Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50237 del 21/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50237 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MORETTI VITTORIO N. IL 14/06/1968
MORETTI SIMONE N. IL 02/01/1972
avverso la sentenza n. 14/2009 CORTE APPELLO di ANCONA, del
01/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 21/10/2013

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza era confermata quella di primo grado con la quale
Moretti Vittorio e Moretti Simone erano ritenuti responsabili, all’esito di rito
abbreviato, del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, con il riconoscimento
delle attenuanti generiche prevalenti;
– che avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati,

degli articoli 192, in relazione alla consistenza degli indizi, e 606 lettera E cod. proc.
pen., poiché a suo giudizio non è emersa una prova certa della loro responsabilità,
fondata solamente sulla relazione del curatore fallimentare e sugli esiti della
consulenza tecnico contabile del pubblico ministero;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile, per la tardività dell’impugnazione, che
andava proposta nel termine di 30 giorni dalla notifica dell’estratto contumaciale
(art. 585 comma 1 lettera b e comma 2 lettera d), avvenuta il 17 giugno 2012,
essendo rimasto l’imputato contumace nel giudizio di appello ed avendo la Corte
depositato tempestivamente la motivazione, sicché il termine scadeva il 17 luglio
2012, 7 giorni prima della data di presentazione risultante dall’annotazione di
cancelleria (24 luglio 2012);
– che comunque i motivi sono da considerarsi anche generici e ripetitivi di quelli
dell’appello, poiché il ricorrente si limita a sostenere la mancanza di prova, sotto il
profilo della consistenza indiziaria e della logicità della motivazione, della
distrazione e del dolo, contestando le fonti di prova, laddove invece nella decisione
impugnata si indicano una serie di elementi specifici dai quali è stata desunta la
distrazione (mancato reperimento delle rimanenze di beni per 53.000C, delle quali è
stata esclusa la vendita a stock o sotto costo; prelievo di 166.000C da parte degli
imputati per finalità estranee all’azienda; utilizzo per scopi personali delle carte di
credito aziendali per 37.000C; entrate fittizie per 18.000C; svendita di autoveicoli)
rispetto alle quali non vi è alcuna argomentazione;
– che il motivo di ricorso che non si confronti con le considerazioni della sentenza
di appello, va dichiarato inammissibile, venendo meno in radice la tipica funzione di
una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 6, n. 20377
del 11/03/2009, Arnone, Rv. 243838; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv.
253849); infatti in tal modo il provvedimento formalmente impugnato, lungi

con unico atto redatto dal difensore, avv. Giovanni Galeota, denunciando violazione

dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato
(Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, in motivazione);
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni
profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui
importo stimasi equo fissare in euro mille;

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di euro 1000 in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2013
Il consigliere estensore

Il pr

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P. Q. M.

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