Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5026 del 16/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 5026 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DONEDDU ANTONIO N. IL 21/11/1970
avverso la sentenza n. 1200/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
28/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
,
che ha concluso per
“V )-

O

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

,

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Data Udienza: 16/01/2014

Ritenuto in fatto

DONEDDU Antonio ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, confermando quella di
primo grado, lo ha riconosciuto colpevole del reato di cui all’articolo 186 del codice della
strada.

Ripropone le censure già articolate in sede di appello.
AA”

A…4 C.44
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stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo
186 del codice della strada sollevata con riferimento agli articoli 3 e 111 della Costituzione, con
riferimento alla disciplina dell’assistenza “difensiva” in occasione dell’alcooltest. Si sostiene
che in proposito soluzione in linea con i principi di costituzionalità potrebbe individuarsi
nell’esplicita previsione della facoltà per il cittadino di avvalersi della presenza del difensore di
fiducia e, in assenza di quest’ultimo o nell’impossibilità che egli venga reperito in tempi
compatibili con l’accertamento, della presenza di un difensore di ufficio.

Ripropone, con il secondo motivo, la doglianza sul preteso malfunzionamento dell’apparecchio
etilometro, che la Corte di merito non aveva accolto rilevandone la genericità, prospettando
in proposito l’incertezza della deposizione dell’operante.

Con il terzo motivo lamenta l’omessa motivazione sul motivo di appello con il quale era statcl,
richiestgla parziale rinnovazione del dibattimento.

Considerato in diritto

Il ricorso è manifestamente infondato.

Quanto al primo motivo, va ricordato che il provvedimento di rigetto della eccezione di
legittimità costituzionale non è soggetto ad impugnazione, neanche sotto il profilo del difetto di
motivazione, attenendo alla verifica (positiva) di un presupposto processuale (la inesistenza di
una pregiudiziale di costituzionalità) di esclusiva competenza del giudice del processo. L’unico
rimedio configurabile è semmai quello della riproposizione della questione all’inizio di ogni
grado del processo da parte dell’interessato dinanzi al giudice superiore, il quale ne valuterà
nuovamente la rilevanza (Sezione III, 24 gennaio 2013, Mendola ed altro).

Qui, per vero, nel ricorso ci si limita alla censura della decisione reiettiva della corte di appello.

2

Con il primo motivo, lamenta il vizio di motivazione della sentenza di appello ellSeMirrzi

Ma in ogni caso, è evidente l’infondatezza del motivo, ove si consideri – ciò che condurrebbe a
ritenere la questione inammissibile- la soluzione affatto obbligatet che si prospetta per
asseritamente ricondurre al rispetto dei principi di costituzionalità la disciplina di interesse.

Va ancora soggiunto – sempre nella prospettiva dell’inammissibilità della questione- che la
disciplina di che trattasi non è certamente rinvenibile nell’articolo 186 del codice della strada,
oggetto di censura, ma semmai nel combinato disposto degli articoli 354, comma 3, e 356

Incensurabile in fatto è il rigetto della censura sul preteso malfunzionamento dell’apparecchio
etilometro.

Va ricordato il principio secondo cui, in tema di guida in stato di ebbrezza, allorquando
l’alcoltest risulti positivo costituisce onere della difesa dell’imputato fornire una prova contraria
a detto accertamento quale, ad esempio, la sussistenza di vizi dello strumento utilizzato,
oppure l’utilizzo di una errata metodologia nell’esecuzione dell’aspirazione (Sezione IV, 12
luglio 2013, Varratta).

E’ tematica adeguatamente affrontata in sede di merito: qui, in sede di ricorso, si propone una
inammissibile censura di fatto, tra l’altro assolutamente generica [con il richiamo affatto
documentato alla deposizione di uno degli operanti].

Anche il terzo motivo è manifestamente infondato.
Nel giudizio d’appello, la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale è istituto di carattere
eccezionale, in relazione al quale vale la presunzione che l’indagine istruttoria abbia ormai
raggiunto la sua completezza nel dibattimento svoltosi innanzi al primo giudice.
L’articolo 603, comma 1, c.p.p. non riconosce carattere di obbligatorietà all’esercizio del potere
del giudice d’appello di disporre la rinnovazione del dibattimento, anche quando è richiesta per
assumere nuove prove, ma vincola e subordina tale potere, nel suo concreto esercizio, alla
rigorosa condizione che il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo
stato degli atti In una tale prospettiva, se è vero che il diniego dell’eventualmente invocata
rinnovazione dell’istruzione dibattimentale deve essere spiegato nella sentenza di secondo
grado, la relativa motivazione (sulla quale nei limiti della illogicità e della non congruità è
esercitabile il controllo di legittimità) può anche ricavarsi per implicito dal complessivo tessuto
argomentativo, qualora il giudice abbia dato comunque conto delle ragioni in forza delle quali
abbia ritenuto di potere decidere allo stato degli atti ( v., tra le altre, Sez. VI, 21 maggio 2009,
Messina ed altro, rv. 245009).
Ciò che nella specie deve ritenersi essersi verificato, avendo il giudice di merito esplicitato con
adeguata chiarezza il proprio convincimento sullo stato di ebbrezza dell’imputato nonché sul

3

c.p.p. e 114 delle disp. att. c.p.p.

corretto funzionamento dell’etilometro tanto da rendere superfluo ed inutile un ulteriore
approfondimento.

Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente (Corte Cost., sent. 7-13
giugno 2000, n. 186), consegue la condanna del ricorrente medesimo al pagamento delle
spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in mille euro, in favore
della cassa delle ammende.
P. Q. M.

e della somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 16 gennaio 2014

Il Consigliere estensore

Il Presidente

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

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