Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5023 del 16/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 5023 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Vela Samuele n. il 13.10.1975
avverso la sentenza n. 25/2012 pronunciata dal Tribunale di Palermo
il 6.12.2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 16.1.2014 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. G. D’Angelo, che
ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per la parte civile, l’avv.to Ottorino Agati del foro di Roma che
ha concluso per il rigetto del ricorso, e, per l’imputato, l’avv.to A.
Guerrieri del foro di Roma che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso.

Data Udienza: 16/01/2014

Ritenuto in fatto
i. – Con sentenza resa in data 24.1.2012, il giudice di pace di
Palermo ha condannato Samuele Vela alla pena di euro 200,00 di
multa, oltre al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita, in relazione al reato di lesioni colpose commesso, in violazione delle norme sulla circolazione stradale, ai danni di Grazia Randazzo, in data 13.10.2006.
Con sentenza in data 6.12.2012, il tribunale di Palermo ha confermato la sentenza di primo grado, ad eccezione del capo relativo al
quantum del risarcimento del danno, associando, alla somma già liquidata dal giudice di primo grado, gli interessi e la rivalutazione da
computarsi dalla data del commesso reato fino a quella dell’effettivo
soddisfo.
Avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato sulla base di tre motivi di impugnazione.
Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, avendo il tribunale di Palermo erroneamente disconosciuto il ricorso dei presupposti per l’applicazione
della causa estintiva prevista dall’art. 35 d.lgs. n. 274/2000, ritenendo tardiva la riparazione del danno operata dalla compagnia assicuratrice dell’imputato, non tenendo conto del carattere non perentorio
del termine previsto dall’art. 35 cit., né del complessivo comportamento dell’imputato, di per sé pienamente idoneo a integrare i caratteri imposti dalla legge ai fini dell’applicazione della richiamata causa
estintiva.
Con il secondo motivo, il ricorrente si duole della mancata assunzione di una prova decisiva ad opera dei giudici del merito, avendo questi ultimi ritenuto irrilevante la dimostrazione del comportamento tenuto dall’imputato successivamente alla commissione del
reato, limitando il giudizio di rilevanza, ai fini della decisione, al solo
ricorso (nella specie escluso) dei presupposti per il riconoscimento
della causa di estinzione di cui all’art. 35 cit..
Con l’ultimo motivo, l’imputato censura la sentenza impugnata
per vizio di motivazione, avendo i giudici del merito illogicamente determinato la somma a titolo di risarcimento del danno, sulla base di
un calcolo aritmetico errato.
2. –

2

3

Considerato in diritto
3. – Il ricorso è infondato.
Con riguardo al tema dedotto dal ricorrente, in relazione al ricorso dei presupposti per l’applicazione della causa estintiva di cui
all’art. 35 d.lgs. n. 274/2000, osserva il collegio come il tribunale di
Palermo abbia del tutto correttamente fatto applicazione dell’orientamento ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità ai sensi
del quale, dinanzi al giudice di pace, il termine dell’udienza di comparizione, previsto per procedere alla riparazione del danno cagionato
dal reato, ha natura perentoria, con la conseguenza che, in caso di
inosservanza, l’imputato decade dall’accesso al trattamento di favore
(v., da ultimo, Cass., Sez. 4, n. 15882/2013, Rv. 255021; Cass., Sez.
5, n. 14025/2012, Rv. 255634).
Nel caso di specie, pertanto, l’offerta promossa dalla compagnia assicuratrice dell’imputato dopo tale termine (e, per di più, secondo quantità ritenute insufficienti, tanto dalla parte civile, quanto
dello stesso giudice di pace) vale a escludere in radice la possibilità di
riscontrare i presupposti per l’applicazione della causa estintiva richiamata, per il cui accertamento del tutto irrilevante (secondo quanto correttamente ritenuto da entrambi i giudici del merito) devono ritenersi le istanze istruttorie avanzate dalla difesa dell’imputato (dirette a comprovare altre forme di comportamento dell’imputato successive alla commissione del reato), essendo propriamente mancata, in
termini oggettivi, il presupposto essenziale costituito dall’integrale e
tempestiva riparazione del danno cagionato alla persona offesa.
Da ultimo, dev’essere disattesa la doglianza avanzata dall’imputato con riguardo alla pretesa erroneità del calcolo aritmetico del
risarcimento del danno liquidato in favore della parte civile costituita,
avendo il ricorrente omesso di specificare se le somme già liquidate
dalla compagnia assicuratrice riguardassero esclusivamente le voci
del danno da risarcire, o fossero viceversa eventualmente comprensive del rimborso di spese legali, con la conseguente impossibilità, per
questa corte di legittimità, di procedere consapevolmente alla verifica
dell’effettività dell’errore di calcolo denunciato in questa sede.

All’odierna udienza, il difensore della parte civile ha concluso
per il rigetto del ricorso, riportandosi alle note scritte contestualmente depositate.

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4. – Sulla base delle argomentazioni che precedono, dev’essere
pertanto attestata l’integrale infondatezza di tutti motivi di doglianza
avanzati dal ricorrente, con il conseguente rigetto del relativo ricorso
e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali,.
Sussistono viceversa giusti motivi – avuto riguardo al complessivo comportamento del ricorrente – per l’integrale compensazione
tra le parti delle spese del giudizio.

Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali. Compensa le spese
tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16.1.2014.

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