Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50264 del 21/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50264 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SABEONE GERARDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MARIOTTI LUCIANO N. IL 22/09/1925
MARIOTTI FILIPPO N. IL 25/02/1954
MARIOTTI GIORGIO N. IL 03/11/1957
MARIOTTI ANGELA N. IL 09/02/1965
TEBALDI DIVA N. IL 17/05/1929
avverso la sentenza n. 7277/2007 GIP TRIBUNALE di ANCONA, del
09/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GERARDO SABEONE ;

Data Udienza: 21/10/2013

RITENUTO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, pronunciata ai sensi dell’articolo 444
cod.proc.pen., venne applicata a Mariotti Luciano, Mariotti Filippo, Mariotti

patrimoniale, ricorso abusivo al credito, bancarotta semplice patrimoniale e
documentale, truffa, appropriazione indebita e reati finanziari, la pena
concordata con il Pubblico Ministero dagli stessi imputati;
– che avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione tutti
gli imputati, a mezzo del proprio comune difensore, denunciando una violazione
di legge e un difetto di motivazione in ordine alla disciplina della continuazione
tra gli ascritti reati; una violazione di legge e una motivazione illogica in merito
alla mancata valutazione della sussistenza della condizione di procedibilità
nonché al concorso apparente di norme coesistenti tra la truffa e l’appropriazione
indebita nonché, infine, la mancanza di motivazione per la pronuncia di sentenza
assolutoria, ai sensi dell’articolo 129 cod.proc.pen.;
– che risulta, altresì, pervenuta memoria difensiva nell’interesse degli
imputati con la quale si sollecita la trattazione ordinaria del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto si dà espressamente
atto, nell’impugnata sentenza, della ritenuta sussistenza delle condizioni tutte,
positive e negative, previste dall’articolo 444 cod.proc.pen. per l’applicazione
della pena su richiesta, ivi compresa quella costituita dalla mancanza dei
presupposti per darsi luogo a pronuncia assolutoria ai sensi dell’articolo 129
cod.proc.pen., come pure quella costituita dalla ritenuta congruità della pena; e
ciò, in difetto di elementi, ricavabili dal testo della medesima sentenza, dai quali
possa invece desumersi l’assenza di alcuna delle condizioni anzidette, basta ad
escludere ogni violazione di legge e a soddisfare le esigenze di motivazione
proprie delle pronunce del genere di quella impugnata (v. Cass. Sez. IV 13 luglio
2006 n. 34494 e Sez. I 10 gennaio 2007 n. 4688);
– quanto alla congruità della pena, può ricordarsi che nel ricorso per
cassazione, avverso sentenza che applichi la pena nella misura patteggiata tra le
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Giorgio, Mariotti Angela e Tebaldi Diva, per vari reati di bancarotta fraudolenta

parti, non è ammissibile proporre motivi concernenti la misura della pena, a
meno che si versi in ipotesi di pena illegale. La richiesta dì applicazione della
pena e l’adesione alla pena proposta dall’altra parte integrano, infatti, un negozio
di natura processuale che, una volta perfezionato con la ratifica del Giudice che
ne ha accertato la correttezza, non è revocabile unilateralmente, sicché la parte
che vi ha dato origine, o vi ha aderito e che ha così rinunciato a far valere le

sostenere tesi concernenti la congruità della pena, in contrasto con
l’impostazione dell’accordo al quale le parti processuali sono addivenute (v. da
ultimo Cass. Sez. III 13 febbraio 2013 n. 10286);
– che nel caso di specie, la pena applicata non può ritenersi illegale (come
affermato dagli stessi ricorrenti alla pagina 3 del ricorso “per quanto la quantità
di pena risulti tecnicamente congrua e nei limiti di legge”);
– che secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, facendo
richiesta di applicazione della pena, l’imputato rinuncia ad avvalersi della facoltà
di contestare l’accusa, o, in altri termini, non nega la sua responsabilità ed
esonera l’accusa dall’onere della prova; la sentenza che accoglie detta richiesta
contiene, quindi, un accertamento ed un’affermazione implicita della
responsabilità dell’imputato, e pertanto l’accertamento della responsabilità non
va espressamente motivato (v. Cass. Sez.Un. 27 marzo 1992 n. 5777); e che
pertanto, nello speciale procedimento di cui agli articoli 444 e segg.
cod.proc.pen. la sentenza che applichi la pena “patteggiata” non può formare
oggetto di ricorso per cassazione per mancanza di motivazione sui presupposti di
fatto della responsabilità dell’imputato, poiché la sussistenza di essi viene da lui
ammessa in modo implicito, ma univoco, nel momento stesso in cui egli richiede
il patteggiamento o aderisce ad analoga richiesta del P.M.;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di
cui all’articolo 616 cod.proc.pen., ivi compresa, in assenza di elementi che
valgano ad escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta
sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende;

P. T. M.

La Corte, dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al
pagamento delle spese del processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore
della Cassa delle Ammende.

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proprie difese ed eccezioni, non è legittimata, in sede di ricorso per cassazione, a

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2013.

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