Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50266 del 21/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50266 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SABEONE GERARDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PASQUALE ADRIANO N. IL 21/05/1966
avverso la sentenza n. 2461/2012 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
17/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GERARDO SABEONE ;

Data Udienza: 21/10/2013

RITENUTO IN FATTO
– che con l’impugnata sentenza la Corte di Appello di Venezia, decidendo
a seguito di rinvio di questa Suprema Corte limitatamente alla quantificazione
della pena in aumento ai fini della continuazione, ha condannato Pasquale

di anni uno di reclusione ed euro 3.000,00 di multa;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione
l’imputato, a mezzo del proprio difensore, denunciando una illogicità della
motivazione con riguardo alla quantificazione della pena ritenuta eccessiva in
relazione a quella inflitta agli altri concorrenti nel medesimo reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile, siccome costituito soltanto da
un del tutto generico richiamo alla mancanza di motivazione, senza la benché
minima indicazione circa le specifiche ragioni per le quali, nel caso in esame,
detto vizio dell’impugnata decisione sarebbe da ritenere esistente; con riguardo
alla quantificazione della pena, trattasi di doglianza che, per un verso, passa del
tutto sotto silenzio la pur esistente motivazione offerta sul punto dalla Corte
territoriale e, per altro verso, non tiene conto della pacifica giurisprudenza di
questa Corte di legittimità sul punto;
– invero, la quantificazione della pena può essere sindacata avanti questi
Giudici di legittimità soltanto allorquando sia stata effettuata in limiti superiori a
quelli edittali ovvero in maniera illogica; la determinazione in concreto della
pena, infatti, costituisce il risultato di una valutazione complessiva e non di un
giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge, sicché l’obbligo della
motivazione da parte del Giudice dell’impugnazione deve ritenersi
compiutamente osservato, anche in relazione alle obiezioni mosse con i motivi
d’appello, quando egli, accertata l’irrogazione della pena tra il minimo e il
massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non eccessiva; ciò dimostra,
infatti, che egli ha considerato sia pure intuitivamente e globalmente, tutti gli

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Adriano per il reato di detenzione a fine di spaccio di cocaina alla ulteriore pena

aspetti indicati nell’articolo 133 cod.pen. ed anche quelli specificamente segnalati
con i motivi d’appello;
– inoltre, la risposta che il Giudice garantisce, in punto di individuazione
della gravità della condotta e corrispondente determinazione della sanzione, ex
articolo 133 cod.pen., è naturalmente tarata sulle connotazioni oggettive e
soggettive del singolo comportamento accertato, con la ovvia conseguenza della

valutazione comparativa” rispetto ad altre posizioni individuali, anche se di correi
(in tesi, più favorevolmente trattate), salvo il caso in cui il giudizio di merito sul
punto, sul diverso trattamento del caso che si prospetta come “identico”, sia
sostenuto da asserzioni irragionevoli o paradossali (v. Cass. Sez. VI 23 maggio
2102 n. 21838); evenienza questa non verificatasi nella presente vicenda;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta, in conclusione le
conseguenze di cui all’articolo 616 cod.proc.pen..
P. T. M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2013.

impossibilità di dedurre in sede di legittimità una “critica da confronto e da

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