Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50215 del 21/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50215 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
COSTA SIMONA N. IL 11/05/1982
avverso la sentenza n. 90/2010 CORTE APPELLO di MESSINA, del
27/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 21/10/2013

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, in conferma di quella di primo grado, Costa Simona
era dichiarata responsabile del delitto di cui all’art. 614 comma 4 cod. pen., per
essersi introdotta nel domicilio di Adorno Massimo, previa effrazione della porta
d’ingresso;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, con
atto redatto dal difensore avv. Salvatore Giuseppe Carrabba, denunciando

devolute con l’appello e riguardanti l’esimente dello stato di necessità, dovendo
l’imputata accudire due figli in tenera età, uno dei quali affetto da diverse
patologie;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto la motivazione della decisione
impugnata esclude l’esimente dello stato di necessità, poiché l’imputata non ha
dimostrato né che fosse priva di una sistemazione, né che al suo stato di bisogno
non si potesse provvedere altrimenti, né che fosse nell’impossibilità di rimanere nel
precedente alloggio di reperirne uno più acconcio in modo legittimo;
– che tale percorso argomentativo, ad avviso del Collegio, ha una sua logica e
coerenza interna e nessuna rivisitazione è consentita a questa Corte, se non a
rischio di operare una nuova lettura degli elementi del processo sulla base di nuovi
parametri di valutazione, operazione inammissibile nel giudizio di legittimità. A tale
stregua, pertanto, le censure attinenti al vizio motivazionale risultano
manifestamente infondate: con esse si invoca esattamente ciò che non è qui
richiedibile e, cioè, una nuova valutazione delle risultanze processuali;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni
profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui
importo stimasi equo fissare in euro mille;

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 21 ottobre 201
Il consigliere estensore

violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione, in relazione doglianze

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