Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50199 del 21/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50199 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SABEONE GERARDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BEVILACQUA SANDRO N. IL 10/10/1983
avverso la sentenza n. 293/2009 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 27/09/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GERARDO SABEONE ;

Data Udienza: 21/10/2013

RITENUTO IN FATTO
– che con l’impugnata sentenza la Corte di Appello di Reggio Calabria ha
confermato la sentenza di prime cure che aveva condannato Bevilacqua Sandro
per il reato di furto aggravato;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione

e una mancanza di motivazione riguardo alla quantificazione della pena ritenuta
eccessiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile, siccome costituito soltanto da
un del tutto generico richiamo alla mancanza di motivazione e al vizio di legge,
senza la benché minima indicazione circa le specifiche ragioni per le quali, nel
caso in esame, detto vizio dell’impugnata decisione sarebbe da ritenere
esistente; con riguardo alla quantificazione della pena, trattasi di doglianza che,
per un verso, passa del tutto sotto silenzio la pur esistente motivazione offerta
sul punto dalla Corte territoriale e, per altro verso, non tiene conto della pacifica
giurisprudenza di questa Corte di legittimità sul punto;
– invero, la quantificazione della pena può essere sindacata avanti questi
Giudici di legittimità soltanto allorquando sia stata effettuata in limiti superiori a
quelli edittali ovvero in maniera illogica; la determinazione in concreto della
pena, infatti, costituisce il risultato di una valutazione complessiva e non di un
giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge, sicché l’obbligo della
motivazione da parte del Giudice dell’impugnazione deve ritenersi
compiutamente osservato, anche in relazione alle obiezioni mosse con i motivi
d’appello, quando egli, accertata l’irrogazione della pena tra il minimo e il
massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non eccessiva; ciò dimostra,
infatti, che egli ha considerato sia pure intuitivamente e globalmente, tutti gli
aspetti indicati nell’articolo 133 cod.pen. ed anche quelli specificamente segnalati
con i motivi d’appello;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di
cui all’articolo 616 cod.proc.pen., ivi compresa, in assenza di elementi che
valgano ad escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta
sanzione pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro mille;

1

l’imputato, a mezzo del proprio procuratore, denunciando una violazione di legge

P. T. M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2013.

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