Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50279 del 25/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 50279 Anno 2015
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: TRONCI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SAPIENZA GIOACCHINO N. IL 22/03/1959
avverso l’ordinanza n. 260/2008 TRIBUNALE di PALERMO, del
21/10/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA TRONCI;
lettel~le conclusioni del PG ERRI.
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 25/11/2015

R.G.C.C. n. 5750/15

Corte Suprema di Cassazione

CONSIDERATO IN FATTO

1.

Con provvedimento in data 21.10.2014, il Tribunale di Palermo — sezione misure

di prevenzione, in persona del giudice delegato, provvedendo sulla richiesta di restituzione
somme avanzata da SAPIENZA Gioacchino, in proprio e quale socio unico ed
amministratore della “Centro Distribuzione Regionale s.r.l.” (d’ora in poi C.D.S.), dato atto
che il procedimento di prevenzione avviato nei confronti del summenzionato SAPIENZA,
sottoposto a sequestro dei beni con decreto 09.01.2009, era stato definito con il rigetto
della relativa istanza di confisca, con conseguente revoca del decreto di cui sopra e
restituzione all’avente diritto dell’intero compendio sequestrato, materialmente eseguita il
14.03.2014, dopo il passaggio in giudicato del detto provvedimento di rigetto del
25.09.2013 — 20.01.2014; tanto premesso, in parziale accoglimento della richiesta proposta
— avanzata in sede di osservazioni al rendiconto finale presentato dall’amministratore
giudiziario, dott. SCIMECA, ancorché non direttamente pertinenti rispetto al contenuto
concreto di tale atto — disponeva che la somma di euro 243.360,00, già liquidata al detto
amministratore giudiziario a titolo di compensi per l’attività svolta, fosse posta a carico
dell’Erario, trattandosi di spese inerenti alla procedura conclusasi favorevolmente per
l’odierno ricorrente, per l’effetto ordinando il pagamento di pari importo al SAPIENZA.
Rigettava, invece, la richiesta ulteriore di restituzione della maggior somma di euro
380.640,00 — pari all’ammontare complessivo dei compensi percepiti dal medesimo dott.
SCIMECA e dal suo coadiutore, nelle vesti di autonominati componenti del consiglio di
amministrazione della C.D.S. s.r.1., rispettivamente quale presidente e consigliere —
essendosi qui in presenza di “spese necessarie per la prosecuzione dell’impresa dalla quale
per legge devono essere allontanati il proposto, gli intervenienti ed i loro familiari”.

2.

Avverso detto provvedimento, a mezzo di un unico atto a firma congiunta dei

propri difensori di fiducia, interponeva tempestivo ricorso per cassazione il SAPIENZA,
sulla scorta di un unico motivo, incentrato sulla denunciata violazione dell’art. 606 co. 1
lett. b) e c) del codice di rito, in relazione agli artt. 2 sexies, septies e nonies L. 575/1965.
Assumevano all’uopo i ricorrenti difensori che erroneamente, oltre che
immotivatamente, il Tribunale di Palermo aveva qualificato come “spese necessarie”
quelle di cui trattasi, del tutto omettendo di considerare che il citato art. 2 sexies L.
575/1965 è assolutamente chiaro nel demandare all’amministratore giudiziario nominato,
ancorché entro il limite degli atti di ordinaria amministrazione, lo svolgimento delle attività

,

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Corte Suprema di Cassazione

indicate nella relazione precedentemente approvata dal G.D., sotto il controllo di
quest’ultimo. Donde il definito carattere “pleonastico se non addirittura inutile” della
“investitura (da parte del Tribunale) dell’amministratore giudiziario e del coadiutore quali
componenti di un consiglio di amministrazione privo di poteri” — al punto di non aver
sintomaticamente adottato alcuna delibera nel corso dei sei anni di vita del detto C.d.A. —
e, comunque, il conseguente e doveroso obbligo di considerare le spese in contestazione
“come rientranti in quelle per cui 1′ art. 2 octies L. 575/65 prevede la restituzione, cioè in

3.

Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta, concludendo per la

restituzione degli atti al Tribunale di Palermo, previa qualificazione come opposizione del
ricorso proposto.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

Reputa la Corte che la preliminare questione sollevata dal requirente P.G. sia

fondata e meriti pertanto accoglimento.
Il sistema previsto dalla legge n. 575/1965 — applicabile nella fattispecie ratione
temporis — alla stregua del combinato disposto degli artt. 3 ter, commi 1 e 2, della citata
legge e 4 commi 9, 10 e 11 L. 1423/1956, prevede che siano soggetti a ricorso, anche nel
merito, innanzi alla Corte di Appello, i provvedimenti con i quali il Tribunale dispone:
a) la confisca dei beni sequestrati;
b) la revoca del sequestro;
c) la restituzione della cauzione;
d) la liberazione delle garanzie;
e) la confisca della cauzione;
I) la esecuzione sui beni costituiti in garanzia,
potendosi poi proporre ricorso per cassazione avverso la decisione del giudice distrettuale,
e però solo per violazione di legge.
Discende da detto sistema che, in ossequio al principio di tassatività dei mezzi di
impugnazione ed alla conseguente impossibilità del ricorso all’interpretazione analogica,
non sono soggetti ad alcuna impugnazione né i provvedimenti diversi da quelli in
precedenza indicati, né, a fortiori, quelli assunti dal giudice delegato durante la procedura.

quelle dei compensi degli amministratori giudiziari”.

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Corte Suprema di Cassazione

Sennonché, a tale ultimo riguardo, seppur con specifico riferimento alle
statuizioni emesse dal giudice delegato in materia di alimenti e di abitazione, da tempo la
giurisprudenza di questa Corte, assumendo quale parametro di riferimento l’art. 47 L.F.
— in effetti richiamato dall’art. 2 sexies L. 575/1962, ancorché solo al limitato fine della
individuazione dei provvedimenti suscettibili di adozione “nei confronti della persona
sottoposta alla procedura e della sua famiglia” —ha riconosciuto la possibilità di proporre

prevenzione, con le forme dell’incidente di esecuzione: ciò al fine di evitare disarmonie del
sistema ed ingiustificate disparità di trattamento con la disciplina dettata dalla legge
fallimentare, che prevede la possibilità di reclamo avverso i provvedimenti emessi
dall’organo della procedura concorsuale, passibili di rilevanza anche sul piano della
legittimità costituzionale (cfr. Cass. Sez. 1^, sent. n. 23885/2010, Rv. 247950; Cass. Sez.
5^, sent. n. 25621/2006, Rv. 234523; Cass. Sez. 1^, sent. n. 2498/2000, Rv. 216019 e n.
4814/1998, Rv. 212124).
In definitiva, pertanto, è possibile trarre un principio di ordine generale, nel senso
della possibilità di presentare opposizione al Tribunale della prevenzione contro i
provvedimenti del giudice delegato incidenti su interessi meritevoli di tutela, qual è
certamente quello qui ricorrente, per le sue evidenti ricadute sul diritto di proprietà e su
quello di iniziativa economica.
In senso conforme al convincimento esposto, è inoltre utile richiamare altra
recente sentenza di questa Corte, che, chiamata a pronunciarsi sul ricorso proposto avverso
provvedimento di rigetto dell’istanza di revoca del sequestro da parte del Tribunale
— ritenuto perciò non ricompreso nel novero di quelli appellabili innanzi al giudice
distrettuale — premessa la sostanziale identità del sistema impugnatorio previsto dal vigente
d. 1.vo 159/2011, ha convertito il suddetto ricorso in opposizione davanti al Tribunale
medesimo, ex art. 666 c.p.p. (cfr. Cass. Sez. 2^, sent. n. 4400/2015, Rv. 262373).
P.Q.M.
Qualificato il ricorso proposto come opposizione, ex art. 666 c.p.p., rimette gli atti per la
decisione avanti al competente Tribunale di Palermo — sez. misure di prevenzione.
Così deciso in Roma, 25 novembre 2015
Il Consiahret.

Xl P,sident

opposizione avverso le decisioni sfavorevoli di detto giudice, innanzi al Tribunale della

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