Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50221 del 21/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50221 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SPIRIDON ALINA GABRIELA N. IL 12/03/1984
SPIRIDON CLAUDIA N. IL 18/05/1989
IONELIA SIMONA N. IL 31/07/1990
avverso la sentenza n. 3647/2010 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 19/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 21/10/2013

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, in parziale riforma di quella di primo grado,
Spiridon Alina Gabriela, Spiridon Claudia e Ionelia Simona erano dichiarate
responsabili di furto aggravato dalla violenza sulle cose per merci del valore di 50E,
con il riconoscimento delle attenuanti generiche e dell’attenuante del danno di
speciale tenuità;

con atto redatto dal difensore avv. Alessandro Angelozzi, denunciando mancanza di
motivazione con riferimento all’aggravante della violenza sulle cose, poiché i beni
sottratti avevano tutti le etichette e i codici a barre;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile, poiché la censura di difetto
motivazionale sull’aggravante della violenza sulle cose rappresenta un motivo
nuovo, non proposto in sede di appello e perciò in contrasto con la disposizione
dell’art. 606, comma 3, nella parte in cui prevede la non deducibilità in Cassazione
delle questioni non prospettate nei motivi di appello;
– che infatti parametro dei poteri di cognizione del giudice di legittimità è delineato
dall’art. 609, comma 1, cod. proc. pen., il quale ribadisce in forma esplicita un
principio già enucleabile dal sistema, e cioè la commisurazione della cognizione di
detto giudice ai motivi di ricorso proposti. Detti motivi – contrassegnati
dall’inderogabile “indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di
fatto” che sorreggono ogni atto d’impugnazione (artt. 581, 1° co, lett. e) e 591, 1°
co., lett. c) cod. proc. pen.) – sono funzionali alla delimitazione dell’oggetto della
decisione impugnata ed all’indicazione delle relative questioni, con modalità
specifiche al ricorso per cassazione; il combinato disposto dell’art. 606, comma 3 e
dell’art. 609, comma 1 impedisce la proponibilità in cassazione di qualsiasi
questione non prospettata in appello, e, come rileva la più recente dottrina,
costituisce un rimedio contro il rischio concreto di un annullamento, in sede di
cassazione, del provvedimento impugnato, in relazione ad un punto
intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello: in questo caso,
infatti è facilmente diagnosticabile in anticipo un inevitabile difetto di motivazione
della relativa sentenza con riguardo al punto dedotto con il ricorso, proprio perché
mai investito della verifica giurisdizionale;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.

2

– che avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione le imputate,

616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni
profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui
importo stimasi equo fissare in euro mille;

P. Q. M.

dichiara inammissibile i ricorsi e condanna ciascuna ricorrente al pagamento delle

delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2013
Il consigliere e tensore

Il presi

spese processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della cassa

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