Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50249 del 21/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50249 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RUS FLORIN RAZVAN N. IL 29/04/1992
avverso la sentenza n. 950/2012 TRIBUNALE di TRENTO, del
23/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 21/10/2013

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, pronunciata ai sensi dell’art. 444 c.p.p., fu
applicata a Rus Florin Razvan per i reati di furto in abitazione e tentato furto in
abitazione, la pena concordata on la pubblica accusa nella misura di otto mesi e
sei giorni di reclusione e 300 euro di multa, riconosciute le attenuanti generiche

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, con
atto redatto dal difensore, avv. Francesco Moser, affidato a due motivi, con i
quali deduce inosservanza ed erronea applicazione di legge in relazione agli artt.
81, 99 3 69 cod. pen., mancanza o manifesta illogicità motivazione in ordine alla
determinazione della pena, con riferimento all’individuazione del reato più grave,
in relazione al riconoscimento delle attenuanti generiche ed all’aumento per la
continuazione;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto con riferimento alla
sentenza di patteggiamento secondo la costante giurisprudenza di questa Corte
(a partire da Sez. U, n. 5777 del 27/3/1992, Di Benedetto, Rv. 191135)

“la

motivazione della sentenza che applica la pena su richiesta delle parti a norma
dell’art. 444 comma secondo cod. proc. pen. si esaurisce in una delibazione ad
un tempo positiva e negativa. Positiva a quanto all’accertamento: 1) della
sussistenza dell’accordo delle parti sull’applicazione di una determinata pena; 2)
della correttezza della qualificazione giuridica del fatto nonché della applicazione
e della comparazione delle eventuali circostanze; 3) della congruità della pena
patteggiata, ai fini e nei limiti di cui all’art. 27, terzo comma, Cost.; 4) della
concedibilità della sospensione condizionale della pena, qualora l’efficacia della
richiesta sia stata subordinata alla concessione del beneficio. Negativa quanto
alla esclusione della sussistenza di cause di non punibilità o di non procedibilità o
di estinzione del reato. Le delibazioni positive debbono essere necessariamente
sorrette dalla concisa esposizione dei relativi motivi di fatto e di diritto, mentre,
per quanto riguarda il giudizio negativo sulla ricorrenza di alcuna delle ipotesi
previste dall’art. 129 cod. proc. pen., l’obbligo di una specifica motivazione
sussiste, per la natura stessa della delibazione, soltanto nel caso in cui dagli atti
o dalle dichiarazioni delle parti risultino elementi concreti in ordine alla non
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equivalenti alla contestata recidiva;

ricorrenza delle suindicate ipotesi. In caso contrario, è sufficiente la semplice
enunciazione, anche implicita, di aver effettuato, con esito negativo, la verifica
richiesta dalla legge e cioè che non ricorrono gli estremi per la pronuncia di
sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.”;

– che con riferimento alla congruità della pena, questa Corte ritiene che la parte
che abbia prestato il proprio consenso all’applicazione di un determinato

da parte del giudice, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, in quanto
ha implicitamente esonerato quest’ultimo dell’obbligo di rendere conto dei punti
non controversi della decisione, è infatti sufficiente che il giudice dia conto di
aver sottoposto ad un giudizio valutativo la proposta di patteggiamento
formulata concordemente dalle parti e di averla ritenuta congrua rispetto alle
componenti oggettive e soggettive del fatto-reato (Sez. 3, n. 42910 del
29/09/2009, Gallicchio, Rv. 245209), indipendentemente dai singoli passaggi
interni, in quanto è unicamente il risultato finale che assume valenza quale
espressione ultima e definitiva dell’incontro delle volontà delle parti (Sez. 3, n.
28641 del 28/05/2009, Fontana, Rv. 244582);
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui
all’art. 616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere
ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il
cui importo stimasi equo fissare in euro millecinquecento;

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro millecinquecento in
favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2013
Il consigliere e tensore

Il pr-.i. – e

trattamento sanzionatorio, non può poi dolersi della successiva ratifica del patto

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