Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50278 del 29/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50278 Anno 2013
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PARIANTE ROSARIO N. IL 18/09/1956
avverso l’ordinanza n. 1859/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 11/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAURIZIO
BARBARISI;

Data Udienza: 29/10/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Settima Sezione penale

Osserva
1. — Con ordinanza deliberata in data 11 gennaio 2012, il Tribunale di Sorveglianza di Roma rigettava il reclamo avanzato nell’interesse di Pariante Rosario avverso il decreto ministeriale 13 marzo 2012 di proroga del regime detentivo differenziato, ex art. 41 bis L. 26 luglio 1975, n. 354.

condannato in una organizzazione di stampo mafioso in posizione apicale nella cosca omonima, sotto l’egida del clan Amato-Pagano, alleato al clan Di Lauro, operante in Bacoli e attiva nel settore del traffico delle estorsioni; che il prefato è stato attinto da due ordinanze di custodia cautelare, una del 9 febbraio 2009, nel cui procedimento la Corte di Assise di Napoli con sentenza 17 dicembre 2010 lo ha condannato all’ergastolo per omicidio aggravato e un’altra dell’8 maggio 2009 nel cui
procedimento la Corte di Assise di Napoli con sentenza 17 maggio 2011 lo ha condannato all’ergastolo per più omicidi, senza contare i procedimenti attualmente in
corso per gravissimi reati; che il prefato tuttora è punto di riferimento all’esterno
per gli affiliati, come emerso da recenti indagini della DDA e DNA, stante l’attuale
operatività dell’organizzazione criminale cui fa riferimento; e che dunque sussistevano quindi tutti gli elementi per ritenere in concreto l’attualità di tali collegamenti
ai sensi della sentenza n. 417 del 2004 della Corte Costituzionale e anche della recente legge n. 94 del 15 luglio 2009 che aveva evidenziato (anche alla luce della
giurisprudenza di questa Corte di legittimità) come, senza incorrere in semplicistici
automatismi, fosse sufficiente, con adeguata motivazione, dare atto che non fossero sopraggiunti elementi di novità tali da affievolire o porre nel nulla la valenza degli elementi in precedenza valutati.

3. — Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il ricor-

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2. — Rilevava il Tribunale che tale regime era giustificato per l’inserimento del

rente chiedendone l’annullamento per vizi motivazionali e di legge.
4. — Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
4.1 — L’art. 41 bis, comma 2 bis, della L. n. 354 del 1975, sostituito dall’art. 2
della L. 23 dicembre 2002 n. 279, stabilisce che i provvedimenti applicativi del regime di detenzione differenziato “sono prorogabili nelle stesse forme per periodi
successivi, ciascuno pari ad un anno, purché non risulti che la capacità del detenuto

Udienza in camera di consiglio: 29 ottobre 2013 — Parlante Rosario — RG: 3617/13, RU: 82;

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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Settima

Sezione penale

o dell’internato di mantenere contatti con associazioni criminali, terroristiche o eversive sia venuta meno”.
L’ambito del sindacato devoluto alla Corte di Cassazione è delineato dal comma
2 sexies del novellato art. 41 bis, a norma del quale il Procuratore generale presso
la Corte d’appello, l’internato o il difensore possono proporre, entro dieci giorni della sua comunicazione, ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale per

La limitazione dei motivi di ricorso alla sola violazione di legge è da intendere
nel senso che il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre che all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla mancanza di
motivazione, dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e di
logicità, al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a
rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito per ritenere giustificata la proroga, ovvero quando le linee argomentative del provvedimento siano
talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da far rimanere oscure
le ragioni che hanno giustificato la decisione (Sez. Un. 28 maggio 2003, Pellegrino,
rv. 224611; Sez. 1, 9 novembre 2004, Santapaola, rv. 230203). Non è pertanto
censurabile il profilo della pretesa illogicità o contraddittorietà della motivazione,
ma solo la carenza totale o la mera apparenza della stessa. Tale eventualità non si
è verificata nella fattispecie avendo il giudice dato conto con argomentazione scevra da vizi logici della sussistenza delle condizioni e dei presupposti per il mantenimento del regime previsto dall’art. 41 bis comma secondo L. 26 luglio 1975, n. 354
e in particolare dell’attualità dei collegamenti del ricorrente con l’organizzazione
criminale di riferimento che risulta a tutt’oggi pericolosamente attiva.
4.2 — Ciò posto va osservato che il ricorso, più che individuare singoli aspetti
del provvedimento impugnato da sottoporre a censura, tende a provocare una nuova valutazione del merito, operazione preclusa, come si è detto, davanti a questa
Corte. Il Tribunale di Sorveglianza, con argomentazioni scevre da vizi logici e giuridici ha dato ampio ed esaustivo conto della sussistenza delle condizioni per
l’applicazione del regime stante l’asseverazione documentale della iscrizione a suo
carico di gravissime condanne ricomprese nell’art. 4 bis L. 26 luglio 1975, n. 354,
oltre alle annotazioni acquisite da cui risulta non solo la persistente vitalità della associazione criminale di riferimento, ma anche il suo ruolo apicale in seno alla stessa

Udienza in camera di consiglio: 29 ottobre 2013 — Pariante Rosario — RG: 3617/13, RU: 82;

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violazione di legge.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Settima Sezione penale

e la carenza di segnali significativi di dissociazione o quanto meno di affievolimento
dei vincoli associativi.
5. — Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
(Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della Cassa delle Am(mille), ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
per questi motivi
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di C 1.000,00 (mille) in favore della
Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 29 ottobre 2013

Nsigl’ re estensT

mende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in C 1.000,00

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