Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50230 del 21/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50230 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ALI ADAM N. IL 03/09/1985
avverso la sentenza n. 13260/2012 TRIBUNALE di MILANO, del
23/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 21/10/2013

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, pronunciata ai sensi dell’art. 444 c.p.p., fu
applicata ad Ali Adam per il reato di furto con destrezza, consumato di una borsa
all’interno di un carrello per la spesa in un esercizio commerciale, la pena
concordata con la pubblica accusa nella misura di sei mesi di reclusione e 200 euro

contestata;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, con
atto redatto dal difensore, avv. Aldo Egidi, affidato a due motivi: a) violazione di
legge con riferimento alla qualificazione giuridica del fatto, poiché a suo giudizio il
fatto andava qualificato come furto tentato, come risultante dagli atti; b) violazione
di legge con riferimento alla congruità della pena concordata, a suo giudizio
eccessiva;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto con riferimento alla
qualificazione del fatto ed all’applicazione e comparazione delle circostanze, nel
procedimento di applicazione della pena le parti non possono prospettare con il
ricorso per cassazione questioni incompatibili con la richiesta di patteggiamento
formulata per il fatto contestato e per la relativa qualificazione giuridica risultante
dalla contestazione, in quanto l’accusa come giuridicamente qualificata non può
essere rimessa in discussione. L’applicazione concordata della pena, infatti,
presuppone la rinuncia a far valere qualunque eccezione di nullità, anche assoluta,
diversa da quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento e al consenso a essa
prestato. Cosicché, in questa prospettiva, l’obbligo di motivazione del giudice è
assolto con la semplice affermazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione
dei termini dell’accordo intervenuto tra le parti e dell’effettuato controllo degli
elementi di cui all’art. 129 c.p.p. conformemente ai criteri di legge (Sez. U, n. 20
del 27/10/1999, Fraccari, Rv. 214637; Sez. 5, n. 21287 del 25/03/2010, Legari,
Rv. 247539);
– che la censura in punto di qualificazione giuridica del fatto e di ricorrenza delle
circostanze è inammissibile anche sotto il profilo della mancanza di motivazione,
ricorrendo in proposito un dovere di specifica argomentazione solo per il caso che
l’accordo abbia presupposto una modifica dell’imputazione originaria, evenienza che
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di multa, riconosciute le attenuanti generiche, equivalenti all’aggravante

nel caso di specie deve escludersi (Sez. 6, n. 32004 del 10/04/2003, Valetta, Rv.
228405);
– che con riferimento alla congruità delta pena, questa Corte ritiene che la parte che
abbia prestato il proprio consenso all’applicazione di un determinato trattamento
sanzionatorio, non può poi dolersi della successiva ratifica del patto da parte del
giudice, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, in quanto ha

controversi della decisione, è infatti sufficiente che il giudice dia conto di aver
sottoposto ad un giudizio valutativo la proposta di patteggiamento formulata
concordemente dalle parti e di averla ritenuta congrua rispetto alle componenti
oggettive e soggettive del fatto-reato (Sez. 3, n. 42910 del 29/09/2009, Gallicchio,
Rv. 245209), indipendentemente dai singoli passaggi interni, in quanto è
unicamente il risultato finale che assume valenza quale espressione ultima e
definitiva dell’incontro delle volontà delle parti (Sez. 3, n. 28641 del 28/05/2009,
Fontana, Rv. 244582);
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni
profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui
importo stimasi equo fissare in euro millecinquecento;

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro millecinquecento in favore delle
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2013
Il consigliere estensore

ente

implicitamente esonerato quest’ultimo dell’obbligo di rendere conto dei punti non

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