nell’ambito di applicazione dell’art.
613, comma 1, quanto piuttosto sul motivo che questa disposizione non è attributiva alle
altre parti processuali del potere di ricorrere personalmente per cassazione, ma è invece
meramente ricognitiva della facoltà di proposizione personale della impugnazione, che la
norma dell’art. 571, comma 1, riconosce al solo imputato, in deroga alla regola generale
della necessità della rappresentanza tecnica (Sez. Un., 21 giugno 2000 n. 19, Adragna, m.
216336; Sez. Un., 27 giugno 2001 n. 34535, Petrantoni, m. 219613; Sez. V, 26 maggio
2004 n. 37418, p.c. Penna in proc. Mafai e altro). La persona offesa dal reato non può
quindi sottoscrivere personalmente il ricorso non perché non sia parte processuale,
nemmeno nel limitato ambito del procedimento di archiviazione, bensì perché tale diritto
non spetta nemmeno alle altre parti processuali, essendo attribuito dall’art. 571 (e non
dall’art. 613) esclusivamente all’imputato. Se quindi l’esistenza o meno della qualità di
parte in capo alla persona offesa nell’ambito del procedimento di archiviazione non
influisce nemmeno sulla questione della sua possibilità di proporre personalmente il

;‘

Detta ultima precisazione chiarisce, in realtà, la reale questione all’epoca

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ricorso, tanto meno può incidere sulla questione del tipo di mandato che il suo difensore
deve avere per ricorrere per cassazione per suo conto e nel suo interesse”.
Alla stregua di siffatto principio — puntualmente seguito dalla giurisprudenza
successiva: si veda per tutte, da ultimo, Cass. Sez. 6^, sent. 11. 8995 del 04.02.2015 — dep.
02.03.2015, rv. 262457 — va dunque dichiarata l’inammissibilità del proposto ricorso, per
difetto di legittimazione in capo al ricorrente, con ogni consequenziale statuizione, come
da dispositivo.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 500 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 25 novembre 2015
Il Consi.fle est.

P.Q.M.

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