Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50226 del 21/10/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 50226 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DE VUONO MICHELE N. IL 19/01/1982
avverso la sentenza n. 2508/2012 TRIBUNALE di COSENZA, del
08/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;
Data Udienza: 21/10/2013
RILEVATO IN FATTO
– che con l’impugnata sentenza, pronunciata ai sensi dell’art. 444 c.p.p., fu
applicata a De Vuono Michele per due episodi di furto con strappo di una borsa e
per violazione dell’art. 75 comma 1, D. Lgs. 159/2011, in relazione alla prescrizione
di vivere onestamente disposta con decreto del Tribunale di Cosenza, della somma
pubblica accusa nella misura di un anno e due mesi di reclusione e 600 euro di
multa, riconosciuto l’aumento per la recidiva;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, con
atto redatto personalmente, affidato ad unico motivo, con il quale deduce
motivazione apparente in ordine alla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. ed
alla qualificazione giuridica del fatto, data nell’accordo delle parti;
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto con riferimento alla sentenza
di patteggiamento secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (a partire da
Sez. U, n. 5777 del 27/3/1992, Di Benedetto, Rv. 191135) “la motivazione della
sentenza che applica la pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 comma
secondo cod. proc. pen. si esaurisce in una delibazione ad un tempo positiva e
negativa. Positiva a quanto all’accertamento: 1) della sussistenza dell’accordo delle
parti sull’applicazione di una determinata pena; 2) della correttezza della
qualificazione giuridica del fatto nonché della applicazione e della comparazione
delle eventuali circostanze; 3) della congruità della pena patteggiata, ai fini e nei
limiti di cui all’art. 27, terzo comma, Cost.; 4) della concedibilità della sospensione
condizionale della pena, qualora l’efficacia della richiesta sia stata subordinata alla
concessione del beneficio. Negativa quanto alla esclusione della sussistenza di
cause di non punibilità o di non procedibilità o di estinzione del reato. Le delibazioni
positive debbono essere necessariamente sorrette dalla concisa esposizione dei
relativi motivi di fatto e di diritto, mentre, per quanto riguarda il giudizio negativo
sulla ricorrenza di alcuna delle ipotesi previste dall’art. 129 cod. proc. pen.,
l’obbligo di una specifica motivazione sussiste, per la natura stessa della
delibazione, soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle dichiarazioni delle parti
risultino elementi concreti in ordine alla non ricorrenza delle suindicate ipotesi. In
caso contrario, è sufficiente la semplice enunciazione, anche implicita, di aver
2
di 85E, sottraendola dalla cassa di una parafarmacia, la pena concordata con la
effettuato, con esito negativo, la verifica richiesta dalla legge e cioè che non
ricorrono gli estremi per la pronuncia di sentenza di proscioglimento ex art. 129
cod. proc. pen.”;
– che la sentenza impugnata rispetta questo principio, poiché si dà espressamente
atto della ritenuta sussistenza delle condizioni tutte, positive e negative, previste
dall’art. 444 c.p.p. per l’applicazione della pena su richiesta, ivi compresa quella
sensi dell’art. 129 c.p.p.; il che basta ad escludere ogni violazione di legge ed a
soddisfare le esigenze di motivazione proprie delle pronunce del genere di quella
impugnata, qualora facciano difetto (come si verifica nel caso di specie) specifici
elementi, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento o indicati nell’atto di
gravame, dai quali possa invece desumersi che taluna delle suddette condizioni
fosse mancante (si vedano in proposito, fra le altre: Sez. 4, n. 7768 del
11/05/1992, Longo, RV 191238; Sez. 3, n. 1693 del 19/04/2000, Petruzzelli, RV
216583; Sez. 2, n. 27930 del 21/05/2003, Lasco, Rv. 225208; Sez. 4, n. 34494 del
13/07/2006, Koumya, Rv. 234824; Sez. 1, n. 4688 del 10/01/2007, Brendolin, Rv.
236622; Sez. 2, n. 6455 del 17/11/2011 – dep. 17/02/2012, Alba, Rv. 252085);
– che con riferimento alla qualificazione del fatto ed all’applicazione e comparazione
delle circostanze, nel procedimento di applicazione della pena le parti non possono
prospettare con il ricorso per cassazione questioni incompatibili con la richiesta di
patteggiamento formulata per il fatto contestato e per la relativa qualificazione
giuridica risultante dalla contestazione, in quanto l’accusa come giuridicamente
qualificata non può essere rimessa in discussione. L’applicazione concordata della
pena, infatti, presuppone la rinuncia a far valere qualunque eccezione di nullità,
anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento e al
consenso a essa prestato. Cosicché, in questa prospettiva, l’obbligo di motivazione
del giudice è assolto con la semplice affermazione dell’effettuata verifica e positiva
valutazione dei termini dell’accordo intervenuto tra le parti e dell’effettuato
controllo degli elementi di cui all’art. 129 c.p.p. conformemente ai criteri di legge
(Sez. U, n. 20 del 27/10/1999, Fraccari, Rv. 214637; Sez. 5, n. 21287 del
25/03/2010, Legari, Rv. 247539);
– che la censura in punto di qualificazione giuridica del fatto e di ricorrenza delle
circostanze è inammissibile anche sotto il profilo della mancanza di motivazione,
ricorrendo in proposito un dovere di specifica argomentazione solo per il caso che
l’accordo abbia presupposto una modifica dell’imputazione originaria, evenienza che
3
costituita dall’assenza dei presupposti per la pronuncia di sentenza assolutoria ai
nel caso di specie deve escludersi (Sez. 6, n. 32004 del 10/04/2003, Valetta, Rv.
228405);
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni
profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro millecinquecento in favore delle
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2013
Il consigliere estensore
Il pres
importo stimasi equo fissare in euro millecinquecento;