Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50260 del 21/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50260 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SCIOSCIA MICHELE N. IL 06/11/1956
avverso la sentenza n. 10663/2012 CORTE APPELLO di TORINO, del
20/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 21/10/2013

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Torino ha confermato la sentenza emessa in data
2 ottobre 2007 dal locale Tribunale, appellata da SCIOSCIA Michele dichiarato responsabile del
delitto di detenzione e vendita di prodotti portanti marchi contraffatti, commesso il 27 maggio
2006.
Propone ricorso per cassazione l’imputato sostenendo che un adeguato esame dei costituti processuali compresi i beni in sequestro avrebbe dovuto indurre la Corte di Appello ad un proscioglimento; cita giurisprudenza secondo cui non costituirebbe reato il falso riconoscibile ictu ocu/i.
In definitiva la merce era venduta al di fuori dei canali istituzionali per quel genere di merce e si
sarebbe dovuto ritenere che la falsità era inidonea a trarre in inganno.
Produce in seguito due memorie evidenziando con quella del 14 giugno 2013 che i motivi del ricorso principale citando giurisprudenza e chiedendo trattazione in pubblica udienza e trasmissione alle Sezioni Unite.
Con ulteriore memoria del 28 giugno 2013 ribadendo l’inidoneità della merce trattata dal prevenuto a trarre in inganno l’acquirente e citando giurisprudenza di merito.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile in quanto generico e manifestamente infondato.
La Corte di merito ha affrontato diffusamente il problema che genericamente viene posto dal ricorso e dalle memorie relativamente all’innocuità del falso, rilevando che secondo consolidata
giurisprudenza di legittimità la falsificazione rileva di per sé indipendentemente dall’idoneità a
trarre in inganno costituendo reato anche la messa in vendita di prodotti contraffatti espressamente indicati come falsi.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al vers • ent di C. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Ro a i 1 ottobre 2013.

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