Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50217 del 21/10/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 50217 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: PALLA STEFANO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MASSA GIANLUIGI N. IL 20/04/1971
avverso la sentenza n. 9025/2012 TRIBUNALE di MILANO, del
14/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. STEFANO PALLA;
Data Udienza: 21/10/2013
Massa Gianluigi ricorre avverso la sentenza 14.12.12, emessa dal Tribunale di Milano ai sensi degli
artt.444 ss. c.p.p., con la quale gli è stata applicata, per il reato di cui agli artt.640, 81 cpv., 494 e 61
n.2 c.p., ritenuta la continuazione tra gli stessi e quelli di cui alla sentenza 2.7.08 del G.i.p. di
Milano (irr.le il 23.7.08), la pena, in aumento con quella di cui alla predetta sentenza, di mesi uno di
reclusione ed € 130,00 di multa.
comma 1, lett. e) c.p.p. per mancanza di motivazione in ordine alla insussistenza di cause di
proscioglimento, essendosi il giudice limitato ad un sommario esame delle risultanze processuali e
alla adozione di formule di stile, senza dare conto neanche delle ragioni ostative alla concessione
del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Osserva la Corte che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, sia perché generico, sia in
quanto manifestamente infondato, atteso che il giudice, nell’applicare la pena concordata, si è da un
lato adeguato a quanto contenuto nell’accordo tra le parti — che non prevedeva la concessione del
beneficio di cui all’art.163 c.p. – e, dall’altro, ha escluso che ricorressero i presupposti dell’art.129
c.p.p., facendo in particolare riferimento al contenuto delle denunce sporte dalle parti lese.
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede di applicazione
della pena su richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere
di decisioni, secondo la costante giurisprudenza di legittimità (v., tra le altre, Sez.un., 27 settembre
1995, Serafino; Sez.un., 25 novembre 1998, Messina; Sez.II, 17 febbraio 2012, n.6455).
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che reputasi equo determinare in
€ 1.500,00.
Deduce il ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, violazione dell’art.606,
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 21 ottobre 2013