Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50248 del 21/10/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 50248 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PIRAS CLAUDIO N. IL 19/11/1985
avverso la sentenza n. 786/2012 TRIBUNALE di TRENTO, del
10/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;
Data Udienza: 21/10/2013
RILEVATO IN FATTO
– che con l’impugnata sentenza, pronunciata ai sensi dell’art. 444 c.p.p., fu
applicata a Piras Claudio per il reato di furto tentato in appartamento, la pena
concordata con la pubblica accusa nella misura di otto mesi di reclusione e 160 euro
di multa, riconosciute l’attenuante del risarcimento del danno, equivalente alle
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, con
atto redatto dal difensore, avv. Paolo Chiariello, affidato ad unico motivo, con il
quale deduce l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, comma 4, cod. pen., nella
parte in cui esclude la possibilità di riconoscere la prevalenza, nei reati contro il
patrimonio, dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., in presenza di recidiva
reiterata, con riferimento agli articoli 3, 25 e 27, comma 3 della Costituzione;
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il ricorso va dichiarato inammissibile, per la manifesta irrilevanza della
questione proposta, poiché il giudizio di equivalenza delle circostanze è frutto
dell’accordo delle parti e con riferimento alla qualificazione del fatto ed
all’applicazione e comparazione delle circostanze, nel procedimento di applicazione
della pena le parti non possono prospettare con il ricorso per cassazione questioni
incompatibili con la richiesta di patteggiamento formulata per il fatto contestato e
per la relativa qualificazione giuridica risultante dalla contestazione, in quanto
l’accusa come giuridicamente qualificata non può essere rimessa in discussione.
L’applicazione concordata della pena, infatti, presuppone la rinuncia a far valere
qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla
richiesta di patteggiamento e al consenso a essa prestato. Cosicché, in questa
prospettiva, l’obbligo di motivazione del giudice è assolto con la semplice
affermazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini dell’accordo
intervenuto tra le parti e dell’effettuato controllo degli elementi di cui all’art. 129
c.p.p. conformemente ai criteri di legge (Sez. U, n. 20 del 27/10/1999, Fraccari,
Rv. 214637; Sez. 5, n. 21287 del 25/03/2010, Legari, Rv. 247539);
– che in ogni caso va ricordato che quanto la questione di illegittimità costituzionale
dell’art. 69 comma 4 cod. pen. è stata ripetutamente dichiarata inammissibile e poi
manifestamente inammissibile dalla Corte costituzionale (sentenza n. 192/2007 e
ordinanze n. 409/2007, n. 257, n. 193, n. 90 e n. 33/2008 e n. 0171 del 2009);
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aggravanti ed alla recidiva;
- che, scrutinando similari censure, secondo cui il nuovo testo dell’art. 69, quarto
comma, del codice penale avrebbe introdotto un irrazionale “automatismo
sanzionatorio” correlato ad una presunzione assoluta di pericolosità sociale del
recidivo reiterato, questa Corte ha in particolare rilevato come tali censure poggino
sul presupposto – implicito e indimostrato – che, a seguito delle modifiche operate
dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, la recidiva reiterata sia divenuta obbligatoria
che a giudizio della Consulta tale soluzione interpretativa non è l’unica soluzione
prospettabile, potendosi, al contrario, ritenere che la recidiva reiterata sia divenuta
obbligatoria esclusivamente nei casi previsti dall’art. 99, quinto comma, cod. pen.
(rispetto ai quali soltanto tale regime è espressamente contemplato), e cioè ove
concernente uno dei delitti indicati dall’art. 407, comma 2, lettera a), del codice di
procedura penale (il quale reca un elenco di reati ritenuti dal legislatore di
particolare gravità e allarme sociale);
– che, nel caso specie, si procede, in effetti, per un delitto non compreso nell’elenco
di cui alla citata disposizione del codice di rito;
– che, nei limiti in cui si escluda che la recidiva reiterata sia divenuta obbligatoria, è
possibile altresì ritenere che venga meno anche l’<