Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50235 del 21/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50235 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
AGOSTA GIOVANNI N. IL 30/10/1964 parte offesa nel procedimento
c/
PIPITONE GIACINTO N. IL 17/06/1975
CHINNICI CATERINA N. IL 05/11/1954
PEPI GIOVANNI N. IL 22/06/1947
avverso l’ordinanza n. 10983/2012 GIP TRIBUNALE di PALERMO,
del 17/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 21/10/2013

RITENUTO IN FATTO

Agosta Giovanni propone ricorso per cassazione contro l’ordinanza di
archiviazione emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Palermo, a seguito di udienza in camera di consiglio del 17 dicembre
2012, nei confronti di Pipitone Giacinto, Chinnici Caterina e Pepi Giovanni, in
relazione ad un articolo di stampa che dava conto delle condanne riportate dal

suo licenziamento da parte della Regione, cui era seguito un contenzioso civile.
In particolare egli deduce:
1. violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione in relazione agli
artt. 51, 595 cod. pen. e 27 Cost., perché la scriminante del diritto di cronaca
non può operare, mancando la verità oggettiva del fatto narrato; secondo il
ricorrente il giornalista ha taciuto alcuni aspetti rilevanti della vicenda, in
particolare tacendo la versione dell’Agosta, riportando alcune circostanze non
vere (come quella secondo cui l’Agosta avrebbe presentato in occasione
dell’assunzione dei documenti falsi) e sposando la prospettazione dell’assessore
regionale Chinnici; il ricorrente lamenta l’utilizzo di sottintesi e insinuazioni, con
riferimento all’ordinanza cautelare del Tribunale di Catania che gli aveva dato
ragione;
2. nullità dell’ordinanza per mancato intervento della persona offesa ed omessa
pronuncia sull’indispensabilità delle investigazioni suppletive richieste: l’Agosta
aveva infatti chiesto, tra le altre investigazioni, di essere sentito e la sua
mancata audizione comporterebbe nullità dell’ordinanza per violazione del diritto
di intervento della persona offesa;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso è inammissibile, poiché con entrambi i motivi il ricorrente censura
la motivazione del provvedimento e da ciò discende la sua inammissibilità. Il
provvedimento impugnato, infatti, è stato emesso – a seguito della opposizione
del ricorrente – all’esito della rituale instaurazione e celebrazione dell’udienza
partecipata in camera di consiglio. Secondo la costante giurisprudenza di questa
Corte “L’ordinanza di archiviazione è impugnabile soltanto nei rigorosi limiti
fissati dal comma sesto dell’art. 409 cod. proc. pen.; e tali limiti sussistono,
quale che sia il procedimento a conclusione del quale essa sia stata pronunciata.
La citata norma, nel fare espresso e tassativo richiamo ai casi di nullità previsti
dall’art. 127, comma quinto, cod. proc. pen., legittima il ricorso per cassazione

2

querelante, indicando anche quelle per alcuni reati depenalizzati, in relazione al

soltanto nel caso in cui le parti non siano state poste in grado di esercitare le
facoltà ad esse attribuite dalla legge” (Sez. U, n. 24 del 09/06/1995, Bianchi, Rv.
201381; Sez. 6, n. 436 del 05/12/2002, Mione; Sez. 1, n. 8842 del 07/02/2006,
P.O. in proc. Laurino, Rv. 233582).
Osta a una diversa lettura il principio di tassatività dei mezzi d’impugnazione e
non v’è ragione costituzionalmente imposta di un ampliamento della piattaforma
dei vizi denunziabili mediante ricorso, considerata la natura,

“interlocutoria e

sommaria… finalizzata a un controllo di legalità sull’esercizio dell’azione penale e

1999; ord. n. 54 del 2003), dell’archiviazione e la ratio, esclusivamente servente
il controllo di legalità e obbligatorietà dell’azione penale, che tradizionalmente si
riconosce assistere gli strumenti di tutela dell’offeso; del resto alla pretesa
sostanziale del denunziante/querelante offrono comunque adeguata garanzia, la
possibilità di sollecitare una riapertura delle indagini, anche sulla scorta di
indagini difensive, e di mantenere l’intatta facoltà di esercitare i propri diritti
d’azione e difesa, ampiamente e senza preclusione alcuna, nella sede (civile)
propria.
– che non è possibile per tali ragioni denunziare la nullità del provvedimento di
archiviazione per vizi di motivazione che non si risolvano in violazioni del
contraddittorio;
– che l’omessa audizione della persona offesa chiesta come investigazione
suppletiva ai sensi dell’art. 410, comma 1, cod. proc. pen. non integra violazione
del contraddittorio, nel senso richiesto dall’art. 409, comma 6, cod. proc. pen.;
– che all’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – per i
profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (C. cost. n. 186 del 2000)
– di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione
delle questioni dedotte, sì stima equo determinare in Euro 1.000,00;

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2013
Il consigliere estensore

nte

non a un accertamento sul merito dell’imputazione” (Corte cost. ord. n. 153 del

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